ilnegoziodegliaffetti-giancarlostoccoro

acarya-78

Non mi risolvo alla partenza
ancora interrogo il tuo gesto
così veloce nel mettere ordine
alle cose scopro parentesi
nella guida forzata del calendario

Mutando i giorni senza pace
non resta che piegarsi al tempo
muovere incessantemente la bocca
come fanno i pesci che non hanno
mai parlato fuori dall’acquario

Proprio venerdì sera, 16 gennaio, al Gruppo Letterario Àcàrya di Como, è stato presentato il libro di poesie “Il negozio degli affetti” di Giancarlo Stoccoro, edizioni “Gattomerlino / Superstripers”
Giancarlo Stoccoro è uno psichiatra che sta proponendo, oltre al suo normale lavoro in ospedale, una terapia chiamata Social Dreaming ovvero: “sognare sociale o sognare insieme”, una condivisione collettiva dei propri sogni scaturita dalla visione di un film, e poi discussi insieme. Chiaramente, le interconnessioni fra le proiezioni personali e i rapporti con le altre persone che hanno condiviso questa esperienza, apre nella mente dei partecipanti tutta una serie di ricordi, i quali, non devono essere interpretati necessariamente alla maniera freudiana, anzi, al contrario, entrano in antitesi con questa teoria del secolo scorso e la superano quasi ad emarginarla, perché annulla il classico rapporto medico/paziente, sempre legato alle interpretazioni personali del professionista, per quanto capace. Oltremodo instaura una sinergia collettiva (o sociale, come dice la parola stessa) già collaudata nelle sedute di gruppo, ma che non era mai stata sperimentata in seguito alla visione di una storia, cinematografata in questo caso, e coinvolgendo i fruitori in maniera totale. E’ chiaro che noi, ultimamente, siamo coinvolti dalla multimedialità; siamo grandi appassionati di film; siamo curiosi di come le storie vengano trasportate sul grande schermo e poi ne parliamo con gli amici, sul web, nei luoghi di scambio culturale. Ecco che se la passione diventa, un’infusione dentro la nostra mente, anche quella più oscura e la si discute insieme, le percezioni diverranno e si apriranno a più livelli, fino ai nostri ricordi estremi, se non addirittura ai ricordi di altre vite, passate o future non importa, ma inevitabilmente interconnessi, o interconnesse con le esperienze di altri, e magari, sempre legati a noi, in un interminabile circuito che ci accomuna e che ci vede partecipi della nostra evoluzione. Il tutto riepilogato in un saggio che il nostro autore ha pubblicato in un libro intitolato: “Gli occhi del sogno” (Fioriti Editore).

I sogni cercano appartenenze
e devono errare a lungo prima che qualcuno
accogliendoli
possa dar loro voce
Non basta: la parola da sola soffoca al primo sguardo
bisogna che il riconoscimento sia reciproco
che la risonanza abbia spazi ampi
rarefatti
Forse si tratta di richieste eccessive
e per questo sogniamo raramente
quasi mai ne facciamo dono

Questa premessa era necessaria per inquadrare tutti retroscena della poesia di Giancarlo Stoccoro, perché è naturale che la sua professione trasmetta all’interno delle parole tutta un’ipotesi legata ai rapporti di un ipotetico dialogo fra terapeuta e partecipanti e alle esperienze derivate, ma oltremodo si va al di là, perché tutto il vissuto personale e sentimentale dell’autore si miscela e si condivide con il lettore, come se il risultato di una diagnosi sia una porta aperta verso un altro mondo, e in questo mondo, possa ricostruire le personalità di ognuno. Chiaramente la poesia è già un mondo a parte, o un universo se vogliamo scegliere una metafora più estrema, e proprio per questo diventa lo specchio di tutte le nostre proiezioni, o meglio ancora, lo schermo dove in una sorta di rewind possiamo rivedere, correggere, modificare o addirittura, trasfigurare, tutte le nostre emozioni. Ecco che le sue parole, scelte nelle varie illuminazioni di una giornata qualunque, si fanno carico dello zaino appoggiato sopra le nostre spalle e in una sorta di inventario, una per una, diventano un riassunto dove riconoscersi. “Il vero viaggio, è il viaggio di ritorno”, diceva Ursula Le Guin, e proprio per questo, tirare un resoconto del nostro “io” anche in una forma lirica, diventa fondamentale per rivedersi, anche come protagonisti involontari, nelle sequenze di un sequel senza fine, capaci di riavvolgere il nastro e correggere gli errori.

