Paul_Kantner_2011

Andando avanti di questo passo rischio di trasformare questo blog in un necrologio continuo, ma come si fa a non parlare della scomparsa di Paul Kantner, fondatore di quel gruppo: i Jefferson Airplane, divenuti a loro modo l’icona di una generazione? Avevo già parlato di loro in un post di qualche anno fa inserito nella serie “musica estiva“, proprio per le loro potenzialità straordinarie, legate forse a quella “estate dell’amore” poi mitizzata come sempre per tramutare un marchio in business. In realtà la grandezza dei Jefferson era legata all’incredibile unione dei componenti: Jack Casady, Jorma Kaukomen, Marty Balin, Spencer Dryden, la splendida Grace Slick e appunto Paul, colui che li aveva messi insieme.

Questo ensemble non ha più avuto uguali nella storia del rock: la potente sezione ritmica, le chitarre, la voce della vocalist, le canzoni che miscelavano melodia e irruenza in maniera trascinate, soprattutto nelle versioni live, lasciavano senza fiato e ti rimanevano dentro senza farsi dimenticare facilmente. Per quelli della mia età legati indissolubilmente alle utopie hippy, sono rimasti dentro come uno di quei momenti indimenticabili in cui tutto era visto con la spensieratezza della gioventù, capitata in quegli anni al posto giusto nel momento giusto, perché, come ha già detto qualcuno, noi ci credevamo e ci crediamo ancora. Come sempre rimane la musica, ed è  questa la risposta più importante: la risposta ai detrattori di un’epoca irripetibile che fa ancora parlare di sé dopo tanti anni.
Un’altra striscia nera d’applicare sulla carlinga degli aeroplani più famosi del mondo: dopo Dryden anche Kantner. Ma se altri resistono ancora, le loro ali continueranno a volare e non si fermeranno mai: fuori e dentro di noi.

24 Comments on “UNA STRISCIA NERA SUGLI AEROPLANI JEFFERSON

  1. Un vecchio ricco hippy di meno. Il grande musicista penso ci avesse già lasciati da tempo.
    Ritieni il mio sarcasmo fuori luogo? Ebbene, la verità è che non ho mai mandato giù il fatto che lui andasse con Grace e io no (e che quando la Slick era la più bella brunetta del rock io ero a scuola a fare le stanghette non cambia nienter!!!)

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  2. Erano gli anni dei grandi gruppi e tutti di una bellezza strepitosa! Vi lascio la brunetta (senza la maiuscola 😒) e mi butto nel mucchio selvaggio ché indietro nel tempo i miei capelli blu notte. ..
    Sherabuonasera

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  3. Eppure oggi sono molto sottovalutati e in un periodo dove si riscopre di tutto e il quarto d’ora di celebrità (anche se postuma) viene concessa anche a molti che dovrebbero invece augurarsi un pietoso oblio mi suona molto strano.

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      • Fa paura pensare che per ottenere certi risultati bisogna impegnarsi. L’estate dell’amore non fa paura se la teniamo cristallizzata in qualche formuletta (la leggenda di Woodstock, lo sconvolgersi, i pantaloni a zampa d’e. e qualche slogan pacifista): è semplice e sicuro per il mercato che ci lucra e per il pubblico che adora le messe cantate.

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  4. Purtroppo, la definizione di “anno bisesto, anno funesto”, sembra sposarsi molto bene a questo inizio di 2016. La nota positiva, perché bisogna pur cercarne anche nei disastri, è la possibilità di leggere i tuoi articoli su geni della musica, talvolta, lasciati ingiustamente nel dimenticatoio.
    Felice inizio di settimana.
    ^____^

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  5. una volta ci si impegnava davvero: Woodstock ormai è un marchio come tutti gli altri e la macchina del business stritola ogni personaggio, positivo e negativo, e niente ritornerà come prima. Tutto subito! Se è questo il nuovo slogan, allora siamo messi molto male

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    • perché tiri in ballo Morrison? qui siamo da tutt’altra parte. I movimenti giovanili sono stati sempre dalla parte dell’innovazione (anche se qualcuno ha detto che pure “i giovani” sono stati ad un certo punto inventati ad oc). La differenza e che allora si battagliava davvero, ora mi sembra di no, o perlomeno, qual’è il messaggio che passa?

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  6. Tutto subito-volere il mondo adesso. Non vedo differenze. Le battaglie? Woodstock nacque come affare, dai.(e anche come imbuto dove convogliare la protesta e anche come invito alla droga ecc.)

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  7. ho vissuto di rimbalzo quel fenomeno : essendo nato in quegli anni mi è arrivato dopo. Ma non posso negare di aver apprezzato e amato quella musica e anche il messaggio, si il messaggio, che al di là di connotazioni politiche, commerciali, sociali ha dato “impressione” a quel movimento giovanile che volenti o dolenti ha provato a cambiare il mondo. Non li cambierei con nessuna realtà musicale di oggi (o quasi). Mi dispiace ma a differenza di allora non riesco a scorgere nessun ideale ne tantomeno lo spirito che lo caratterizzava.

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    • Hai sintetizzato il tutto molto bene: allora c’era una realtà in divenire, oggi si vive di riflesso con quello che ci è stato proposto in quegli anni e non si percepisce una spinta evolutiva nuova, soprattutto in campo musicale…
      Un salutone !

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