roberta dapunt Roberta Dapunt, poetessa della Val Badia, trilingue: italiano, tedesco e ladino, rappresenta una delle voci più interessanti del variegato panorama letterario italiano. Già uscita per Einaudi  nel 2008 con “La terra più del paradiso”, ora si ripropone con Le beatitudini della malattia, dedicato sostanzialmente al malato in senso lato, e in questo caso ai malati di Alzheimer. Tutta la raccolta è un continuo dialogo con una madre immaginaria: Uma, che in ladino significa appunto “madre”, e che nelle note si identifica come una madre universale. Chiaramente io non so quanto di personale ci sia in questa silloge, ma il rapporto con i versi è talmente sentito da presupporre uno stretto legame autobiografico, o perlomeno di un’esperienza diretta della poetessa. La poetica della Dapunt è sempre a cavallo con un lirismo intenso quando colloquiale, ove si alternano con una splendida unità di stile riflessioni ed emozioni, rapporti e sentimenti. Il tutto viene condotto con una pacatezza e un “silenzio” magistrale, fino a rallentare i movimenti dei personaggi obbligati “piacevolmente” a sostare negli spazi che si aprono tra i fogli bianchi del libro, un libro che racchiude il cielo fra le mura domestiche  insieme a connotazioni di religiosità laiche. La malattia diventa così “beatitudine” verso un malato a cui ci si può accostare con la delicatezza e la distanza del non capire, come se due mondi opposti roteassero intorno al vero problema guardandosi soltanto. Probabilmente il mistero della vita viene affrontato con i rituali millenari di una realtà contadina, la quale rende mistico ogni semplice gesto e partecipa al dolore di una vecchiaia entrata nella demenza, semplicemente regalando amore, come se il tassello mancante non fosse la perdita della propria conoscenza o l’assenza del presente, ma la conduzione continua di un incontro accettato senza pregiudizi e senza ricevere risposte . Il dialogo è  continuo, accurato, interiore; i rapporti con la realtà dei luoghi diventano  simbolo di una ritualità semplice e quotidiana, ma nell’insieme magicamente universali. Di conseguenza la preghiera diventa racconto e la poesia un rosario da passare fra le mani come i semi del campo, in cui, anni prima, fu proprio la madre stessa ha posare fra i solchi della terra coltivata. Ogni germoglio è si un ricordo, ma l’avvicendarsi del tempo è il segno tangibile che, generazione dopo generazione, il presente si ripropone come uno specchio per non dimenticare e continuare ha seminare il futuro… semplicemente, come sempre. “Che tu possa tenere strette nella mente / le orazioni quotidiane, i vespri e le memorie. / Che in ogni spazio del tuo cuore siano concubini / i misteri dei rosari e le canzoni, / di quando fuori tra le erbe a seccare cantavi. / Ho pensato in quella prima estate: / fossi io la fede sceglierei te come fortezza.”

il Barman  del Club

svetlana-bobrova-russia

IL PRANZO

Va a rilento il mezzogiorno, privo di colonna sonora,
appena udibile è il nostro pranzo.
Siamo entrambe in ascolto del nostro silenzio,
che da lì, solamente dal tuo dove lontano mi stai accanto.
Di fronte io, che non guardo.
Accolgo così il tuo stare seduta che non trova espressione,
è la tua unica offerta per me. E lo confesso
senza parole mi sembra di urlare,
che qui in questo luogo
ho solo il corpo a credere alla vita,
poiché il resto non è  che un’erba ruvida da falciare.

E mentre che il nostro è muto desinare Uma,
fuori c’è il mondo,
fuori sono le genti, la terra e il cielo. E anche la morte,
cavalca veloce di guerra in guerra.
Fuori è colui che abbandona le carni
a uno scoppio per risorgere forse
e fuori sono le pene di morte e le morti diverse,
così diverse che attraversano mari e continenti
per risolvere l’unica vita.

Ma qui, amabile luogo, qui niente accade,
tranne che ininterrotta un’umile esistenza.
Eppure, a me sembra di sentire lo spirito colmarsi.

Svetlana Bobrova (6)

IL DIALOGO

A nulla io dico, nulla tu rispondi.
Così ora tu sai ciò che io non sapevo,
tu racconti ciò che io non avrei ascoltato prima,
tu ascolti ciò che io non avrei detto mai.
Ci siamo necessarie, dunque.
Così poco basta ad essere fondamentale nei giorni,
seppure nei tanti libri, scritture espongono discorsi
                  ideali.
Ce li teniamo sopra le teste, mente il silenzio,
tu e io, dimenticate ancor prima di aver dimenticato.
(…)

Svetlana Bobrova (3)

DEL PIANTO

Il pianto in una stalla
confonde umiltà e scontentezza. Dissonanze guardate
dentro agli occhi delle bestie,
mentre è fissa la loro indolenza. O forse così sembra.
E’ per me e di questo sono certa, la mia malinconia
a riflettersi nel loro compatto guardare.
Dunque solamente io. Mentre loro voltano lo sguardo
al fieno. Mangiando, mangiando.
Ruminando, ruminando.

Roberta Dapunt

svetana bobnova15 illustrazioni di Svetana Bobnova

17 Comments on “ROBERTA DAPUNT – Le beatitudini della malattia

    • certo, anche il dialetto è una lingua straordinaria…

      “Te chesc luch, a pascentada resta nosc dagnì.
      Mostra intant cun lecaciadin, n vare indolater
      rovarunse ince nos pro florì,
      dota tera nes fajarà curtina y spizorada noia.
      Jent ladina, tan pice inom
      rodosa i odli y ciara lunc,
      mender tlap ince nos adinfit sol monn.

      Roberta Dapunt
      (mi scuso con la poetessa se wordpress non mi ha consentito di aggiungere certi accenti e le dieresi)

      “In questo maso, a pasturare rimane il nostro avvenire.
      Mostra a dito innanzi, un passo dopo l’altro
      giungeremo anche noi a fioritura,
      la terra tutta ci farà cortina e gettata nuova.
      Gente ladina, così piccolo il nome
      volge gli occhi e guarda lontano,
      gregge minore anche noi in affittanza sul mondo.”

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  1. Un amico fraterno valente pilota è ladino di origine friulano e in casa parla ladino e quando mia figlia era appena nata le i cantava le canzoni in ladino per farla addormentare mentre io preparavo la cena per gli amici invitati. Con amicizia Penelope

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    • benvenuta… tra l’altro ci sono delle assonanza molto interessanti fra te e questa poetessa: vi somigliate nello stile spesso discorsivo, ma che si circonda di un lirismo quotidiano, intimo ed essenziale. Tu hai anche in aggiunta l’ironia e in fondo, anche una dosa di simpatia… 🙂

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  2. Pingback: ROBERTA DAPUNT – Sincope – Sourtoe Cocktail Club

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