Non tutti i luoghi sanno partire
si legano al mondo
alle sue pazzie inconsuete
non sono querce dalle profonde radici
col fusto che spacca il cielo
e guarda lontano
si fermano in superficie
accolgono il passaggio dei carri in transito
le interminabili processioni dei corpi
con le anime già in volo

E’ anche giusto sottolineare che Giancarlo lo conosco da oltre trent’anni, in cui, insieme a Lorenza Auguadra e Mauro Fogliaresi, ponemmo le basi per una condivisione del mondo poetico della nostra città che ha dato i suoi frutti, anche lusinghieri. Poi ognuno ha preso la sua strada: ognuno di noi ha scelto il suo viaggio, ma al ritorno, tutto si è configurato come avevamo previsto, e il raccolto non si è fatto attendere. Dico questo perché anche allora le basi della poesia dello Stoccoro erano le stesse, basate sui versi che si potevano scindere e declamare a più vari livelli, come se ogni frase del discorso rinchiudesse un significato a sé, ma irrimediabilmente legata al pensiero dell’autore, tenacemente attaccato alla costruzione delle sue poche righe: poche ripeto, ma essenziali per il velocissimo respiro con cui cercavano di interloquire, prima con lui stesso, e poi con noi che cercavamo un codice per accedere anche in silenzio, alle sue visioni…

…perché i passaggi soprattutto quando sono netti
si portano dietro l’odore dei confini

Non lasciano solchi non seguono impronte e neppure
trovano il tempo per assaggiare qualcosa
eppure piegano le ombre a volte le trasformano in sassi
sempre lasciano disarmati gli sguardi

Ora, detto questo, si potrebbe anche disquisire sul titolo della silloge, quel negozio degli affetti in cui, lo scambio simbolico fra chi da e chi riceve, diventa veramente un luogo, o un non-luogo, (dipende dai punti di vista), dove la ricerca dell’attenzione non è una compravendita dei sentimenti, ma al contrario è confronto, abbandono, spiegazione, coinvolgimento, genesi e apocalisse al tempo stesso, come se l’epica pur minima dei nostri gesti si concentrasse dentro a uno spazio ultimo ma necessario per comprendere l’idea di un pensiero. Non importa se decantato da un uomo solo, perché usciti da questo ambiente, tutto rientra come prima. Però, si è acquistato qualcosa di nuovo, qualcosa che ci apparteneva e che l’autore ce lo ha regalato senza necessariamente esigere un compenso, anzi, ce lo dona, simbolicamente, come se la parola fosse una verità essenziale, importante per un dialogo ulteriore.

Tu forse non lo sai ancora
la parola brucia tutto
solleva i binari
leva l’ancora
slacciale scarpe
alle esistenze in transito

Tra l’altro, se consideriamo l’essenzialità di un titolo che è parte del discorso complessivo, si coglie l’esigenza di creare un discorso narrativo, lirica dopo lirica, come se un racconto in versi fosse veramente il resoconto di un viaggio, interiore o lontano non importa, perché alla fine confluisce tutto in un vortice espressivo concentrato nella sua sintesi, e proprio in essa si eleva simbolicamente. Ogni poesia assorbe il suo stesso titolo come un incipit da cui partire, perché l’autore non vuole identificarsi in una sostanziale affermazione, addirittura la vuole superare, come se la pagina bianca diventasse a sua volta luogo o non-luogo dove sostare, apparentemente. E’ un po’ come quello che succede con i sogni del dormiveglia, tanto per tornare al discorso iniziale, tanto per convergere con quello che scaturisce dopo la visione di un film: così, immediatamente, scrivendo tutto, appuntando e registrando, saranno poi altri a completare e dare un senso compiuto alla trama, all’immaginazione.

