treno-clelia-mussariFoto di Clelia Mussari

Un sabato mattina

Un sabato mattina quando più tranquille
scorrono le ore davanti a siepi rigenerate
dall’acqua di maggio madre di campanule
la luce esita tra il si e il no, il ristagno e la gloria
due ragazzi giocano a pallamano tra platani antichi
e la commessa della cartoleria con voce pallida
mi dice: “Arrivederci professore”
un sabato senza dolore….

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Foto di Adriano Boscato

Le vetrate di Bissière a Develier

La ferocia degli uomini qui tace.
E in questa luce qualcuno ci attende
qui, dove il cielo sposa alla creta
la sua dolcezza inquieta, piovendo
da questi vetri illuminati dai nostri visi
come non dovesse mai morire. Qui fa più chiaro
tacciono le parole, parla il frumento
la terra  l’acqua  il prato con la malva,
il fuori filtra dentro i nostri cuori
insicuri con le curve dei colli, i ciottoli
tutti i verdi dell’erba mattutina, tutti gli azzurri
degli occhi in questa provvisoria pace.

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Foto di Tuur Tisseghen

Il senzanome

Il senzanome che passa ogni giorno
con le mani dietro la schiena
avrà già fatto tre volte il giro del mondo
se contiamo anche i viaggi di andata e ritorno
della mente, la trasferte alle stazioni
dell’infanzia, le deviazioni
per strada interrotta

ogni giorno mi spinge fino al villaggio vicino
talvolta porta un tronco sulle spalle, un rastrello
una fascina di pensieri, un grimaldello
che apre la porta d’aria degli uccelli
– loro si felici, altodanzanti sulle creste –

va aiutare lo spaccalegna, tira la carretta
suona le campane da morto e d’allegria
ca a comprare le Parisiennes, aspetta il battello
che attraverso la nebbia lo porti via.

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Foto di Daniela Collia

Comparse

Siamo brevi comparse, cicatrici
disperse in un giorno di novembre,
le nostre figure sorelle degli alberi
vivi per un altro momento felice
che nessuno ricorda, siamo freddoline
aduggiate all’ombra della notte.
Solo questo ho da dirvi
l’effimero passaggio sulla ribalta
dov’è facile inciampare, i barlumi
tra un atto e l’altro della recita.

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Foto di Engin Akyurt

Scrivere una poesia

Si, forse è un po’ come ballare il tango
si dev’essere in due, cinger la vita
non fare il passo più lungo della gamba
assecondare l’onda dentro l’ombra
dove pulsa il sangue, fare il casqué
sulla pedana senza cascarsi addosso
inseguire il tuo cuore. Caminito.

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Foto di Massimo Genovesi

Dal treno, 1 settembre

…e ho nostalgia del paesaggio che scompare
mentre l’Intercity corre nella sera
le mele sugli alberi se ne vanno
appena il tempo di riflettersi nel finestrino
gli orologi delle stazioni segnano
l’ora di sempre.

Alberto Nessi

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Foto di Luigi Basilico

L’ultima fatica editoriale del Ticinese Alberto Nessi è “Questo sabato senza dolore” (Interlinea Edizioni), in cui, un continuo viaggio in treno, è la base di partenza per le mete della sua scrittura lirica, dove, prendono corpo i personaggi delle sue micro-storie. Personaggi anonimi i quali, diventando protagonisti di una quotidianità per loro usuale, si aprono a noi nella teatralità di una messinscena semplice, quando importante per la metafora che esprimono. La figura del poeta, visto come un viaggiatore-osservatore in mezzo ai tanti, pronto per ripartire verso l’ennesima trasferta, si esalta nella sua umanità e ci dona tutto il suo “repertorio” di emozioni.
“…M’hai chiamato? E’ già l’ora? Che fretta! / Ripongo la cornetta nella custodia / preparo le valige: vado e saluto / le donne  le foglie  la luce / che ho amato…”

 

 

 

17 Comments on “ALBERTO NESSI – Un sabato senza dolore

  1. Le parole stanno vivendo un momento difficile, soppiantate dall’uso sgrammaticato e insulso che ne viene fatto nei social media (ritratto, purtroppo, del nostro stato sociale attuale). A questo aggiungi che le persone sono portate verso il supporto visivo e sequenziale dei video (tendenza destinata ad aumentare verticalmente, già dal prossimo anno). È perciò merce sempre più rara quella offerta da chi, della parola, ne ha fatto mestiere o comunque passione.
    Felice inizio di settimana.
    🙂

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    • bellissime parole sulla “parola”, non è casuale che se il “grande fratello” è già fra noi e nelle nostre vite, manca solamente la “neo-lingua” di orwelliana memoria per far avverare la distopia che conosciamo. Tocca a noi resistere per evitare l’imbarbarimento del linguaggio, perché parole e immagini possano coesistere insieme come il massimo dell’espressività.
      Buona continuazione anche a te…

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  2. la neo lingua di orwelliana memoria è già tra noi da diversi decenni, detto questo non voglio andare fuori tema, non conoscevo i lavori di Nessi, ora me ne sono fatto un’idea e, a dirti la verità, molto positiva

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