Ora, a questa mia domanda, qualcuno risponderà che l’opera lirica italiana e la tradizione del bel canto ci ha reso famosi all’estero, e che la canzone napoletana è conosciuta in tutto il mondo. Vero… Però ormai l’opera è relegata nei teatri famosi ed è a tutti gli effetti un prodotto elitario, mentre la canzone napoletana va circoscritta al nostro retroterra popolare legato al territorio culturale dove cresce e vive, come altre realtà interessanti tipo la Taranta in puglia o i canti sardi sul genere dei Tenores de Bitti, tanto per citare le prime cose che mi vengono in mente. Ma se uno è appassionato di jazz, blues e rock ? E vuole solamente ascoltare della buona musica anche se non italiana, solamente per godere di questo piacere ? Beh… per quanto riguarda il jazz, a parte i festival estivi dove si può ascoltare un po’ di musica buona e qualche locale tipo il Blue Note (anch’esso elitario), i grossi nomi passano per i Teatri, mentre per i meno conosciuti dobbiamo accontentarci dei piccoli club, così come per il blues: piccole realtà che resistono per la passione di gestori intelligenti e che a volte, se non sempre, lavorano in perdita (non è casuale che ne siano rimasti pochissimi). E il rock ? Andiamo male, anzi, molto male; come sempre bisogna accontentarsi dei Palazzetti dello Sport o di Discoteche dove, per un concerto dal vivo, l’acustica è pessima, e dove i fonici hanno fatto e fanno i salti mortali per proporci un suono appena decente. Ma anche di questo ci siamo accontentati, per amore della musica, per ascoltare dal vivo i nostri artisti preferiti, per goderci due ore di libertà assoluta. Insomma, mancano i posti dove ascoltare decentemente il rock, soprattutto in una città come Milano (e dico “Milano”, dove solitamente passano tutti i grandi artisti, la capitale dell’avanguardia; ripeto: Milano, non uno sperduto paese della bassa padana o un borgo nascosto nell’alta Val Brembana). I posti sono inadeguati, piccoli, pochi. Ma, ripeto, anche di questo ci siamo accontentati. Però il concerto che ho visto sabato sera, 27 ottobre, ai Magazzini Generali, ha superato il limite… Perché vi chiederete voi ? Per l’ orario… Solitamente ero costretto ad ascoltare esibizioni nelle ore più improponibili, e arrivare a casa che quasi quasi albeggiava; ma questa volta hanno fatto iniziare il gruppo alle 20,30, solamente perché dopo si esibiva una “famosa” cantante italiana, e per le 22 dovevano finire (come hanno fatto). Ora, non è per la “cantante” (di lei non me ne frega niente e non è colpa sua), ma gli organizzatori non dovevano far coincidere due eventi nello stesso giorno e nello stesso posto, soprattutto perché l’esibizione dei Rival Sons è stata grandiosa !!!
Questa lunga premessa è stata doverosa perché dimostra di come in Italia sia trattata la musica e di come la si vuole proporre, nonostante la richiesta degli appassionati. Provate ad andare a Digione in Francia, troverete un Auditorium che cambia di dimensione secondo il tipo di musica che si ascolta… già, ma questa per noi, è pura fantascienza !
