Cristina Finotto è una poetessa che si diletta anche con la fotografia, oppure se vogliamo: una fotografa che si diletta a scrivere poesie. Però le due espressività artistiche si compenetrano a vicenda, si equivalgono e si bilanciano vicendevolmente, perché nei suoi scatti esiste tutta un’emozione lirica in cui si respirano le parole nascoste, e nei suoi scritti, si evidenzia una cultura dell’immagine come se fossero delle scene da ammirare con gli occhi, oltre che con l’anima. La sua ultima pubblicazione: Canti d’acqua nuda: titolo bellissimo tra l’altro, evidenzia tutta la passione delle sue visioni le quali, oltre che inscenarsi attraverso percorsi interiori importanti, ripercorrono tutto l’amore per le sue terre: il Polesine, terre di bellezze e di alluvioni, di partenze e di ricordi, di sogni e di ritorni. Un giorno, parlando con lei via mail mi disse che abitava in luoghi abbandonati da Dio, persi nella memoria della collettività ma sempre vivi nella tenacia di chi li abita da tempi immemori, in cui la fratellanza con il grande fiume è una sorta di appartenenza e di somiglianza difficile da dimenticare, perché si nasce con Lui come se fosse il padre di ognuno dei suoi abitanti e da Lui non si può prescindere. Lui con la elle maiuscola: il Po, con la sua maestosità e il suo scorrere, il suo corso e il suo delta, il suo argine e il suo cuore, le sue ansie e le sue anse, le sue bellezze e le sue paure, le sue leggende e le sue storie. Già, le sue storie. Cristina le fa sue, le integra con il suo vissuto fino a farne diventare una cosa sola: un’entità che si trasforma e si rigenera nelle vene fino a sublimarsi nella preghiera silenziosa di una notte, poi, con il sopraggiungere dell’alba, lo si raggiunge sulle sponde come un corpo da abbracciare, da ascoltare, per dare ai sogni un luogo non effimero, ma una terra dai confini che non si devono dimenticare, fino ad imprimerli nella memoria di tutti noi.
La poesia di Cristina è trasparente come l’acqua che le ha generate; ogni sua frase scorre come il fiume che le ha dato origine; ogni sua metafora si scioglie nelle onde di una vita di sacrifici e di lotte quotidiane, e il tutto è partorito con la sua femminilità, le emozioni di una donna che ogni giorno deve combattere la terra che ama e che stringe a sé, come un rapporto di maternità continuo ed eterno, infinito e infinitesimale.
Canti d’acqua nuda: titolo bellissimo abbiamo detto, in cui è racchiuso il significato delle sue liriche. Un’acqua la quale non ha bisogno di niente e nessuno per evolversi a divinità, come si potrebbe credere, ma è parte autentica della sua vita e del suo essere artista e come tale, va descritta, cantata, adorata, maledetta, perdonata… amata. Acqua che si veste così, senza niente, perché così dev’essere: nuda, viva… vera.
Epitaffio d’autunno
Ecco a te i miei versi duri e amari
che scrivo su questa terra
di radici nere,
croci custodi del dolore,
nel mistero di anime che la abitano
dove ca’ moje de miseria e sangue
han visto il fango
del fiume scriteriato
e i pesci son volati in cielo
nel paradiso d’argento scaglia
quel giorno di novembre,
quel giorno disonesto e ladro
l’acqua infame
era un mare di torture morte,
lavate via dai nidi,
così come le genti
lasciate sugli argini
ad aspettare
una speranza di sole
che asciugasse via tutta l’offesa.
Cristina Finotto – “Gestualità”
Di spalle arrese
Io che ho fatto delle mie spalle
il rito
il silenzio
un orto in fondo al cuore
per donare fiori al mondo,
tatuando colombe ferite
su queste scapole malate
di nebbia e Polesine,
annuncio vita,
terra e acqua,
acqua di pietà
per questo fiume,
squama e spina,
mezzeria italiana,
languido paesaggio padano,
padre di un nord-est
dove vive la resa
del mio sangue,
di me figlia orfana,
dei miei fianchi di achillea,
bandiere bianche
che sventolano coraggio,
dei miei polsi tremanti,
dove scorrono le vene mie di ragazza,
la fragile adolescenza
quando scappare di notte
era una finestra,
un treno e qualche volta l’America,
e il cuore
un bambino pieno di paura
Cristina Finotto – “Generazioni”
Per amare la nebbia
Basta scendere fino al fiume
poggiato al davanzale del mare
ed è come perdersi,
qui puoi disegnare fantasmi
e pesci volanti,
vedere la terra
vestita da sposa
e lanciare petali
benedicendo le acque
morte d’inverno,
le barche vuote
dondolate dal garbino.
Puoi sederti sulla riva
e guardare oltre
sentire gli spari
e poi le grida
di uccelli disperati
che chiamano il nido.
Patire il dolore alle gambe
affondare nel fango
e non vergognarti
perché è fango buono
quello del vecchio
che impasta ocarine,
e ti viene da fischiare una vecchia canzone
per seppellire il dolore
di tutti gli uomini,
annegando la voglia disperata che avevi
di far vedere tutto questo
a tuo padre.
Testi e foto di Cristina Finotto
http://www.memoriedalpo.wordpress.com
http://www.barchedicarta.wordpress.com
il Barman del Club
bravissima Cristina!
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applausi a Cristina!!
e anche alla stupenda recensione
🙂
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Brava! Un abbraccio
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Davvero le riescon bene entrambe le cose.
son senza parole!
che brava!
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Bellezza!
Bellezza come piace a me….
La foto “gestualità” è…..un incanto…… 🙂
grazie Antonio e complimenti a Cristina…
davvero un bella presentazione
ciao
.marta
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i meriti sono tutti suoi…
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solo un grande grazie amico mio e grazie a tutti voi che vi siete soffermati sulle mie poesie e fotografie, un caro abbraccio, cri
http://memoriedalpo.wordpress.com/2014/10/13/canti-dacqua-nuda-al-sourtoe-cocktail-club/
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penso che sia stato un piacere per tutti noi… grazie a te !
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Che meraviglia! Parole e immagini nude e vive, gli scatti sono indubbiamente bellissimi ma ancor più mi colpiscono i testi… evocativi, veri, puliti e secchi nel loro andare dritto al cuore di chi legge. Bravissima!
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grazie Gaia…è sempre un onore essere ospitati dal club di anthony:)
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l’onore è tutto mio !
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