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Appena terminata la festa del 1° maggio e si ritorna al nostro pane quotidiano: il lavoro. Ora, sulle nostre miserie e sulle nostre nobiltà si potrebbe dire di tutto: su chi lavora per necessità o chi invece ha un’occupazione nata dalle sue passioni e dalle sue potenzialità. Ma la domanda vera è, quale lavoro ci aspetta ? Recentemente al Festival cinematografico di Venezia il regista Terry Gilliam (l’autore di Brazil L’esercito delle 12 scimmie, per intenderci) ha presentato il suo ultimo lavoro: The Zero Theoremambientato in un futuro distopico-fantascientifico dove, gli abitanti della Terra, accettano qualsiasi condizione pur di lavorare, incentrando la metafora dell’insieme sopra i significati di amore e caos.


Un’altra notizia che mi ha sconvolto è che quest’estate alla City di Londra un ragazzo di ventidue anni è morto perché aveva lavorato tre giorni di file senza fermarsi, ma purtroppo si è fermato il suo cuore, e leggendo le interviste ad altri ragazzi che pur di emergere o semplicemente pur di avere una occupazione stabile, si sottomettono a regimi di orari pazzeschi dentro ad una competizione senza limiti, beh… sinceramente non riesco ha darmi delle risposte. Se poi alle loro spalle calcolo che c’è sempre qualcuno ipocrita o perverso, o semplicemente noncurante delle conseguenze per sfruttare l’attuale situazione mondiale, solamente per profitto… allora, conoscendo il mio carattere, m’incazzo e basta, pensando al futuro dei nostri nipoti. Qualcuno mi risponderà che  il mondo è sempre stato così (che nelle fabbriche cinesi c’è un altissimo tasso di suicidi), che una volta era anche peggio, pensando alle condizioni di lavoro dei nostri nonni e bisnonni, delle nostre nonne e bisnonne.  Ma il punto è proprio questo: noi abbiamo lottato per cambiare queste situazioni e per migliorare la nostra vita, e ora sta andando tutto a puttane. Qualcun’altro potrà obbiettare che è già tanto se lavori, vista la drammatica quotidianità. Però c’è un limite a tutto, c’è la qualità della nostra esistenza intesa come un valore irrinunciabile. Probabilmente, seguendo la metafora del film di Gilliam, se l’evoluzione della specie si fonda nelle dinamiche di amore e caos, e il conseguente equilibrio nasce proprio da queste inevitabili forze contrapposte, bisognerebbe porsi un’altra domanda: che cosa ci procura veramente gioia ?  Io vi lascio un bel kit-antistress: invece che giocare a freccette, dovete solamente centrare il bersaglio con la testa; altro che pausa-caffè…  Buon lavoro a tutti !!!

kit antistress

9 Comments on “MA QUALE LAVORO CI ASPETTA ?

  1. Il problema che sollevi è tremendamente complesso. Perchè vogliamo dare una risposta con i numeri a qualcosa che invece ha a che fare con qualcosa di molto meno materiale. Il nostro benessere.
    Finché pensiamo di misurare questo benessere con il PIL, alla cui crescita contribuisce, per esempio, anche la cifra astronomica pari a 600 milioni di € del ribaltamento della Costa Concordia o i terremoti, gli incidenti stradali … siamo fuori strada. Non dico di fare come in Bhutan con l’Indicatore della Felicità, ma stiamo completamente sbagliando le risposte.

    Dove , come evidenzi te, con più ore lavorate per un elevato profitto (felicità??) dove un neo assunto in una Merchant Bank guadagna più di un affermato neurochirurgo americano (e ho detto tutto).
    Dove, come in Italia e altri paesi, per tenere un lavoro, si accettano stipendi sempre più bassi.
    Sta andando tutto maledettamente al rovescio.

    Bel post.
    Mi mancavano.