Come vi ho anticipato il concerto dei Rival Sons (un quartetto californiano che ha all’attivo due album: Before The Fire del 2009 e Pressure & Time del 2011, mentre è appena uscito il loro terzo lavoro: Head Down), è stato grandioso e sorprendente, sorprendente perché li conoscevo appena e non pensavo che fossero così bravi (mi ero aggregato a vederli con dei miei amici che musicalmente sono più “malati” di me, per passare un sabato sera in compagnia, pensando di vedere il solito gruppo di “tamarri” che fanno il solito hard rock ripetitivo e rimasticato, alla Led Zeppelin per intenderci. E invece mi sono dovuto ricredere). Hanno fatto un’ora e mezza tirata (purtroppo ci siamo persi i primi due pezzi perché, come ho premesso prima, hanno anticipato l’orario d’inizio) senza un attimo di pausa, alternando una canzone più bella dell’altra: perché “hanno” le canzoni, per niente scontate e per niente derivative, anzi, partendo dalle tradizioni blues e soul della loro terra, sono riusciti a reinterpretare il loro rock’n’roll sanguigno e viscerale, in maniera coinvolgente e per niente scontato. Jay Buchanan alla voce, Scott Holiday alla chitarra, Robin Everhart al basso e Mike Miley alla batteria, ci hanno trascinato in un’atmosfera sulfurea e torrida all’interno di questo “buco” strapieno fino all’inverosimile, suonando divinamente: puliti e senza una sbavatura nonostante il ritmo devastante. L’ ottima voce del leader interagiva benissimo con gli strumenti e gli altri con lui senza un attimo di stanca. Lo ripeto, veramente grandioso ! anche perché quando un gruppo fa questo tipo di musica, dove si può cadere nell’ovvio, e invece la propone in maniera così coinvolgente e originale, alternando rabbia, amore, passione, ritmo, sudore, tecnica, poesia, furore… beh ! Si può dire che sono veramente bravi. E poi, quando uno come me che di musica ha ha vista e sentita a quintalate, entra in un luogo con poco più di cinquant’anni ed esce che ha ha poco più di venti, sicuramente qualcosa di positivo questi Rival Sons mi hanno trasmesso, quel potere della musica che supera le barriere dei sensi per acuire al massimo le percezioni, per sentirsi nei momenti che l’ascolti dentro l’apogeo di te stesso, più carico di prima, più sicuro di prima, più vero.
Spero a questo punto di risentirli in un luogo più adatto alle loro potenzialità (questa era la loro unica data italiana) ma… mi rimane sempre il solito dubbio, l’ Italia è un paese con una cultura musicale ?
Alla prossima ragazzi…
il Barman del Club
Trattati a pesci in faccia. Come in pizzeria da ragazzini, che ti lasciavano un tavolo fino alle 21 che poi arrivavano quelli che avevano prenotato. Solo che: VOI eravate prenotati e sul biglietto l’orario d’inizio era chiaramente indicato. C’è poco da fare, sai chi era il marito della cantante, no? Vuoi fare causa a quella gente? Mafiosi, e non per dire. Il problema è che siamo un paese per cialtroni, mi spiace ma è così. Che poi i Rival Sons manco so chi siano. Ciao.
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Hai centrato il bersaglio… i cialtroni, i mafiosi e così sia (!) E giustamente hai sottolineato l’ orario scritto sul biglietto. Ci rimane quello slogan ormai stacitato: “questo non è un paese per gli amanti del rock”. E allora cosa ci rimane… beh, i Rival Sons per esempio; anch’io non li conoscevo ed è stata una sorpresa. La prossima volta (?) ci portiamo anche te (anche se non è proprio il tuo tipo di musica). Già… ma ci sarà un luogo dove farli suonare decentemente? E gli orari… li cambieranno ancora in corsa? Intanto mi ascolto uno dei miei dischi preferiti. Ciao.
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In un Paese che considera dei “rockers” gente come Vasco Rossi e Ligabue e che crede ancora che Dylan e gli Stones nella loro carriera abbiano prodotto solo “Blowing in the wind” e “Satisfaction” (si vedano gli articoli-fotocopia che si ripetono ogni volta che questi artisti approdano in Italia), tutto quello che hai raccontato è assolutamente normale. Una cultura e una filologia del rock, come arte degna di rispetto e di studio qui non sono mai nate e dubito che mai nasceranno, fatta eccezione per un manipolo di menti illuminate. E’ una situazione simile a ciò che accade nel campo del fumetto, considerato ancora alla stregua di lettura per bambini o per adulti un po’ ritardati, ben diversamente da ciò che accade nella vicina Francia.
La condizione degli spazi riservati alla musica è assolutamente drammatica ed in continuo peggioramento, considerando che parliamo di una grande città come Milano.
Ormai solo realtà situate in provincia (ad esempio, il Fillmore) riescono a garantire una programmazione continua ed interessante.
