Qualche anno fa organizzai a Como un ciclo sui vampiri, non tanto perché sono un appassionato del genere orror, anzi, questo filone cinematografico non mi ha mai attirato più di tanto, salvo qualche classico, così come in letteratura, però la mia curiosità cadde sul fatto che questi esseri leggendari, puntualmente, tornavano sempre di moda, spesso raccontati da scrittrici donne: Stephenie Meyer, Anne Rice, Laurelle K. Hamilton, Charlaine Harris, Tanya Hoff, Collen Gleason, Lisa Jane Smith, e la lista potrebbe continuare, non a caso la fama del vampiro, chiamato anche il “mostro seducente”, ha da sempre affascinato la figure femminili, e oltre a una punta d’invidia per queste ragazze che in maniera molto suadente porgevano il loro collo al sopracitato personaggio con i brividi della sensualità, mi ero chiesto il perché di tale successo, e di conseguenza era necessaria una ricerca storico-sociologica attraverso la leggenda, la letteratura appunto, la filmografia, l’ironia e la mutazione che il vampiro stesso ha subito in questi ultimi anni: dall’incarnazione delle nostre paure al quasi eroe salvifico calato nella quotidianità. Così quando dovetti scegliere un film che lo rappresentasse, invece che i soliti triti e riciclati, scelsi di proiettare questo bellissimo “LASCIAMI ENTRARE” (del 2008) dello svedese Tomas Alfredson, tratto dal romanzo di John Ajvide Lindquist (questa volta uomo) autore anche della sceneggiatura.
Sostanzialmente in questa pellicola la figura del vampiro (vampira in questo caso, rappresentata da un’adolescente dodicenne), è solamente una metafora per parlare del disagio giovanile dei figli di genitori separati e della loro solitudine. Il film è un’opera poetica straordinaria che miscela sapientemente tutti i risvolti classici legati alla mitologia dei non-morti con le problematiche sociali di una civiltà industrializzata.
La storia si svolge in un paesino della provincia svedese, durante il periodo invernale con le sue poche ore di luce. Protagonista è un timido ed emarginato adolescente: Oskar, e se vogliamo essere severi anche un po’ tontolone, vittima dei bulletti della scuola che frequenta e da cui non riesce a ribellarsi. I suoi genitori sono separati: lui vive con la madre che per lavoro non è quasi mai in casa, mentre il padre, che poi scopriremo essere anche omosessuale, vive in un altra città (bellissima è la scena di quando il ragazzo lo va a trovare, felicissimo di stare con lui, almeno ogni tanto, ma poi arriva “l’amico del padre”, così Oskar delusissimo scappa nella notte opprimente cercando di ritornare a casa con un passaggio di fortuna). Di conseguenza all’interno di questa sua solitudine si crea un mondo tutto suo da cui iniziano diverse chiavi di lettura. A un certo punto vicino al suo appartamento viene ad abitare una bambina della sua stessa età: Eli (la vampira in questione), insieme ad uno sconosciuto personaggio che non si capisce bene chi sia, se il padre o un suo tutore che, conoscendo la natura di lei, cerca di uccidere nella notte delle persone per portare ad Eli il suo nutrimento vitale: il sangue, per evitare che contagi con i suoi morsi altri individui ma, non essendo assassino, si lascia catturare lasciando sola la ragazza che, per forza di cose, si dovrà arrangiare da sola. Però Oskar ed Eli s’incontrano iniziando un’amicizia delicatissima a cavallo fra l’innocenza e un amore velato: “Quanti anni hai” le chiede lei, “dodici” risponde lui “e tu?”, “Anch’io ne ho dodici, ne ho sempre avuto dodici”. Si perché un vampiro imprigionato in un corpo di bambina ha le stesse pulsioni di tutti gli adolescenti, ma non sarà mai uguale agli altri.
Eli sarà per Oskar il rito di iniziazione alla vera vita di cui lui a bisogno per diventare adulto, per ribellarsi ai compagni che lo assillano, per diventare uomo come tutti gli altri, per crescere e uscire dalla cappa opprimente del mondo che gli vive intorno, circondato da disoccupati, alcolizzati, genitori assenti, maestri inconcludenti e poliziotti superficiali. Qui il regista riesce a rievocare tutti i disagi del nostro presente attraverso una metafora forte, utilizzando pochissimo sangue, rimanendo fedele ai temi che hanno costruito la mitologia del vampiro classico, ma entrando nella dimensione intima dei ragazzi perduti dei giorni nostri con la loro poesia, le loro paure e nello stesso tempo, il loro coraggio di superare una realtà troppo occupata a lasciarli sempre isolati, con tutte le derive che ne conseguono. Il buio, la neve, l’oscurità, la luce accecante, sono tutte metafore che fanno parte della storia insieme a tutti i personaggi, consapevoli o inconsapevoli protagonisti del loro destino, all’interno di una trama apparentemente lenta, ma in realtà intrisa di tanta malinconia e nello stesso tempo, di tanto stupore.
