sacha naspini-ciò che dio unisce

Mi piacciono sempre quegli editori alternativi come questo Piano B per esempio, che hanno il coraggio di pubblicare romanzi diversi dal solito cliché modaiolo. Ciò che Dio unisce di Sacha Naspini infatti, è un libro diverso, non tanto perché parla di un matrimonio, anzi della prima notte degli sposi, in maniera grottesca, ma perché riesce a entrare in maniera originale: a tratti con il gusto del divertimento, e a tratti con un ironia devastante, in quelli che sono, non tanto i rapporti di coppia, ma i difetti in cui la coppia irrimediabilmente non riesce a superare, le caratteristiche opposte nella maniera di vedere anche un piccolo dettaglio, sia da parte femminile che maschile, e nell’impossibile raggiungimento di un equilibrio che la differenza dei sessi, non riuscirà mai a coniugare, o perlomeno a capire. Se poi a tutto questo aggiungiamo degli amici burloni in vena di piccole vendette e invidie altrettanto piccole, allora, il gioco è fatto… e mi dispiace ma, non avrete scampo.

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La vicenda si svolge in una Follonica lontana dagli itinerari turistici conosciuti, e i protagonisti, o per meglio dire: gli sposini, si chiamano Michele e Marta, convolati a nozze. Lui è figlio di un palazzinaro arricchitosi negli anni del boom economico; lei invece è di famiglia più modesta: madre casalinga e padre operaio, con la schiena corrosa negli altoforni della vicina acciaieria. Michele, sostanzialmente è il rampollo rampante della famiglia il quale, nonostante un’adolescenza irrequieta, ha ormai preso una parte del timone dello studio del padre, mentre Marta, conosciuta proprio mentre faceva la stagista, ha la passione del canto, infatti, milita come vocalist in una rock-band di media caratura. Già queste differenze potrebbero far supporre qualche dubbio sulla tenuta del loro legame, però, si sa, all’amore non si comanda e si decide, nonostante che il trend degli ultimi anni vada dalla parte opposta, di fare una cerimonia in pompa magna come una volta: la chiesa, il pranzo fastoso, gli invitati… tanti invitati e poi, una luna di miele arrapante con un viaggio intorno al mondo; senza contare la faraonica villa voluta, come “piccolo” nido per il loro futuro, da lui, e arredata da lei (con la carta di credito dello sposo).
Le fasi del libro sono viste tutte in soggettiva, e ogni capitolo vede, prima, una tale situazione interpretata con gli occhi del maschio, e quello successivo con gli occhi della femmina; permettendo così di aprire degli scenari completamente differenti sulla visualizzazione di un qualsiasi risvolto, anche banale. Chiaramente questa tecnica non è nuova, però permette di insinuarsi in tutta questa trama con una narrazione intelligente: divertita e divertente nonostante il retrogusto terribilmente reale, per non dire drammatico, e lascia l’eventuale lettore con la curiosità di verificare subito dopo le reazioni dell’uno o dell’altro, inscenando fra Michele e Marta, prima un risvolto d’attesa diverso, e poi, una competizione maniacale insita nelle differenze dei due.

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Ciò che Dio unisce parte proprio con l’attesa dello sposo in chiesa prima dell’arrivo di lei, dove, prima di una retrospettiva analitica, critica e forse nostalgica da parte di Michele sulla sua vita passata e le gozzovigliate fatte con gli amici, con tutti i pensieri che lo turbano e nello stesso tempo lo affascinano, sembra chiedersi, se questa sarà proprio una linea di confine che dovrà lasciarsi alle spalle. Mentre con il capitolo successivo, leggiamo le differenti ansie, i sogni e le manie della sposa prima della sua entrata trionfale; anche lei con il suo bagaglio d’esistenza sulle spalle, dall’adolescenza fino a quel momento: i ricordi, la gioventù, i primi amori, come ha cominciato a cantare nella band ecc. ecc. Il tutto sempre visto con un ironia tagliente e terribilmente reale, senza compromessi, perché i veri compromessi sono arrivati dopo, anche inconsapevolmente. Poi, con un salto temporale, si passa direttamente alla fine del pranzo, quando, mentre tutti alla spicciolata se ne vanno con i loro cori e le loro battute da idioti, finalmente, i due angeli uniti  “fin che morte non li separi”, rimasti soli, possono raggiungere l’enorme alcova dove trascorrere la prima notte di matrimonio. E qui arriva il bello, perché gli amici di lui hanno preparato tutta una serie di scherzi, prima goderecci, poi, via via, come un’ossessiva caccia al tesoro, sempre più cattivi, fino a diventare veramente pesanti, al punto da mettere in crisi la coppia e tutte le loro certezze, smontandole mi maniera accanita, in cui, dubbi, gelosie, contrapposizioni e interpretazioni varie, diventeranno muri invalicabili.  Il punto è che una volta crollato il castello fatto di carte cosa rimane da cercare nelle loro macerie?  La domanda è difficile, perché una volta arrivati al primo finale, si rimane con l’amaro in bocca, non tanto perché si vorrebbe una conclusione a lieto fine o un epilogo pulp, ma perché il gioco del destino ha riservato un qualcosa che nessuno si aspettava, come se improvvisamente fossimo, noi lettori, diventati tifosi di una delle due parti, sia per quello che ci è stato raccontato prima e per quello che avremmo voluto vedere poi, quasi a parteggiare inconsapevolmente per uno o per l’altra, senza sapere perché, o perlomeno, dopo tanto accanimento, mettiamoci pure la sfiga, le storie, i pompini (si perché non ci viene nascosto niente) e anche le scopate (scusate il termine), qualcosa almeno avremmo voluto che rimanesse, come un sollievo, come un risarcimento, come una risposta alla classica domanda: cos’è l’amore? Esiste l’amore?