pellicolaScendiamo lentamente verso le cose mute
così mi aggrappo alla tua distanza – uno spazio incolmabile
che mi offre l’illusione
di non muovermi più

***

Amo la gente che non sente
il bisogno di confermare
il proprio destino
i prati che tardano ad arrivare
sotto le macerie della guerra
i paesaggi silenziosi che assolvono
le ombre senza inseguirle nottetempo

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Giancarlo Stoccoro si riconosce debitore  del celeberrimo Libro dell’ES dello psicanalista selvaggio Georg Groddeck, di cui ha curato la traduzione italiana della biografia: “Georg Goddeck, una vita”, di W. Martynkewicz (il Saggiatore, Milano), a cui tutto si ricongiunge, anche se indirettamente, perché la poesia, anzi, “le parole della poesia”, come dice l’autore, “abitano il corpo, non stanno mai troppo a lungo sulla pagina; scendono in strada fulminee. Bighellonando un po’ sembrano passare di soglia in soglia e già si trovano oltre confine (…) Mettendole a fuoco, si sgranano, per tornare a farsi carne nella ruga di un volto conosciuto (…) La poesia non chiede ospitalità, la offre da sé. Anche quando sembra arrivare da lontano, smarrita e confusa, scalza e affamata, è lei che nutre e lava, mette le toppe al mondo, cuce le ferite e risana”.
Come vedete, ritorniamo sempre al concetto di cura, o terapia se volete, perché se la poesia può diventare un rito collettivo com’è successo l’altra sera nella sede del Gruppo Àcàrya, allora, può essere veramente parte di quella società che la rifiuta come prodotto marginale, ma estremamente necessario per vivere un momento di quiete, una quiete che provoca un’emozione, momentanea ma, credetemi, può bastare…

Mancano le basi per attraversare il mondo
le raccomandazioni della mamma
le guide della Lonely Planet
gli indirizzi degli amici incontrati su Facebook

Importa attendere che la terra giri
e voltandosi dalla tua parte
raggiunga anche te

***

Anni che cominciano a disfarsi
seguono la processione col tuo nome
e occupano molto spazio

Riempiono le strade larghe e le piazze grandi
perché la vita in casa è stretta e non ha memoria
anche se il tempo ha radici lunghissime

Si può bastare… perché se le emozioni che nascono e scompaiono dalle liriche di Giancarlo Stoccoro, che arrivano e ci raggiungono con le radici lunghissime del tempo, si legano alle nostre radici, allora, mettiamoci a sognare insieme e condividiamo la loro gioia, la loro sofferenza, la loro intensa partecipazione. Tutti insieme, tanto per allinearci con la frase conclusiva di Peter Handke che leggiamo nel finale del  libro, la quale dice: ascolta, erano tutte cose mie. E adesso sono nostre.

il Barman del Club

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28 Comments on “IL NEGOZIO DEGLI AFFETTI di Giancarlo Stoccoro

  1. Gran titolo! Pensare che lo stavo liquidando come poesia da cartoleria invece che da libreria. Il negozio inteso come bottega, immaginavo quella poesia fatta di cartoline, auguri, ricette, proverbi e cianfrusaglie varie. L’arte del negoziare negli affetti, che campo di battaglia, l’unico che conta davvero forse. Anche se da quelle che hai postato non si nota questo autore è un aforista mica male! Non di quelli da verità profonde, tipo “senza ombrello ci si bagna”, è capace di darci quelle frasi utili a chiudere annose questioni senza riproporci le intere annose questioni. Scusa per le contorsioni del discorso e un applauso al poeta.