***
Struggente e significativo è il bellissimo finale dove, il ragazzo insieme alla cassapanca dove dorme la vampira per proteggersi dalla luce, viaggia in un treno verso il futuro che lo aspetta, anche questa una metafora della vita in divenire. Ma come ho già detto, anche nel finale ci sono due chiavi di lettura: una è quella della storia nata dalla fantasia del protagonista (interpretato dall’efficace Kare Hedebrant), che insieme al “bagaglio” delle sue storie intraprende l’itinerario che lo porterà alla maturità, non è casuale che all’inizio della vicenda, in una lezione scolastica fatta dal capo della polizia locale come esempio di cronaca nera, sarà proprio Oskar a dare delle risposte esaurienti a degli omicidi accaduti, sorprendendo lo stesso tutore dell’ordine. L’altra è invece è che, se consideriamo la sceneggiatura così come è stata concepita, e cioè che la vampira (interpretata dalla brava Lina Leandersson) è veramente reale, ebbene, Oskar sarà per Eli prima il suo amico, poi il suo amante, poi il padre, il nonno e il tutore di cui avevo parlato prima: un altro di cui Eli ha bisogno, perché lui crescerà con il suo corpo normale, mentre lei, imprigionata in un corpo di bambina avrà sempre dodici anni, avrà sempre bisogno di un supporto per la sua solitudine: un altro Oskar e un altro ancora, per la sua eternità da vivere sempre alla ricerca di quell’amore perduto in una notte d’inverno.
Veramente un capolavoro…
il Barman del Club
Qui a New York, due anni fa, vidi questo.
Non so quale sia il remake dell’altro, ma devo dire che e’ piaciuto molto anche a me, nonostante i vampiri non mi abbiano mai interessata. Tutt’altro.
Ciao barman !
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E’ questo “Let Me In” il remake (che non ho visto) del 2010, perché gli americani hanno sempre l’abitudine di comprare i diritti di un ottimo film, per poi farne il rifacimento in un’ambientazione di casa loro; ma pare che il regista sia stato fedele al libro. Da sottolineare la protagonista femminile, che ho avuto la possibilità di vedere in altri film: Chloè Moretz, straordinaria. Se non viene bruciata troppo presto, potrebbe diventare la nuova Jodie Foster!
Un ciao anche a te… buon sabato sera!
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Neppure io amo le storie sui vampiri ma conoscevo questa interessante pellicola. In generale, ritengo “Dracula”, l’originale, possa essere già considerato una metafora della vita. Riprova ne sono il successo immortale avuto nei decenni successivi alla stesura e perfino le correnti “di costume” ad essa ispirata.
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ah sicuramente… una metafora tra l’altro molto interessante se consideriamo tutti i risvolti sociologici e psicoanalitici che ne conseguono. Oggi come allora la complessità della nostra società è piena di rimandi e come tali si prestano molto bene a un connubio con queste storie. In questo decennio, per esempio, vanno di moda le epidemie che trasformano gli individui in zombi carnivori, il problema però è trovare delle sceneggiature all’altezza con delle stesure interessanti ma, qualcosa di buono si trova sempre: c’è sempre qualche autore che realizza prodotti interessanti come questo film, e giustamente vanno premiati.
Ciao, grazie del passaggio
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Saw that movie, very creepy indeed just like the evil one…
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So many times, in the most disturbing, they hide the simple days of our daily lives. Where there is light, there will always be even a shadow…
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Hai scelto un film ‘imperdibile’ , che personalmente ritengo insuperabile rispetto a qualunque remake. I due bambini (lei sopratutto) sono più veri e tenebrosi..i silenzi mi ricordano nosferatu di kinski e l’ ambientazione nella fredda e vecchia europa è il tratto distintivo che molti remake oltre oceano trascurano.
Risentire la canzone Flash In The Night dei Secret Service all’interno del film mi ha fatto venire in mente tanti ricordi legati agli anni 80. So’ vecchieralla ma amante (sempre) del brivido 😉
sherahhhhuhhhhsssssss
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ma che vecchierella e vecchierella !! Hai tanta gioventù dentro te stessa che puoi regalarla a tantissima gente… Si è sempre giovani dentro (!) Ma anche fuori dai !
Ritornando al film, che ho rivisto di recente, e mi ha fatto venir
voglia di parlarne, ritengo sia veramente bello. Lo si può leggere da tante angolature, e questo lo rende molto interessante, e pare che il libro (non l’ho ancora letto) sia ancora migliore.