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se la gente “normale” dice che il fumetto non è cultura, pensando che sia ancora roba da ragazzini, scartando a priori il fatto che possiede le potenzialità intatte dell’ immagine e della parola nello stesso tempo… beh, è il “ragionamento” identico di quelli i quali credono che il rock sia ancora la musica del diavolo, che la congiunzione rock’n’roll sia la stessa di “prendimi e scopami”: che in effetti ai suoi esordi era proprio così, ma dopo sessant’anni cosa è rimasto di un motto rivoluzionario verso una collettività bigotta e bacchettona? cosa è rimasto della voglia di intere generazioni giovanili di cambiare il mondo? Quella nostra grande passione (e scusami per il superlativo) incommensurabile (!) questa nostra voglia di provare le nostre emozioni ascoltando della buona musica: quella vera, autentica, piena di poesia e furore nello stesso tempo. E mentre noi cerchiamo disperatamente d’ inseguire un luogo adatto e funzionale per godercela come vorremmo, consci ormai che il mondo non lo cambieremo più; loro, i bigotti e bacchettoni che ululavano “spaventati” contro i nostri slogan genuini, si prendono e si scopano le loro troie, magari di nascosto dalle loro mogli o mariti vari, perché la bella facciata nasconda sempre il marcio che si cela dietro…
Ciao scusa lo sfogo !
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Ehm… forse era più “ti prendo e ti scopo”.
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oooh! come sei permalosetto… allora se vuoi fare il precisino, era forse: “ti prendo e si sbatto un po’…” oppure, “ti prendo e ti faccio saltare (sopra di me)”. D’accordo, le metafore si sprecano, ma siccome nel nostro “paese” abbiamo il Vaticano incorporato, e gran parte dei nostri governanti gli leccano le chiappe, tutto dev’essere funzionale a la sua messinscena… Davanti: paramenti d’oro, e di dietro: (… … ?!)
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Non capisco perché la state portando sul piano della cultura “alta” e cultura “bassa”. Pensate forse che se in luogo dei Rival Sons ci fossero stati dei compositori contemporanei, rispettati dalla critica ma con scarso pubblico, le cose sarebbero andate diversamente?
Io non vedo una cultura classica e reazionaria che si oppone al rock o al fumetto. Vedo una marmaglia di cafoni fiera della propria burinaggine per la quale Toppi, Raffaello, Neubauten, Bruckner, Rival Sons e Andriessen “è tutta una rottura di palle.” A Como l’ex sindaco è un gran fan degli Abba, il figlio della Moratti di Bat-man (anche Fiorito, sento dire)… devo andare al lavoro, penso ci siamo capiti, saluti a tutti.
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è un po’ tutte e due le cose messe insieme, perché oltre ai cialtroni c’è stato un ministro dello Stato il quale ha detto, sostanzialmente, che la cultura è una gran perdita di tempo. Poi, alla prima della scala, sono tutti li in prima fila per farsi riprendere dalle telecamere. Tanti sorrisi di convenienza per fuggire di nascosto alla fine del primo atto.
Ti ricordi di quel giornalista che recensì un concerto di Tina Turner in maniera entusiasta ? Si… con un unico problema; quel concerto (dove lui non c’era mai stato), era stato annullato. All’estero lo avrebbero licenziato all’istante, e invece da noi è ancora al suo posto che scrive le sue beate cazzate, e non su uno sperduto blog tipo questo ma, sui giornali di tiratura nazionale (e via di questo passo). Come vedi dall’altp al basso la situazione non cambia, anzi, può solo peggiorare. Buon lavoro… saluti anche a te.
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Il ministro di cui parli (3monti) ha detto: “con la cultura non si mangia”. Ora cosa intendono i politici per “mangiare” lo sappiamo,
cosa considerino cultura ho paura anche solo ad immaginarlo. I quotidiani sono tenuti alla precisione solo quando parlano di calcio o di televisione perché è lì che vanno sotto gli occhi di tutti. Ricordo sulla Provincia di Como il poeta P. Berra recensire un concerto di Dylan: buona parte dello spazio se n’era andato per parlare del pessimo stato dei servizi igienici. Della serie: scrivi quel che vuoi, tanto nessuno ha conoscenze adatte a valutare la bontà del tuo articolo. “All’estero lo avrebbero licenziato all’istante”? Mah.
Dipende da quale “estero”, dipende da quali giornali hai in mente. Io penso che dipenda dal pubblico a cui ti rivolgi. Ciao.
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Anche…
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