Foto di Tatsuo Suzuki
“…Se dunque la vera Terra possiede nell’universo schiere di
sosia, lo stesso vale ovviamente per tutte le sue possibili
varianti.
Ogni attimo reca infatti con sé nuove diramazioni, deviazioni
alternative. Qualunque sia la nostra scelta, noi non
sfuggiamo al nostro fato. Eppure, nel complesso dell’universo
la fatalità non può far leva, perché l’infinito non
esige alternative ed ha posto per ogni cosa…”
“…In codesto Medioevo
oggi ancora viviamo”
G. de’ D. (1318-1389)
Giovanni de’ Tondi da Padova
per tutta la vita
costruì un orologio.
Un assoluto prototipo, insuperato
per quattrocento anni.
Un meccanismo plurimo, di ruote
ellittiche e dentate,
connesse ad ingranaggio,
e il primo bilanciere;
un’inaudita fabbrica.
Sette quadranti
mostrano la postura dei cieli
e le mute rivoluzioni
d’ogni pianeta.
L’ottavo,
il meno appariscente,
segna l’ora, il giorno, e l’anno:
A.D. 1346
Forgiò di propria mano:
una macchina celeste,
inutile e industre come i Trionfi,
un orologio verbale
che fabbricò Petrarca.
A qual uopo sciupate il tempo vostro
con il mio manoscritto,
se a guado non siete
di rifarlo?
Sorgete e tramontar del sole,
congiunzioni dell’orbita lunare,
Feste mobili.
Unità logico-aritmetica, e al contempo
un’altra volta il cielo.
D’ottone, d’ottone.
Sotto codesto cielo
oggi ancora viviamo.
Foto Piergiorgio Branzi
La gente di Padova
non badava alla data.
Un golpe dopo l’altro,
carri d’appestati sul selciato.
I banchieri
pareggiavano il bilancio.
Scarseggiano i viveri.
L’origine di quella macchina
è problematica.
Un computer analogico.
Un menhir. Un astrarium.
Trionfi del tempo. Sopravanzi.
Inutili e industri
come un poema d’ottone.
Guggenheim non mandava
a Francesco Petrarca l’assegno
a fine mese.
De’ Dondi non aveva contratti
col Pentagono.
Altre belve. Altre
le parole e le ruote. Eppure
il medesimo cielo.
In codesto Medioevo
oggi viviamo.
Foto di Tatsuo Suzuki
U. C. (1887-1963)
I.
E mi recai al mattatoio (ed ero il Direttore dell’Ist. Neurobiol. di Milano)
e vidi i crani dei malati tra le pesanti morse di metallo (e il mio studio in Via Savoia)
e la leva dell’interruttore (e i miei bronzi antichi sullo scrittoio)
e osservai come gli animali crollassero privi di coscienza e s’irrigidissero
(e Prof. di Neuropsichiatria Univ. Bari – Univ. Genova – Univ. Roma)
e come dopo un paio di secondi fossero colti da convulsioni
(e inventore di un detonatore ad accensione ritardata per l’artiglieria)
e pensai di disporre qui
di un materiale estremamente prezioso per i miei esperimenti
(e le mie onorecifence e medaglie d’oro)
e diedi loro delle scariche elettriche nel cranio da diverse parti
(e membro Onor. della Comm. di Biol. e Med. del C. N. R.)
e nel tronco per parecchi minuti
(e candidato al Premio Nobel)
e mi accorsi che raramente gli animali soccombevano quando la corrente
traversava la loro testa
foto Giuliano Ferrari
II
E avvertii i miei assistenti di non lasciarsi sfuggire le persone adatte all’esperimento
(e W il Duce)
e il 15.4.1938 il prefetto di Roma mi fece consegnare un individuo da tenere in osservazione
(e il Fascismo s’è innalzato sopra le spoglie putride della Dea Libertà)
e cito ora dalla sua lettera d’accompagnamento
(e Italiani! Camerati! Legionari!): “S.E. , di professione ingegnere e di anni 39
e fermato alla stazione centrale e sprovvisto di biglietto valido
ed evidentemente non in possesso delle sue piene facoltà mentali
(e inestinguibili ovazioni)
e scelsi questo individuo per il mio primo esperimento umano
III
E gli applicai due elettrodi alle tempie
(e le principali indicazioni sono schizofrenia e paranoia)
e decisi di cominciare con una corrente alternata di 80 volt. e 0,2 secondi
(e alcolismo e tossicodipendenza e depressione e malinconia)
e i suoi muscoli s’irrigidirono…
e poi tacque e non si mosse più
IV
E naturalmente tutto ciò rappresenta per me un notevole peso emotivo
(la tortura non dannosa è una necessità per la medicina mentale)
e conferii con i miei assistenti cerca l’opportunità di una pausa
e l’uomo ci ascoltò e improvvisamente con voce alta e solenne disse:
“Non fatelo un’altra volta. E’ la morte”
(ma il trattamento può essere ripetuto senza scrupolo sino a cinque volte nello spazio di dieci minuti)
e confesso che il coraggio mi venne meno
occorre sempre
tener pronti cinture e legacci per i casi in cui il paziente diventa violento e pericoloso
(manca purtroppo tuttora una giustificazione scientifica dell’elettroshock)
e poi presi animo e gli diedi ancora una scarica di 110 volt.
