Sempre in tema di musica tipicamente americana, gli italianissimi Cheap Wine sono una bellissima conferma del panorama attuale. Inoltre, se dalle Marche sono riusciti ad imporsi, a farsi conoscere e a rimanere continuamente sulla scena senza mai avere delle cadute, è perché la loro bravura è classe di cristallina bellezza e questo loro ultimo album, ne è la splendida conferma, o se vogliamo, la loro definitiva consacrazione. Probabilmente sono e saranno sempre un gruppo di culto, per il loro vagabondare fra locali alternativi e piccoli teatri di periferia, ma le scelte che si sono imposti per rimanere sempre vivi con le loro passioni, sono l’esempio di come la sincerità e la semplicità sono doti appartenenti a chi è veramente grande, se qui per grandezza intendiamo quel rapporto che unisce la bravura di tutta la band, con l’umiltà senza fronzoli, o l’umanità se vogliamo, di questi ragazzi cresciuti per inseguire i loro idoli ed emularli, diventando poi, idoli loro stessi, per il nutrito pubblico che li segue da anni.
Beggar Town è un insieme di canzoni splendide: una più bella dell’altra, infilate come se una collana di perle fosse la sequenza perfetta per immedesimarsi con le melodie profuse; le schitarrate sempre efficaci a tal punto che non si riesce a star fermi con le mani; tutta la strumentazione e la buona alchimia fra la voce e i testi; insomma, una miscela di southern-rock e rhythm and blues quanto basta per sentirsi trascinati nelle terre dove, queste ballate senza fine, fanno parte dell’immaginario della mia generazione. Tra l’altro, lo stile di questi bravissimi ragazzi, consiste nell’essere talmente puliti nelle esecuzioni che, pur quando vogliono trascendere, non raggiungono mai la distorsione pura: esiste invece un equilibrio fra tutti i componenti del gruppo, dove uno non si sovrappone mai all’altro; solo nei finali, la chitarra elettrica di Michele Diamantini prende il sopravvento come degna conclusione e se vogliamo, apoteosi immaginifica per un eventuale coro, o per un alzata di mani gonfiate per applaudire.
Ci sono dischi che vengono comprati quasi d’istinto, o se vogliamo, tanto per fare un’accoppiata un altro acquisto ritenuto più importante: una spalla degna di essere tale, così, per non ritornare a casa con solo prodotto che magari delude e allora si passa alla seconda scelta. E qui mi scuso, perché definire i Cheap Wine una seconda scelta, oltre che riduttivo è sostanzialmente sbagliato, infatti, è successo quello che a livello sensitivo avevo percepito: la prima scelta si è rivelata deludente, mentre questi ragazzi pesaresi si sono imposti sul mio lettore in maniera prorompente, entusiasmante, gioiosi e liberi quanto basta, feroci e romantici in ogni lato, bravi e cattivi per farsi amare ad ogni traccia. Non è casuale che, se un lavoro come “Beggar Town”, non se ne vuole andare e si ascolta a ripetizione senza perdere mordente, anzi, continua a crescere a dismisura ascolto dopo ascolto, allora, definirlo capolavoro non è per niente un’espressione esagerata.
Il basso di Alessandro Grazioli, la batteria di Alan Giannini, le tastiere di Alessio Raffaelli (mai in primo piano come ora), la voce del front-man Marco Diamantini con i suoi testi abrasivi ed efficaci, sempre in tema con la nostra realtà che ci circonda, e infine la chitarra di Michele Diamantini che giganteggia prorompente diventando una tempesta elettrica scaricata su di noi; sono la perfetta simbiosi di chi non si è messo insieme per caso, ma continua a rivendicare il loro essere vagabondi per divertimento: vivere quanto basta per vivere e gioire con se stessi. Non è casuale se dal loro sito leggiamo che Beggar Town lo ritengono un disco ambizioso, scorbutico, anarchico e ribelle, che non tiene conto di nulla, se non della loro anima e dei loro cuori. Ed è proprio così… ti entra nel cuore e non se ne vuole andare, ma seguirà la nostra vita, la loro vita magari sempre in equilibrio fra una birra e il doversi inventare una nuova giornata: un viaggio infinito che li trasforma oltre che bohémien, a piccoli, grandi uomini… grandi, immensamente grandi. E’ rock’n’roll… grande rock’n’roll !!!
Una visita veloce. Ho spostato il blog e sto cercando di recuperare i contatti a cui tenevo. Ripasso con calma.
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il bar è sempre aperto… a tutte le ore. A volte il barman dorme, o è ubriaco, o lavora dannatamente, o si ferma ad ascoltare i suoi clienti. Ma fisicamente o moralmente è sempre presente e ogni volta offre il suo prodotto migliore: perché qui, si beve di tutto (come ho già sottolineato) servitevi !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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In effetti al bar mi sento a casa. E poi c’è la musica. Ogni volta roba nuova, almeno per me…
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Un bel ritmo….coinvolgente! 🙂
ciao Antonio
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ciao ragazza !
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Wow!
grazie per il ragazza 😀
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