interstellar

Christopher Nolan è sostanzialmente un ragazzo fortunato oltre che un talentoso regista; non è casuale che il suo esordio cinematografico avvenuto con Following e successivamente con Memento, lo hanno subito proiettato per l’originalità delle sceneggiature (del fratello Jonathan tra l’altro) nella sfera gravitazionale di Hollywood, inanellando una serie di successi straordinari: InsomniaThe Prestige; la trilogia dove ha riscritto la figura di Batman, realizzando con Il cavaliere oscuro, una delle più interessanti trascrizioni di questo personaggio. Una trascrizione in chiave moderna che, se anche debitore dai fumetti di Frank Miller, si è rivelata basilare per la sua carriera, proseguita poi con il suo film più bello: Inception, dove i meandri del sogno si rivelarono angoli prolifici per ambientare una trama atipica, contorta, a tratti fantasiosa e a tratti ricercata, quasi a far coincidere dentro ad una storia originalissima, noir realtà surreali. L’ossimoro è dovuto perché, ogni sua trascrizione o adattamento, o produzione in senso lato, hanno da sempre sfruttato idee nuove e avvincenti al tempo stesso, viaggiando sempre sul confine indefinito fra l’immaginazione e il quotidiano che la genera.
Per tutto questo e altro ancora, essendo io stesso un appassionato di fantascienza, ho atteso la sua ultima fatica: Interstellar, con un’ansia contagiosa, sicuro di ritrovarmi di fronte all’ennesimo capolavoro e ad un’altra bellezza, tutta da seguire; attesa però delusa dalla visione del film stesso che, secondo il mio parere, presenta numerose forzature all’interno di un percorso non facile d’accordo, il quale, per la struttura completa di una vicenda così intrigante, forse, doveva seguire delle carte “interstellari”, diciamo così tanto per rimanere in tema, più alternative.

interstellar 7Innanzitutto (al di là della durata che ci sta) probabilmente risente di numerose lentezze di troppo, però, si sa, non è detto che la lentezza sia un sinonimo di peccato, anzi, può anche essere un pregio se la sceneggiatura lo consenta nel suo insieme (vedi per l’appunto il celeberrimo “2001 odissea nello spazio” a cui questo film in un certo senso si accomuna); di conseguenza detto questo, passiamo alle varie forzature sparse qua e là. E’ giusto precisare che l’idea nasce dagli studi dell’astrofisico Kip Thorne, noto per le sue teorie sulla gravitazione dell’universo e per il progetto LIGO (Laser Interfeometer Gravitational-Wave Observatory) basato proprio sulle onde gravitazionali previste dalla Relatività Generale di Einstein, nate dalle esplosioni delle supernove, o da stelle a neuroni, o dai buchi neri, ma anche dall’origine dell’universo. E anche tutto questo va bene; aggiungiamo poi la chiave ecologista di una Terra ormai giunta al collasso ambientale, in cui la ricerca di un altro pianeta abitabile dove trasferire la razza umana, diventa la necessità primaria per una salvezza di massa. Però, e qui cominciano i però, a cominciare dal modo in cui il protagonista (interpretato dal bravissimo attore Matthew McConaughey un astronauta il quale dopo un incidente si era messo a coltivare mais), lascia in maniera radicale la sua famiglia per intraprendere questo viaggio interstellare, pur sapendo che, per le leggi quantistiche sulla distorsione dello spazio-tempo, quando per lui saranno passati che ne so, due anni, per gli abitanti del nostro pianeta (compresi i suoi familiari) ne passeranno venti. Soprattutto per il bel rapporto che ha con la figlia Murphy (chiaramente il nome non è casuale, legato alla “famosa legge”), la vera chiave di volta di tutta la vicenda. Ma passi anche questo; passi pure il tunnel quantico posto da esseri superiori (?) non si sa come (per aiutarci?) vicino a Saturno. Ma una volta superate le enormi distanze fra una galassia e l’altra, perché finire in un sistema solare dove c’è una stella pronta a collassare: bel posto per salvare la nostra specie!!! Tutto perché alla fine bisogna finire in un buco nero, e dare una risposta agli enigmi della fine e del principio con una soluzione dove siamo proprio noi gli artefici di ogni dimensione?