Complimenti per la tua memoria musicale, altro che “calendari”, sei una ragazzina…
Ma si, possiamo dirlo ad alta voce: se la gioventù è ebrezza senza vino, noi siamo ebbri anche con il vino… un brindisi !!!
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no doubt…cheers 😉
sheralamusicasoundtruckrestaimpressassaje
ps. non mi sono dilungata sulle molte possibilità di interpretare il film perchè è il ‘tuo’ post. Non ho letto il libro perchè tanto amo il genere nel cinema quanto non li reggo in letteratura eccezion fatta per il Dracula di Bram Stoker , emozionantissimo e unico.
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just to keep you informed: su Giallo, canale 38, domenica sera c’è stata la prima puntata italiana di un serie molto interessante ambientata nella Londra degradata di jack lo squartatore. ore 21, credo Ripper street.
sheraunteuccio?sembranotte
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grazie della dritta… ma purtroppo la domenica sera lavoro. Comunque, la critica ha parlato molto bene di questa serie. Io non l’ho ancora vista, ma vedo di reperirla in internet così poi ti dirò.
Intanto ti consiglio (se non le hai ancora viste) “Revolution” di Eric Kripke (già ideatore di “Supernatural”), affincato poi di calibri di Bryan Burk, J.J. Adams e Jon Favreau: ambiantata in un futuro dove improvvisamente viene a mancare ogni forma di energia elettrica.
Mentre molto originale e “The Bridge” di Elwood Reid e Meretith Stiehm: un noir anomalo che inizia dal ritrovamento di un cadavere trovato sopra un ponte e posizionato proprio sul confine tra Messico e Stati Uniti. Perché… (?)
Buone visioni (vedo che anche a te piacciono le trame particolari) Ciao…
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carisssssimisssimo Barman,
mi si conceda l’intimità vista la totale assonanza dei nostri gusti in fatto di buon vino, di cinema e di serie.
The bridge è stato per me un ‘cult’ e quando è finito sono rimasta molto male anche se tirarlo per le lunghe avrebbe ceduto di pathos. Azzeccata la distinzione netta tra l’algida anaffettività della detective americana Sonia con la corporalità ‘macha’ del (bonissimo) detective mexicano Marco Ruiz ;).
Revolution mi maca ma prendo certamente nota.
Ripper street io ho vista la serie questa estate in rete.
sheramachemeravigliailsoleromanoeccoteunraggiono
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è una delle poche volte in cui prendo in seria considerazione una recensione, cinematografica o letteraria che sia, vedrò sicuramente il film
sulle metafore vampiresche disquisirei per ore ed ore, soprattutto in riferimento alla nuova tendenza che crea Dracula in gonnella di ogni età. Nonostante neanche io sia un amante del genere.
Io ci vedo qualcosa di tremendamente più contorto, una donna che succhia il sangue di un uomo si impossessa della sua essenza senza dover pagare pegno cedendo il corpo. E’ un concetto che esprime l’annichilimento totale della figura maschile, rende inutili, superflui, bypassabili tutti i punti di riferimento di ogni maschio.
TADS
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Chiaramente il ragazzo timido che si ribella ai bulletti della scuola non è per niente una novità, anzi (Stephen King insegna), però qui l’inserimento di un’anomalia lo rende veramente efficace, elevandolo a qualcosa di superiore, tra poesia e suspense.
Tra l’altro la tua deduzione è interessante, anche perché all’interno di una cultura maschilista dove la donna è sempre stata vittima del vampiro classico, è indicativo il fatto che le numerosissime contagiate (chiamiamole così), a loro volta, salvo qualche raro caso, non le hanno mai fatte riemergere come vampiri al femminile. Un esempio lampante è stato il film Thelma & Louise (lo so, è tutt’altro genere ma l’accostamento è calzante), che in America creò furenti polemiche, solamente perché furono due donna a ribellarsi al sistema e non due uomini. Certo, in qualche pellicola ci hanno provato ma , alla fine, le vampire in questione, non hanno fatto molta strada. Che ci vuoi fa…
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buon we with
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wahoo… vedo con piacere che anche i nostri gusti musicali non sono poi così distanti… anzi!
Ritornando alle serie televisive invece, penso che in questi ultimi anni (probabilmente dopo il successo di “Lost” e “Xfile”) la loro qualità, soprattutto in fase di sceneggiatura, si è elevata di molto, e se alcune finiscono prima forse è anche meglio, per evitare che un eccessivo prolungamento le rovini.
Allora per festeggiare stappiamo un buon vino: rosso! questa volta… e direi un Taurasi, così non sbagliamo… evvaiii !!!
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Mi hai incuriosito !
Lo cerco e poi ti dico come mi è sembrato.
Ciao.
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Visto al cinema… Bellissimo! Molto più del remake americano “Bloody Story”
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decisamente… non c’è paragone !
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