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Delle uscite discografiche di questo inizio d’anno, una che mi ha colpito in maniera interessante, e che vale la pena parlarne, è questa ristampa dei The Clean: gruppo non molto conosciuto, ma nome di spicco della scena neozelandese, la loro nazione d’origine. Già attivi dagli anni ’80, riuscirono ad imporsi con degli album notevoli e che raggiunsero il loro apice con “Vehicle” nel 1990. Seguirono poi altre uscite discografiche fino al  2009 con ottimo “Mister Pop”, tanto per rimarcare la loro innata propensione nel continuare a credere, oltre alla loro voglia creativa, che non esistono età per vivere la musica.
Gruppo di culto dell’indie-rock, sono riusciti a farsi notare in campo mondiale con un sound particolare, il quale miscela Velvet Underground e Violent Femmes, sporcando il loro rock con una psichelelia orecchiabile intrisa di pop quanto basta per alternare melodie e divagazioni chitarristiche, perché, nati da una matrice post-punk, via via si sono evoluti mantenendosi sempre in equilibrio tra le frizzanti esplosioni della giovinezza, e le ballate più ariose della maturità, sempre colorate di quel tocco garage che non guasta mai.


the-clean

Sostanzialmente questo disco è una ristampa in doppio CD che raccoglie il loro omonimo lavoro del 2001, con l’aggiunta del live “Syd’s Pink Wiring System” e il mini “Slush Fund”. Sicuramente un bel lavoro, anche se a mio avviso ci voleva un accorgimento maggiore nell’assemblare tutto questo materiale, nel senso che un lavoro di sintesi maggiore, avrebbe prodotto un piccolo gioiellino, invece che inserire delle tracce che alla fine hanno soltanto il sapore di abbozzi riempitivi, o di sperimentazioni pronti per diventare solo successivamente delle composizioni vere e proprie. Così, vista la mia voglia maniacale di concepire un prodotto, il quale deve raggiungere un’eccellenza, mi sono fatto la mia compilation personale, o meglio, il mio CD come l’avrei concepito, alternando i brani migliori con i pezzi live più riusciti, e devo dire che il risultato finale mi ha soddisfatto, riuscendo a creare quell’equilibrio giusto fra le parti. Fondamentalmente, quello che mi ha colpito di queste canzoni è stata la freschezza dell’insieme, la semplicità che diventa ritmo, melodia e performance nello stesso tempo, come se degli eterni ragazzini riuscissero a conservare quello spirito primordiale della loro ispirazione, senza sporcarla mai con contaminazioni aliene, ma al contrario, hanno concentrato il tutto nel nucleo principale della loro matrice, e come tale, l’hanno lasciata viva e pulsante.

La bellezza della musica è tutta racchiusa nelle emozioni che produce nel momento in cui, anima e cervello s’incontrano, riuscendo nella fusione spesso mai trovata nelle consuetudini quotidiane, ma che emergono  proprio di fronte a un prodotto artistico, lasciandosi andare, anche nei momenti meno impensati. I The Clean non saranno dei giganti, ma la loro spontaneità colpisce proprio perché riesce a catturare l’attenzione facendo emergere l’emozione, e come tale, la rigenera continuamente dentro a un sound accattivante e minimalista.

I fratelli Hamish e David Kilgour insieme al bassista Robert Scott, dopo aver preso ispirazione per il nome della band da un personaggio del film”Free Ride”: Mr. Clean appunto, sono partiti da Dunedin, nella Nuova Zelanda del sud, non tanto per conquistare il mondo, ma perché la scena musicale di questa città aveva proposto una linea legata a un incedere grezzo e primitivo che, conscia dell’influenza derivata dai Beatles e dalla cultura anglosassone, aveva assimilato la cultura iconoclasta del punk, senza però dimenticare gli echi della (quasi) dirimpettaia California e dei venti che superando l’oceano, portavano sempre sonorità particolari, dal  Jangle Pop al Paisley Underground. Non è casuale che artisti del calibro dei Pavament, Yo La Tengo, Cat Power e altri, hanno sempre dichiarato di aver guardato a quello che verrà chiamato il “Dunedin Sound”, come a un vicino d’oltremare specularmente interessante, per gli spunti espressivi emersi. Ed è proprio da questa terra posta vicino alla fine del mondo, che i The Clean hanno alzato le loro vele spingendole con riff di chitarre e ritmi ossessivi sapientemente misurati, come i timonieri delle imbarcazioni capaci di solcare senza paura tutti i tipi di onde.
Questi ragazzi ormai adulti continuano a navigare fintanto ci saranno bussole e sestanti a dirigere i loro spiriti verso tutti i nord o tutti i sud in cui viva la musica, perché in fondo, anche dove gli oceani sono più bui, i pesci, hanno voglia di ballare.