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Non lo so… le forzature sono tutte funzionali alla storia che nel suo complemento è anche carina, e dove sostanzialmente risulta, come sempre, che la nostra sopravvivenza è legata soprattutto, più alle leggi dell’amore che della fisica; e che l’energia dell’universo è proprio legata a questo amore, nonostante tanta violenza, nonostante tanto odio… Sarà, perché a livello intuitivo percepiamo le stesse forze generate da noi stessi, le stesse voci che ci parlano attraverso le dimensioni della vita. Nel film si parla proprio di esseri a tre, quattro e cinque dimensioni, e forse è questa la parte interessante svelata dagli interpreti: corpo e spirito in perfetta comunione dentro a dimensioni impossibili da capire per il nostro modo di essere noi stessi, movimenti generati dall’interconnessione con le nostre molteplici esistenze parallele, oltre lo spazio e oltre il tempo, fuori e dentro di noi, insieme ad una delle tante, tantissime nascite e rinascite, continuamente.

interstellar 6E allora, cosa rimane di noi alla fine? Soltanto due ore e mezza chiusi in un cinema a meditare sopra una storia in cui si partecipa intensamente? O dove ci si chiede perché le risposte alle nostre domande devono e rimarranno nascoste? O perché siamo ancora troppo piccoli per generare una soluzione convincente, come nel film, solamente con un’equazione? Ma sarà tutto così semplice? Bene… io rimarrò eternamente insoddisfatto, come quell’astronauta (sempre nel film in questione) il quale, dovendo attendere sulla navicella-madre i suoi due compagni atterrati sul pianeta che, per la distorsione spazio-temporale, dovevano risolvere tutto in pochi minuti (mentre sull’astronave diventavano giorni); ebbene, per un imprevisto che li ha tenuti sul posto qualche ora, ritornati alla base e sapendo del problema, furono messi al corrente che per lui (l’astronauta di cui sopra) erano passati ben ventitré anni. Si, avete capito: ventitré anni mentre per gli altri erano passate solo poche ore… E cosa avrà fatto in tutto quel tempo di attesa? Meditato forse sui quesiti irrisolti della nostra filosofia tipo: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo? Non lo so… io penso che guardando fuori dal finestrino di “vaffa” ne abbia tirati fuori parecchi, altro che salvezza dell’umanità. In fondo, perché non ci accontentiamo del nostro concetto di tempo? Perché non incominciamo a risolvere le nostre più banali e complicate storie di ogni giorno? Non lo so e non voglio saperlo… oggi cercherò di risolvere dei semplici quesiti che, pur essendo un appassionato di storie vicine alla fisica quantistica, mi faranno allontanare dalla fiction per una realtà a una sola dimensione: quella quotidiana, altro che viaggi tra le stelle.
Un momento, solo per oggi, perché da donami… tutti sulla luna !!!

il Barman del club

interstellar 2immagini tratte dal film

6 Comments on “INTERSTELLAR – di Christopher Nolan

  1. Ho visto su tuo consiglio The prestige.
    Gli altri li conoscevo quasi tutti.
    Mi piace leggerti. Mi piace lo visceramento totale ma…il film è lungo a volte incomprensibile nei suoi tecnicismi tanto che mio nipote laureato in fisica quantistica dopo un po sbuffava ma arriva il mio ma certe volte toccherebbe vivere le emozioni Che provocano le immagini come fanno i bambini e in questo senso, come ti avevo detto, tagliato qua e la, pop corn alla mano Interstellar diventa godibile.
    E se poi ha suscitato le tue approfondite argomentazioni mi toccherà rivederlo da adulta ben sapendo che hai ragione.
    Sheranottefondaorepiccolealmexicano

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    • The Prestige mi era piaciuto molto come Memento tra l’altro, e probabilmente l’attesa di questo Interstellar è stata esagerata. D’altronde, quando si cerca di interferire con le leggi della fisica, bisogna avere la consapevolezza di rispettarle, almeno in parte come in questa sceneggiatura che nel complesso risulta lo stesso godevole, però certe forzature potevano essere gestite meglio (miei pareri nulla più). Non importa, va bene anche così…
      Saluti e abbracci e baci !!!

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