annette peacock - I'm the One - original_NEW

“I’m The One” è un disco leggendario pubblicato nel 1972 e recentemente ristampato dalla stessa autrice: Annette Peacock, figura di culto per tutta l’avanguardia e la controcultura americana, avendo attraversato in maniera originalissima tutti i percorsi che, dal free-jazz alla fusion, dal funky-soul all’art-rock, sperimentavano le forme dell’improvvisazione contaminando la voce e l’esecuzione strumentale delle performance. Nata nel ’41 a Brooklyn e cresciuta in California, ha iniziato ancora adolescente ad apprendere l’utilizzo del pianoforte. A soli 19 anni si sposa con il contrabbassista Gary Peacock e inizia giovanissima a frequentare i circoli culturali nella New Thing e delle nuove forme musicali dell’avanguardia newyorckese, conoscendo e partecipando alle session di Albert Ayler e Paul Bley (che successivamente diverrà il suo secondo marito). Fu proprio per merito di Bley che gli venne presentato Robert Moog: il pioniere della sintetizzazione modulare, infatti, fu proprio Annette ha filtrare la voce attraverso gli strumenti elettronici e ha capire le potenzialità di tale tecnica, spesso e malamente usata da altri in maniera kitsch. Lei è sempre stata alla ricerca di nuove espressioni cercando di non farsi contaminare dal mondo del business e I’m The One ne è la splendida testimonianza. Disco atipico e AnnettePeacockrivoluzionario che ancora oggi, dopo circa quarant’anni, conserva tutta la sua sconvolgente ed enigmatica bellezza. Suo primo album ufficiale, prima tappa di un percorso temerario che la porterà a raggiungere vette altissime e trasversali. Le 9 composizioni che lo compongono (tutte sue, tranne la spiazzante quando accattivante rilettura di Love Me Tender),  sono un continuo saliscendi dal paradiso all’inferno e di espressioni vocali portate fino all’estensione possibile delle sue ottave, distorte quando eccezionalmente espressive  per tutta la carica sensitiva che trasmettono. Dolci, forti, cariche di rabbia e sensualità come le sue forme mozzafiato Annette-Peacock-Been-In-The-Stree-358513che hanno fatto perdere la testa a tanti uomini: “…sono io / non c’è bisogno di guardare altrove / io sono qui, proprio per te…”  Ma è proprio sulla condizione femminile e di come viene sfruttata, specialmente nel mondo della musica,  che si dipana la sua espressività sempre a cavallo tra quella linea di confine tra maschio e donna oggetto e la sua conseguente ribellione. Le cronache del tempo riferiscono che, durante le registrazioni, il suo abbigliamento (immortalato nella copertina di un suo successivo disco), in piena coerenza con le tendenze hippy, sia stato sfruttato dall’allora trentenne Annette come contrasto violento tra figura estetica e contenuti impegnati. Il risultato complessivo è un repertorio che esula da ogni consuetudine riguardante la normalità, tutto viene distorto e riletto dai vari registri dei suoi vocalizzi; tutto viene ricostruito intorno alla sua espressività musicalmente blasfema, a volte in comunione con l’elettronica, a volte in simbiosi con la sua potente personalità. Ne esce un amalgama di stili che diventano a sua volta “stile”, ed è inutile perdersi nelle eventuali citazioni della critica, la quale ha scomodato i lied cameristici e lo Stockhausen di Kontakte, i “corrieri cosmici” la fusion spaziale, fino alla sintesi grottesca di Nina Simone, Janis Joplin e Joni Mitchell, fuse insieme e rivoltate. Lei non ha mai guardato in faccia a nessuno e ha sempre seguito la sua strada, fregandosene di tutto e tutti. 


