album-2014-Lucinda Williams Down Where the Spirit Meets the Bone.preview-small

Quando ci si addentra nella classica tradizione americana dove convergono blues e country, folk e rock, avendo la possibilità di scegliere dentro a un’infinità di proposte, si rischia di perdere delle uscite buone a vantaggio di altre meno interessanti. Per fortuna che prodotti eccellenti come quest’ultimo album (doppio, tra l’altro) della bravissima Lucinda Williams ha avuto una risonanza tale, soprattutto fra gli appassionati, da non lasciarsi dimenticare tanto facilmente. A tutti gli effetti è stato paragonato ad album doppi famosi del passato, e con degno merito aggiungerei io, perché all’interno di queste tracce si genera tutto il mondo di questa interprete straordinaria, come se la carriera di un artista si potesse condensare dentro a 20 intense e malinconiche ballate. 10 per ogni CD, divise solamente per un approccio più acustico per uno, e più elettrico per l’altro, ma poi, in fondo, si possono accomunare tutti e due perché la poesia dei testi è un ponte ideale per tutte le canzoni, le melodie un piacere per l’ascolto, come se la bellezza dell’ottima strumentazione si trasformasse in emozione e in brividi, solamente con un giro di accordi.

Quello che emerge in tutte le esecuzioni è una malinconia di fondo, ma attenzione, non si arriva mai alla tristezza vera e propria e non si percepisce nessun percorso che potrebbe condurre verso un istinto depressivo: è un approccio confessionale e viscerale al tempo stesso, uno sfogo ideale della propria idea di musica, perché non si riesce a stancarsi, nonostante la durata di tutto il lavoro. Le canzoni scivolano via come bersi un bicchiere di un alcolico qualsiasi: puoi gustarlo lentamente o velocemente, annusarne il profumo o lasciarsi cadere dentro il suo gusto fortissimo e dolce, asprigno e vellutato. Poi te lo rigiri fra le mani quasi a non dimenticarlo e chiudi gli occhi, come se le vibrazioni delle chitarre o ritmi del basso e della batteria fossero la tua stessa pelle, viva e libera per provare a sognare, per provare a tuffarti nei tuoi mondi paralleli.
Lucinda dimostra di essere una professionista con le contropalle, in cui, riuscire a concentrare le sue paure e le sue rabbie con così tanta classe, non è roba da tutti i giorni. Inoltre, quando si è accompagnati dai suoi fidi gregari: Greg Leisz  alla chitarre, Davey Faragher al basso e Pete Thomas alla batteria, più altri nomi extralusso, allora, si capisce l’enorme potenzialità e l’aura che circonda questa artista della Louisiana

Fondamentalmente, le strade polverose di questa autrice portano tutte verso un Sud sempre più povero e difficile, dove le storie quotidiane inseguono un presente fatto di lotte per la sopravvivenza, soprattutto personali, rigirate dentro i rimorsi e le risalite di una vita intera. Badate bene, parliamo degli Stai Uniti, ma il sogno americano si rifiuta di parlare quando l’enormità degli spazi si perde nella memoria di una giornata senza futuro. Rimane come sempre la musica, il rock’n’roll eseguito con la disinvoltura di chi ci crede ancora, come se fosse proprio l’ultima speranza per dare qualcosa alla propria terra, perché in fondo, se questa terra ha la proprietà di far incontrare lo spirito con le dura ossa del nostro corpo, tutte le metafore racchiuse in queste storie, si concentrano, per dare una risposta a chi ci crede ancora. Non importa il modo, è l’esecuzione magistrale a fare il resto, bisogna solamente sedersi ad ascoltarle… a basta.

7 Comments on “DOWN WHERE THE SPIRIT MEETS THE BONE – Lucinda Williams

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