heartless bastards - arrow_NEW

Quando solitamente io e miei amici parliamo di un gruppo musicale e, per caso, uno di noi non lo conosce, tendiamo a circoscrivere il suo genere  citando una rivista specialistica che potrebbe recensirlo, e così facendo ne indentifichiamo  lo stile, tipo: “questo è un gruppo da “Rumore”, da “Mucchio Selvaggio” o da “Buscadero”, da “Blow Up” o da “All-About-Jazz”; insomma apriamo subito il campo dei gusti personali e sappiamo se potrebbe piacerci. E’ anche vero che queste riviste  fanno articoli e retrospettive di ogni tendenza e latitudine e forse questo ragionamento tende ad essere superficiale ma, con il primo approccio a volte,  si azzecca il concetto.
Ho fatto questa introduzione perché parlando degli Heartless Bastards avrei detto: “questo è un gruppo da Buscadero”. In realtà però questo incipit potrebbe a sua volta confondere le idee, perché non sempre i territori  bazzicati da un manipolo di appassionati può essere limitativo per altri. Questo è sì un gruppo da Buscadero, ma la sua qualità è tale che entra di diritto negli spazi della musica d’autore. E anche se il repertorio dei nostri è quello di un country-rock che spazia dalla ballata classica  americana senza troppi fronzoli  fino alle contaminazioni di questo inizio di secolo, l’esito delle loro performance è tale che ci si può infatuare all’istante del prodotto finito: ricco di melodia e passione, sostanza e accanimento, calore e pulizia… di intensità e di poesia.
Il tutto gravita intorno all’interessante voce della leader Erika Wennerstromnel momento in cui i suoi “bastardi senza cuore”, decideranno d’innamorarsi. Si perché, al suo indiscutibile talento si oppone la volubilità tutta femminile dei repentini cambi di formazione, praticamente effettuati ad ogni nuova pubblicazione. Infatti i primi tre album, tutti pubblicati con la mitica Fat Possum, sono un continuo cambio di ritmi e di organici seppelliti dalla indiavolata e travolgente musica cui hanno attinto fino a ora, e dal carattere umorale della depositaria del progetto. Questo Arrow invece, uscito per la Partisan, si lega come ho già anticipato ad un repertorio Roots dove è più facile fare degli accostamenti perché, sia gli echi di cantautrici o cantautori vari, sia la tradizione delle radici, emergono in maniera più evidente ma nello stesso momento più convincente. Probabilmente è stata la stessa Erika che ha voluto togliersi di dosso l’etichetta,  troppo facilmente appiccicatale addosso di nuovi Black Keys o nuovi White Stipes, e personalmente dico che ha fatto bene, perché questi paragoni lasciano sempre il tempo che trovano e non vogliono dire niente. Lei ha sempre cercato la sua via “On the Road” senza chiedere il permesso a nessuno, e ha sempre fatto centro. In questo ultimo lavoro si alternano diversi stili come il sulfureo incedere di Got to Have Rock’n’Roll o i ritmi sudisti di Parted Ways  e  Late in the Night fino alle ballate classiche di Marathon Only For You, ma il tutto è legato indissolubilmente dal modo in cui il cantato della Wennerstrom esegue ogni singola traccia, dando all’insieme un’impronta stilistica importante e godevolissima, soprattutto per chi ascolta. Ora l’aspettiamo al varco, perché gli scherzi del cuore sono sempre dietro l’angolo. Si può anche essere bastardi e fingere di non avere speranza, ma l’amore è sempre l’amore, e appena le ruote finiranno di alzare tutta la polvere di una fuga solitaria, gli sguardi rimarranno attoniti di fronte ai panorami dell’emozione. Per ora invece, l’emozione è nostra, tutta racchiusa nelle note di queste canzoni e in questo infinito desiderio di non fermarsi mai, di vivere fino in fondo l’avventura della vita, di alzarsi ogni mattina guardando il sole come se fosse una palla di biliardo e come tale, sfidarlo, pensando ogni volta alla vittoria. Poi, trionfanti, scaglieremo la nostra freccia verso il cielo e fuggiremo ancora, verso gli spazi tracciati dal destino, verso quel volo in balia del vento, verso quel segno e quel riverbero abbandonati sulle corde di una chitarra… acustica, elettrica, non importa, il suo suono non lo dimenticheremo… mai.

cocktail abbinato: “Easy Rider” – Voglia di libertà

2 Comments on “HEARTLESS BASTARDS – Arrow

  1. I “Bastardi senza cuore”. Un nome che mi sembra accettabile solo in questo momento che sto combattendo la febbre a colpi di bottiglie (rosso friulano). Quanto alla canzone… ti dirò quando sarò sobrio

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  2. rosso friulano ? va bene anche con la febbre… Oggi io mi sono fatto un Cannonau… Riserva (per la precisione) anche se non sono un “bastardo”, anche se di cuore ce ne metto tanto… basta che sia “rosso” come il sangue che scorre nella musica 🙂

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