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    • infatti è proprio il concetto di “benessere” il punto della questione, quando, l’idea di benessere è soltanto una variabile che muta da individuo a individuo: chi si contenta della sua vita normale ma arricchita dalle sue passioni, o chi vuole smisuratamente il lusso a tutti i costi; senza parlare di chi incomincia a inebriarsi dello scettro del “potere”. E’ vero, è un problema tremendamente complesso, soprattutto come hai sottolineato, se misuriamo in maniera astratta (e uso questa parola impropriamente) il prossimo futuro con tutta una serie di sigle giostrate da mani esperte. Già il futuro… speriamo che la metafora della “Concordia” sia una storia a lieto fine da raccontare a chi verrà dopo di noi
      Un salutone… ciao !

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  2. E’ qualcosa di troppo soggettivo, ma in generale, la gioia dovrebbe essere definita in quelle azioni che permettono l’ armonia tra noi e l’esterno. A volte è una scelta di vita, a volte ci si ritrova incastrati in un meccanismo contorto che non concede (visibilmente) vie d’uscita ma, a volte c’è chi preferisce l’armonia alla ricchezza, all’agiatezza. Tutto ha un prezzo, specie la libertà di gestire il proprio tempo.
    Buon lavoro e felice tempo libero!

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    • è bellissima la tua risposta: “la libertà di gestire il proprio tempo”. Infatti è proprio l’armonia che ognuno di noi può avere dentro il segreto della felicità… Certo, molto soggettivo, eppure basterebbe poco, molto poco per raggiungere il cielo all’interno del nostro io, e l’equilibrio non è un filo tirato fra le vette di due montagne dove qualcuno ci obbliga a percorrere. Se ci lasciamo andare, forse, possiamo volare sopra queste vette…
      Un bacio !

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  3. Non vedo di vedere l’ultimo lavoro di Gilliam…
    Per il resto, ci siamo fatti scippare i diritti che i nostri predecessori hanno duramente conquistato, senza protestare, e adesso dobbiamo ricominciare a lottare!

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    • Il problema è che la vedo dura quando sei sotto ricatto, e per ricatto intendo la posizione dominante che ora hanno le multinazionali nei confronti dei loro dipendenti, Se poi a questo aggiungiamo la paura e l’egoismo che hanno in molti, tutto si azzera. Una volta c’era oltre al lavoro molta più unità e senso di appartenenza, ora tutto questo non esiste più, o perlomeno è cambiato tutto il senso dell’approccio al lavoro. Io vedo mia nipote appena laureata che nei colloqui per un posto qualsiasi, solo per un mese, e ripeto SOLO PER UN PERIODO DI UN MESE, tra l’altro pagata pochissimo o in alcuni casi anche senza stipendio, deve superare esami di gruppo con psicologi, sociologi e specialisti del comportamento. Ma dico io, SOLO UN MESE… fossero vent’anni capirei. Evidentemente c’è chi specula o deve giustificare le sue puttanate…
      Incominciare a lottare… lo spero vivamente, soprattutto per la vitalità che hanno i giovani di tutto il mondo, e che hanno il futuro nelle loro mani !
      Felice di risentirti “eklektike”

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  4. Il tema che poni, quello del lavoro, è la piaga aperta nel fianco per chi il lavoro ce l’ha, per chi lo persegue, per chi l’ha perso.
    Riuscire ad esprimere se stessi attraverso il lavoro che a monte sognavamo è pressocchè impossibile oggi.
    L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro ma oggi impera lo schiavismo, lo sfruttamento atavico dei più deboli. Rimodulare le nostre esigenze riqualificare i bisogni e il superfluo potrebbe aiutarci ma non aiuterebbe il Mercato e dunque le aspettative continuano ad essere sempre più pressanti, creano frustrazione e, per finire ridendo (per non piangere) il tuo centro è una buana formula antitutto. Si perde conoscenza evvai.

    sheracheilavoropensavafosseamoreinveceancheluierauncalesse

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