Non è casuale che Salvador Dalì ha voluto la sua immagine in un ologramma durante una sua mostra-spettacolo a Broadway, che David Bowie le ha fatto un filo sfrenato per averla in uno dei suoi tour (e meno male che non ha accettato) così come Brian Eno. Ma non c’era verso, lei viveva la sua libertà artistica in una continua evoluzione sonora. Amica di Ginsberg  e Timothy Leary, successivamente collaborò con Mick Ronson, Chris Spedding e Bill Bruford, nella realizzazione di album quali: X-Dreams The Perfect Release allargando sempre i territori della sua ricerca e amplificando l’importanza dei suoi testi: concrete battaglie contro il perbenismo dei benpensanti, lo sbagliato mondo del consumismo e soprattutto l’ipocrisia sessuale a cui si è sempre ribellata, utilizzando il suo fascino  a metà strada fra la pantera conturbante e la strega ammaliatrice e la sua enorme statura di artista. In seguito sono arrivati altri album: “Sky-skating”, “Been in the Streets Too Long”, “I Have No Feeling”, “Abstract-Contact”: tutti ristampati dalla sua etichetta, la Ironic, che Annette ha messo in piedi con grossi sforzi economici per poter ripubblicare e ridistribuire (soprattutto per posta) i suoi lavori lasciati nel dimenticatoio. Si perché dopo il 1988 lei si è ritirata sui monti Appalachi in una specie di esilio volontario.

Solamente nel 2000 Manfred Eicher (guro dell’ Ecm) l’ha convinta a realizzare An Acrobat’s Heart, un album per voce sola e piano con l’ accompagnamento di un quartetto d’archi norvegese e lasciandola sperimentare alla sua maniera. E poi nel 2006, per la sua Ironic: 31: 31, un album che lei ha definito “musica da ascoltare durante un viaggio in macchina”: un pop struggente costruito con una classe incontaminata. In fondo, quando un artista con l’intelligenza superiore combatte il sistema, spesso viene marginalizzato, soprattutto se donna, soprattutto se continua a  far capire che l’espressività non è un esigenza che nasce intorno al denaro, ma la vita stessa di un individuo che vuole creare, che vuole vivere libero. E se da questa libertà abbiamo riassaporato questo capolavoro intitolato I’m The One, è solo merito di una artista come Annette, consapevole  che i suoi valori possano essere un esempio per le nuove generazioni, e le nostre.

bastano le sue parole
http://www.imtheone.net/annettepeacock/article.html
per delineare il prezioso pensiero di chi vive la sua arte in maniera totale: “…comporre è un lavoro solitario: ci sei solo tu e la musica. Devi trovare delle sfide per motivarti a esprimere la tua visione, a trasformare quello che immagini in realtà, vibrazioni, note. A volte occorre molto lavoro per tirar fuori una sensazione. Per me, se ami la musica, devi per forza scavarti dentro per contribuire a creare qualcosa di nuovo. Sappiamo che è possibile, ne abbiamo ascoltato grandi esempi in passato. Ma oggi è raro trovarne: che peccato. Se chi scrive musica ha per modello solo industria, successo e soldi, non vuole affrontare nessun rischio e si limita ad assemblare pezzi di altre musiche. Lo chiamano eclettismo, ma non è altro che riprodurre in eterno le stesse formule: esattamente quello che sta succedendo ora. Vedo in giro solo bravi esecutori che suonano benissimo, ma non hanno musica da suonare. Non creano, non scavano più dentro se stessi…”
E’ vero, tutti gli artisti fanno questo discorso…  ma lei lo ha attuato pienamente.
http://www.annettepeacock.com

il Barman del Club

cocktail abbinato: “Old Fashioned” – (senza tempo)    

9 Comments on “ANNETTE PEACOCK – I’m The One

  1. “David Bowie le ha fatto un filo sfrenato per averla in uno dei suoi tour (e meno male che non ha accettato)” Anche per lavorare in studio. Peccato invece. Bowie è stato molto utile alle carriere di Reed, Iggy Pop, Eno e Ian Hunter. E l’ha fatto nel modo migliore, cioé divulgando ciò che sapevano fare meglio e non facendo di loro qualcos’altro come era spesso costume dei discografici. La Peacock poi non è che fosse incompatibile col mondo Bowiano, tu stesso ricordi che “successivamente collaborò con Mick Ronson, Chris Spedding.. ” (ok. Spedding non è un link diretto col Duca Bianco ma siamo da quelle parti, senza neppure scomodare Milgram e i suoi gradi di separazione) e a giudicare da certi filmati che la riprendono dal vivo aveva ben presente come si proponeva Bowie sul palco.
    Comunque lei è grande, e anche tu per averne parlato. Non mi è chiaro però il discorso sulla “sintesi grottesca di Nina Simone, Janis Joplin e Joni Mitchell” (cioé, perché grottesca?). Alla tua salute, categoria perfetta Senza tempo.