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Il secondo finale è il punto di vista degli amici, anzi, di un amico in particolare, il quale, confeziona insieme agli altri quella che doveva essere una goliardata, o se vogliamo, un arrivederci scherzoso tanto per lasciare un segno a quel confine che si è superato prima di una vita diversa fra la giovinezza e la maturità. Però, si sa, il destino è sempre dietro l’angolo, e le reazioni inaspettate non sempre vengono interpretate nella giusta direzione, o come si vorrebbero. Come a dire: basta poco per trasformare una commedia in una tragedia, soprattutto se gli inconsapevoli protagonisti sono due persone impegnate in una promessa eterna, innamorate, pronte a partire per un viaggio da sogno. E allora cosa rimane alla fine? rimangono solo domande, tante domande, mentre qualcuno sospirando ripensa: beati loro!

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Questo romanzo di Sacha Naspini, lo si potrebbe accostare a Chesil Beach di Ian McEwan – ma, se nel libro dello scrittore inglese la coppia di sposi arriva alla prima notte di nozze in una situazione di completa verginità dei due, con il loro bagaglio di tabù e sensi di colpa relativi alla società frequentata fino allora (siamo agli inizi dei ’60) e dal retroterra familiare del tempo, fino a trasformare una ipotetica bellezza, in un’esperienza devastante proprio alla vigilia della liberazione sessuale il libro dello scrittore italiano invece è figlio dei nostri tempi, e riesce a viaggiare emotivamente in maniera divertita e divertente senza essere banale, perché  quella linea di confine (si… sempre quella) non è soltanto un qualcosa che trasforma un individuo, o meglio ancora, una coppia in senso lato, nel passaggio basilare da figli a genitori, o meglio ancora, da mantenuti a doversi ora rimboccare le maniche, ma perché si fa in fretta a passare dalle risate al pianto, dall’ironia alla durezza, dalla fiaba alla realtà, dalla poesia all’orrore. Eppure, è soltanto una linea immaginaria a dividere due vite… due persone.

sposi 3Cosa volete che vi dica… la domanda ruota tutta intorno, non tanto al concetto di matrimonio, ma all’essenza stessa dell’unione di due persone completamente diverse, tanto a rinverdire il detto che gli opposti s’incontreranno sempre. Ma è proprio vero? O è un’autentica cazzata?
Ciò che Dio unisce non vuole essere una critica o una retrospettiva sulle conseguenze di un matrimonio, perché ormai di letteratura sul tema ne abbiamo fin sopra ai capelli; vuole soltanto insinuarsi nelle differenze che separeranno sempre l’uomo dalla donna, tanto che mi piacerebbe chiedere all’autore se per le parti femminili, seguendo il racconto di Marta, non si sia fatto aiutare da una donna, tanto sono descritte particolarmente bene, calandosi perfettamente nella parte. Insomma, se siamo così diversi, perché ci cerchiamo senza remissione? Per il sesso? Per l’istinto di sopravvivenza? Perché crediamo veramente nell’amore? Per non essere soli? Perché vogliamo veramente dei figli? Ma saremo poi capaci di crescerli? Cosa volete che vi dica, diffidate sempre di tutto e… ancor di più degli amici (come dice la quarta di copertina), soprattutto quando inizieranno a intonare il solito coretto cretino: bacio! bacio!! bacio!!! bacio!!!! bacio!!!!!

il Barman del Club

15 Comments on “CIO’ CHE DIO UNISCE di Sacha Naspini

  1. questo libro è da leggere tanta è la voglia di ridere che ho questo momento …e poi sarebbe da regalare…
    ho già in mente due coppie di amici :D:D:D

    ma dove lo hai scovato?

    Buona domenica
    ciao
    .marta

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    • 🙂 😀 allora sei cattiva… proprio a una coppia di sposi !!! Ma si, in fondo, cosa c’è di meglio che una terapia d’urto !!??
      Dove l’ho scovato? Cosa vuoi farci… Quando entro in libreria, sembro un cercatore d’oro; sempre a ribaltare scaffali fino a trovare il tesoro misterioso, di cui nessuno parla, almeno riferendosi ai grossi media, e quando scavando e setacciando appare una pepita, così almeno credo, mi sembra di esser arrivato nell’isola misteriosa, sempre seguendo l’istinto, in cui, ogni tanto sbaglio, e ogni tanto ci azzecco…
      Un grosso ciao anche a te !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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  2. Mi hai assolutamente incuriosito, forse perché ultimamente mi interrogo molto sull’amore, forse perché mi interessa in generale la chimica di personaggi in un libro come elementi in un esperimento, dove l’uno corrode l’altro/a… o provoca una reazione deflagrante. Se riesco, lo leggerò sicuramente, se non altro lo metto in lista – ma guarda caso è presente anche il Chesil Beach che citi. In attesa di trovare “Ciò che Dio unisce”, potrei iniziare da quello.

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  3. penso proprio di sì… anche perché il romanzo (breve, tra l’altro) di McEwan è più duro di quest’ultimo, in modo che dopo passando a questo, almeno, qualche sorriso riuscirà a strappartelo!

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