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  2. si percepisce l’assenza di una persona forse un suo caro non so …
    molto bella la tua recensione molto belle le poesie da rileggere assolutamente
    grazie antomio
    buona settimana 🙂

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    • sostanzialmente è l’una e l’altra cosa perché il vissuto personale del poeta si interconnette con le esperienze di altri, magari anche dei suoi pazienti, così da comporre tasselli per una personalità più ampia, più completa. Lo so, non è facile calarsi in questi discorsi complessi, ma alla fine, ognuno deve comporre il proprio pensiero personale e immaginare le parole dentro una sua storia personale e farla propria, solo così è possibile interpretarle…
      Ciao, e buona settimana anche a te !

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  3. dato per ovvio il fatto che se fossi un editore non esiterei ad assumerti in pianta stabile come “Recensore capo”…

    nutro forti perplessità sulla efficacia del sistema elaborato, perfettamente al passo coi tempi nell’era della condivisione totale, il conoscere se stessi specchiandosi negli altri ha una valenza sul fronte della integrazione sociale ma non sulla decodificazione delle proprie emozioni. Sul monitoraggio dei sogni siamo ancora nelle lande delle ipotesi e non è detto che siano strettamente connessi a fattori emotivi.

    tutto ciò che aiuta a star meglio è beneaccetto se non crea percorsi interpretativi sbagliati, esiste una scuola di pensiero che considera “disperse” le emozioni condivise al buio, per buio intendo l’esternarle e condividerle prima ancora di averle messe a fuoco in proprio. Detta in soldoni, la centralina emotiva che ognuno di noi possiede emette messaggi in codici destinati esclusivamente a noi, quanto potrà mai essere utili decriptarli a livello collettivo???

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  4. io penso che, proprio perché si lavora in un campo (direi inesplorato no, perché è da millenni che ci cerca di trovare una chiave per capire i nostri sogni) dalle possibilità enormi, la condivisione collettiva innesca un meccanismo legato al ricordo, se non addirittura al confronto. Se a questo aggiungiamo anche l’aspetto ludico di una partecipazione di gruppo, allora, è anche probabile che lo scopo terapeutico abbia una valenza maggiore, perché maggiore è la risultanza della decodificazione ma, andiamo anche oltre, nel senso che poi non è così importante dare a tutto questo un senso. Mi spiego meglio. Se un film innesca nell’eventuale fruitore tutta una serie di meccanismi che poi si rivelano anche nei sogni e poi si discutono insieme, è anche probabile che le pareti labirintiche della nostra psiche diventino trasparenti proprio abbattendo quelle difese che si alzano a difesa di un nostro “io”, involontariamente certo, ma sempre chiuse per una nostro buio istinto, allora perché non possiamo vincerle giocando, anche con un mezzo dei nostri tempi? Il lavoro di gruppo da sempre risultati maggiori del lavoro di un singolo… In quanto alla tua affermazione che il rapporto sogni-emozioni non abbiamo delle connessioni fra di loro, io penso che sia proprio il contrario. Poi è serto, bisognerebbe a questo punto sentire il parere dell’esperto in questione, anche perché essendo una terapia sperimentale, dovremmo capire quali sono stati gli esiti positivi delle sue programmazioni…

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    • non vorrei fare la parte del saccente, non è nel mio stile, siccome ho anche una laurea in psicologia mi permetto di esprimere un parere, senza pretendere che venga preso per oro colato. La psicologia è l’unico ambito in cui scarseggiano le certezze e abbondano le incertezze. Non è scientificamente dimostrato che i sogni siano connessi alle emozioni, lo si suppone, forse a ragione ma non vi è certezza. In America, patria delle sperimentazioni di gruppo, si sono ottenuti risultati apprezzabili ma è difficile ipotizzare che qui da noi si possa fare altrettanto, è una questione di radici e modus pensandi. mi domando quanto possa essere utile collettivizzare la propria esistenza, il proprio io, ho idee precise in merito ma non mi pare il caso di aprire nuovi fronti, magari ne parleremo in altre occasioni.