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    • David Bowie è stato molto utile alle carriere di Reed, Iggy Pop, Eno e Ian Hunter” verissimo… peccato che la Peacock non voleva produrla ma solamente utilizzarla per la sua bellezza e il suo carisma (e anche bravura, certo) per i suoi spettacoli, e mi sembra non sia la stessa cosa.
      “Mick Ronson e Chris Spedding facevano parte del mondo Bowiano” …e chi se ne frega, Lei aveva bisogni di due bravi chitarristi e basta, come della batteria di Bruford, e possiamo citare anche Tom Cosgrove, Rick Morotta, Michael Moss (e la lista potrebbe continuare all’infinito). Perché a lei bastavano dei bravi interpreti per interagire con le sue potenzialità.
      “senza scomodare Milgram e i suoi gradi di separazione”, così dicendo però me lo scomodi lo stesso: e chi sarebbe il destinatario del pacco ? Bowie ? ‘azzo che megalomania !!
      Sulla “sintesi grottesca” invece, probabilmente mi sono spiegato male io: non mi riferivo alla Peacock, ma ai miscugli di nomi che spesso fanno i critici tanto per buttare lì dei riferimenti citazionistici , i quali spesso non c’entrano affatto, ma che sono solamente quelli che conoscono loro.
      Salute anche a te…

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  2. Intervistatore: So che hai rifiutato di suonare il synth su Aladdin Sane di Bowie…
    Annette Peacock: Haha! Beh, non è andata proprio così comunque ti comunico che sto collaborando al nuovo album di David quindi, come vedi, NON C’ E’ NESSUNA PRECLUSIONE.
    da Blow Up n° 29 ottobre 2000
    Dicendo che non scomodo Milgram intendo che non dettaglio cosa avvicina Spedding a Bowie. Così è più chiaro? Bowie e pacco separati solo da un “?” sono un azzardo. La megalomania cosa c’entra? Per la cronaca: Eno produce Bowie, non il contrario. Sai, quando c’è di mezzo David le posizioni sono importanti, possono essere, a seconda, peccato mortale o veniale. Sintesi grottesca: ora ho capito e qui hai ragione, hanno parlato anche di Rickie Lee Jones e di Chrissie Hynde. Solita storia, le donne sono come i neri nella musica, si assomigliano un po’ tutte. Perché? Perchè sono donne e tanto basta a farne un fascio. Buon lunedì.

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    • (intervistatore): “Tutti a quel tempo ti volevano…” (risposta di Annette): “…Davvero mi amavano tanto in quel periodo? Non me ne sono accorta ( 🙂 ). Sai, vivevo un po’ isolata e non compravo spesso i giornali. Il fatto è che mi ero avvicinata al rock come a una sfida, un esperimento. Per un periodo ho voluto lavorare sugli accordi, vedere se potevo creare qualcosa di buono nei confini di quella forma musicale. Ma poi sono passata ad altro. Nel comporre musica, si può procedere in più modi. Una via è stare dentro le forme della tradizione, e poi vedere quanto riesci ad allontanarti e a liberartene. Ma un’altra strada è inventare un linguaggio del tutto nuovo, per esprimere quello che senti, che vuoi dire e che ancora non esiste. Io trovo molto più stimolante procedere così…”
      Buon lunedì anche a te, Stan… (io ho già dato…)

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  3. A w e s o m e !

    Non sono mai stato in grado di trovare l’LP. Annette è uno dei compositori jazz più sottovalutati. Con l’eccezione di Paul Bley e Marilyn Crispell, quasi nessuno suona la sua musica. Ho anche sentito dire che è stato un influenza sulla Patti Smith.

    Grazie per la pubblicazione.
    ciao
    .john

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    • sicuramente ha influenzato molte cantanti, ma come spesso succede ai precursori, questi vengono accantonati per prodotti più commerciali. Lei rimane una grandissima donna, e si deve dire grazie alla sua caparbietà se ora possiamo gustare i suoi capolavori…
      Grazie a te per il tuo intervento

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