Proprio per questo vi voglio servire due cocktail adatti all’occasione, che potete scegliere in base ai vostri gusti: il Mai-Tai  o  l’ Old Fashioned

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il primo di ispirazione hawaiana è un composto molto alcolico, ma la presenza del Rum lo rende molto fruttato, nonostante la resa potente e asciutta e viene preparato miscelando in uno shaker con del ghiaccio 3 cl. di Rum chiaro; 1,5 cl. di Orange Curacao, 1,5 cl. di Orzata; 1 cl. di succo di lime fresco. Una volta versato nel bicchiere aggiungere (sempre dopo la shaketata mi raccomando) 3 cl. di Rum scuro e decorare con un rametto di menta e la scorza del lime, e a richiesta anche con una fetta di ananas.

old-fashioned

Il secondo è uno dei più classici che ho già descritto nella pagina delle “categorie-significato”. Molto alcolico, deciso e aromatico, la base di whiskey lo rende adatto ai veri lupi di mare, e il retrogusto profumato al palato, vi farà meditare per i vostri lunghi viaggi dediti all’avventura.

Salute ragazzi

il Barman  del Club

29 Comments on “THE CLEAN – Getaway

  1. old fascion… come i Clean logico.. 🙂 e poi è venerdi mi han detto! (francamente pensavo fosse mercole… ahhh la testolina! ) buon week Barman.. di lavoro! si sa nei fine settimana lavorate il doppio egregi cultori di Cocktail …

    MartiniMojitoSourMargaritaGin tonicWhite RussianTom CollinsSangriaBloody MaryOld FashionedManhattanNegroniB-52CaipirinhaMoscow MuleHighbAppletiniCuba librePiña ColadaLong Island Iced TeaBlack RussianBeer cocktailMint JulepDaiquiriCosmopolitanMimosaEspresso MartiniFrench 75Vodka tonicSpritzZombieCape CodderMartiniWell drinkWhiskey SourGimletSex on the BeachFizzVin bruléTequila SunriseWine cocktailColorado BulldogSea breezePisco sourBelliniThe Last WordJägerbombBlack and TanIncredible HulkFour HorsemenBlue Lagoon…

    &Music! 🙂 😀

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  2. Ok sulla fiducia: sopratutto il primo brano mi sembra molto (anaTEMA ripetitivo. Ho provato a sentirlo tutto. ricominciare e riprendere in verie parti e sembra non averlo mai lasciato.
    sherasarà’gnurantema..

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  3. senz’altrò ascolterò, non conoscendo! Lo stesso vale per il tuo sempre prezioso consiglio per i cocktails e direi il Mai-Tai, più nel mio gusto dalla descrizione 🙂 grazie!

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  4. Inzomma….un pochino ripetitivo il primo pezzo….il secondo contiene qualche nota più “acuta” ma siamo lì…
    Tecnicamente 9 pieno.
    per il resto tra il cinque e sei :))

    per me eh…lo sai che vado ad orecchio e non sempre al massimo!
    cin! cin!

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  5. Come dici tu non sono dei giganti ma non sono neppure dei nani da giardino. Bisogna superare il senso di presa per i fondelli nel senso che: se fai i Velvet o gli Stones o altri non venire a dirmi che è roba tua. Interpretare non è una vergogna e loro sono a bravissimi a farlo -ma davvero- non fino al punto però di cancellare la matrice. Non ho mai fatto a sconti in questo: non ai Led Zep. non ai Doors, a nessuno, non lo faccio neanche a loro. Anche se mi prendono davvero per la gola e non riesco a resistere e dolce mi è naufragar in questi plagi.

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