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      • non voglio mettere in discussione studi e lauree, ma perché non si può cambiare una radice o un modus-operandi ? Non c’è certezza ? allora per questo non bisogna fare nessuna sperimentazione? Sperimentazione, tra l’altro fatta senza nessuna tecnica invasiva ? Una cosa è certa, il nostro è un paese di individualisti, quasi a dire che qualsiasi collettivizzazione fa paura: dalla politica al bene comune, infatti le cose fanno schifo. Se poi arriviamo a condividere le proprie esistenze, apriti cielo ! Ma perché, mi domando io… perché non capire che gli abissi del nostro “io”, potrebbero essere un panorama da guardare e non un mostro da cui nascondersi, soprattutto insieme. Se poi tutto questo viene aperto dalla visione di un film, quasi fosse un cineforum, perché non provarci ? Anche divertendoci ? Poi è chiaro, dal divertimento alla terapia il passo è un po’ più lungo, e il tutto va selezionato con cura, ma è sempre così con qualsiasi apertura nuova: ci sono sempre i conservatori e gli innovatori. La psicologia è l’unico ambito in cui scarseggiano le certezze e abbondano le incertezze ? E allora perché non provarci ? Come sempre sarà il tempo a dirlo per superare il background culturale che solitamente separa una cosa nuova da una vecchia, come la poesia e la sua eventuale innovazione, sempre divisa fra i nostalgici e gli sperimentatori.

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  5. Il Social Dreaming di Gordon Lawrence è una tecnica di derivazione psicoanalitica che esplora i sogni da un punto di vista sociale e non individuale; applicata in vari contesti a scopo non terapeutico ha attivato il pensiero collettivo e creativo e, aiutando a comprendere il contesto sociale, ha posto le fondamenta per una reale esperienza della tolleranza per i partecipanti.
    Va differenziata dalla terapia di gruppo che ha un setting differente, ma si può senz’altro dire che laddove è stata sperimentata dal sottoscritto, ha indirettamente manifestato valenze terapeutiche. Questo può essere un invito a partecipare a uno dei prossimi incontri.

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  6. temo stia nascendo un malinteso, ho semplicemente espresso alcune perplessità sulla efficacia terapeutica della cosa e mi sono permesso di precisare che non vi è certezza scientifica sulla connessione sogni/emozioni, non capisco il tuo “apriti cielo”. Non mi pare il caso di allargare la piacevole discussione a elementi che non ho citato. La terapia di gruppo funziona negli States (anche qui ci sarebbe discutere, visto il target), tuttavia non è sempre vincente importare certe metodologie per questioni culturali, storiche, identitarie e per differenti problematiche sociali. Le sperimentazioni, se non hanno acclarate controindicazioni, le accolgo sempre con favore. Mi corre l’obbligo di chiarire… quella in psicologia è una laurea vezzo, postuma, mi è servita per maturare una importantissima esperienza biennale in ambiti di volontariato, contesto di un certa rilevanza in cui si procedeva su binari paralleli, individuali e di gruppo. La psicologia è una passione che ancora oggi coltivo e studio con massimo interesse ma esercito un’altra professione, professione che mi consente comunque di ottimizzare le mie conoscenze in materia. Ribadisco un concetto chiave, le sperimentazioni le accolgo sempre con piacere e interesse, l’importante è che non abbiano effetti dannosi, questo significa che non ho niente da opinare oltre ai dubbi espressi.

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    • ma figurati, nessuna controversia, anzi… la discussione e comunque piacevole, perché non c’è nessun “cielo da aprire”, non so neanche volare; sono le parole che hanno le ali, proprio per questo rimaniamo sul tema della poesia, che poi era il vero tema del post, almeno in quel campo si può decollare e planare a piacimento.

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  7. Non saprei, Barman. Nella mia percezione è senz’altro vero che non abbiamo una mentalità collettivistica per quanto riguarda tirar fuori soldi ed energie per il bene comune (perché stupidamente si pensa che se è di tutti allora non è “mio” e si ha sempre paura che ci stanno fregando e in effetti poi finisce proprio così, ti fregano per paura di essere fregati, ecc.) ma nel personale la vedo diversamente, a me sembra che la gente si racconti senza tante remore -certo conosco persone che manco mi dicono che lavoro fanno, però non sono maggioranza.
    Chiaro, non è che vado in posta e raccolgo fantasie sado-maso (peccato però) ma ne sento tante. Quindi nessun “apriti cielo” quanto un “apriti cuore”. La mente resta spesso chiusa, in entrambi i sensi e per un voyeur dell’animo come me vuol dire restare a bocca asciutta e vabbè resterò sulla poesia. Ciao.

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    • Non posso aggiungere nulla.
      Sono stata per vari anni in analisi e un punto importante era la registrazione dei sogni fossero anche flashes.
      Credo che lo scambio possa aiutare a nn sentirsi soli, ma nn aiuti individualmente nella percezione unica che ognuno ha del suo ‘disagio ~dolore’. Non lo pensava neppure Franco Basaglia.
      Posso trasferirmi a Como😌
      Sherachapeauallartistallasuasensibilita

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    • Jean-Luc Godard diceva che la televisione crea l’oblio, mentre il cinema ha sempre creato dei ricordi, proprio per questo penso che sia un’esperienza da provare. Se poi aggiungiamo anche la poesia, che ripeto, era il vero tema del post, allora rientriamo nella percezione delle emozioni più intense. E’ chiaro che in una realtà dove domina l’immagine, un bel film avrà sempre il sopravvento sulla parola scritta, di conseguenza farle andare di pari passo la ritengo una cosa intelligente. Poi tutto è a livello intuitivo, e ognuno ne può trarre il beneficio voluto o al meglio, scegliere l’una o tutte le cose insieme. Ma sarà sempre così, c’è a chi piace ricordare e chi no, anche se la risposta è sempre legata al beneficio del ricordo stesso.
      W la poesia allora !

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  8. Per chi fosse interessato a sperimentare il Social Dreaming associato al cinema, segnalo il prossimo incontro che terrò a Paullo presso la biblioteca comunale lunedì 2 febbraio dalle 14 alle16 e 30. È consigliata la visione preliminare del film di Mario Balsamo NOI NON SIAMO COME JAMES BOND. L’incontro è aperto a tutti e gratuito. Per ulteriori informazioni, è possibile visitare la mia pagina Facebook.
    Un saluto a tutti i sognatori

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    • CIAK SI SOGNA ! si intitola lo spettacolo, chiamiamolo così, o meglio l’esperienza.
      Scendere a Roma ? non è detto, visto che il libro di poesie è stato pubblicato per un editore romano, e visto che l’autore sta portando in giro questa nuova tecnica, potrebbe venire anche a Roma, ne sarebbe molto felice, bisognerebbe solo organizzare, gliene parlerò… e non è uno scherzo.

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  9. Ci sono posti molto carini e non da ultimo anche la Libreria delle donne che perfortuna siamo riuscite con grande impegno a non fare sfrattare.

    Oggi parlavo a pranzo con mio fratello della somiglianza delle due bimbe.

    Volevo dirti che ogni 3 x2 WP mi informa che sei un nuovo follower. Boh?

    sherabrrrrrrfreddolino

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  10. Segnalo una nuova lettura delle mie poesie in occasione della presentazione de Il negozio degli affetti giovedì 5 febbraio alle 16 e 30 all’UTE Volta in via Palestro 17 a Como.
    Vi aspetto.

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