V
E da allora nei loro reparti isolati con indosso i loro pigiama
si arrampicano sui loro lettini di ferro bianco smaltato
(e non potremo mai dimenticare la sua impresa pionieristica)
e si beccano un’iniezione e se resistono un’altra iniezione
(e il suo contributo al progresso scientifico)
e quattro infermieri gli afferrano mani e piedi
(e il suo ardore creativo)
e gli tappano la bocca con un tubo di gomma e gli calcano le fredde
placche cromate
sulle tempie
(e la sua inoppugnabile sete di sapere)
e nei mattatoi non si odono più mugolio e muggiti e squittii
(e il suo autentico umanesimo)
e poi il capo dà loro una bella scossa
(e una giustificazione scientifica tutto ciò manca purtroppo tuttora)
e poi vengono meno e poi si ridestano e poi sono obliterati
Hans Magnus Enzensberger
da “Mausoleum – Trentasette ballate tratte dalla storia del progresso”
(Einaudi Editore)
Enzensberger è senza dubbio uno dei più grandi artisti del secolo scorso, e questo libro pubblicato in Germania nel 1975 è una sarcastica, quanto feroce rilettura della Storia, attraverso le figure di 37 personaggi, come dice il sottotitolo: “Trentasette ballate tratte dalla Storia del progresso”. Personaggi magari meno noti ai più, come per esempio Giovanni de’ Dondi, che nel Trecento costruì l’orologio di Padova; o Ugo Cerletti che sei secoli dopo inventò l’elettroshock. Ma questo per dire che ogni passaggio del nostro presente è sempre stato condizionato da uomini soli, individui particolari, e non dalle masse: nel bene e nel male, dappertutto, come se l’evoluzione di una civiltà fosse proprio gestita dalle mani di un illuminato o di un pazzo. Personaggi che sono stati ideatori e vittime delle loro idee. Personaggi a volte geniali e a volte bizzarri, a volte semplici e a volte sadici, trascinatori e trascinati nel gorgo di un’azione diretta o indiretta, causa ed effetto del loro stesso muoversi. Nicolas De Condorcet; Jean Baptiste Fourier; Thomas Robert Malthus; Gottfried Wilhelm von Leibniz; Fryderyk Chopin; Niccolò Machiavelli; Lazzaro Spallanzani; Harry Houdini; Michail Bakunin; Tommaso Campanella; Ernesto Guevara; Giambattista Piranesi; Frederick Taylor; Barone Haussmann; George Méliès; Auguste Blanqui; Viaceslav Molotov; Tycho Brahe; Johannes Gutemberg; Jamques de Vaucanson; Alan Turing e via di questo passo, fra inventori e matematici, artisti e maghi, astronomi e cospiratori, politici e architetti, medici e utopisti, filosofi e rivoluzionari, economisti e ciarlatani. Tutti in fila nel Mausoleo che li contiene come un teatro degli orrori, fra lodi e liti, gioie e dolori, fatica, poesia: messi in mostra per ognuno di noi, con ironia, arguzia, terrore.
Forse, nel decennio in cui fu scritto insieme all’altro suo capolavoro: “La fine del Titanic”, rappresenta e rappresentano le svolte continue fra l’ottimismo di uno slancio creativo e l’incombente catastrofe dopo l’illusione di un cambiamento mai avvenuto, quasi a ribadire che “La mostra delle atrocità” di Ballard, gli “Scritti corsari” di Pasolini o l’anarchia sputata in faccia dai Sex Pistols, erano e sono la lucida conseguenza che il “paradiso perduto” non esisteva proprio perché le favole le hanno inventate apposta per non farci ribellare veramente, perché come cantava Ascanio Celestini: “…il popolo è un bambino…” E proprio da bambini ci scambiavamo le figurine dei nostri idoli, pensando che un personaggio così importante cambiasse le nostre vite in meglio, ma il confine fra bene e male è troppo sottile per capirlo veramente, e il futuro, una bomba pronta a esplodere nelle nostre mani.
Rimane la poesia e la voglia di gridare ancora una volta…
il Barman del Club
Tutte le foto sono tratte dal web
Mio amico barman, che pugno nello stomaco e che parole potenti su cui riflettere. Quanto è fragile la nostra vita e quanto sottile il confine tra creazione e distruzione.
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creazione e distruzione… siamo troppo piccoli per capire!
Ciao piccola meluccia, è un piacere rivederti 😉
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Siamo troppo piccoli per capire, proprio come bambini capricciosi che distruggono il giocattolo appena ottenuto.
È sempre un piacere passare di qua 😊
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Caro Barman bel post l’ho letto due volte. Non fa bene di mattina ma la storia è stata anche questa.
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e non solo…
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Un bel libro messo in nota. Grazie.
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ottima lettura che riserva sorprese ad ogni riga…
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Grazie mi hai mosso curiosità, davvero, anche per il modo di presentare questi personaggi.
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Sto guardando The Knick una serie abbastanza attinente a tutti questi meccanismi e perché no costellati di orrori che hanno portato al progresso in ogni senso
La serie ruota intorno alle vicende del Knickerbocker Hospital di New York (1900) puntando lo sguardo sui chirurghi e lo staff, disposto a spingersi oltre i limiti della conoscenza medica..
Il progresso!
Shetancheoggipiove
Ps. Bellissime fotografie.
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la vedrò….
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Buona domenica Qui ancora di pioggia e si paventa neve a Roma.
Sherabbraccicari
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anche qui……..
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Questo tuo articolo mi arriva come una spada negli occhi. Tutto cio’ che si cerca di dimenticare di aver visto e vissuto, torna sempre. Il tempo non si calcola, quando si finisce per essere il proprio passato. Sempre belli, comunque, i tuoi post. Abbracci, da qui! S.
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lo so… quando passato e futuro mischiano i loro confini, ci si ritrova in una terra di mezzo dove per un momento si annullano i concetti di continuità. Sembra che qualcosa continua ad inseguirti, come se il tempo fosse solamente un tassello della tua vita appiccicato ai tuoi vestiti.
Non ci badare…
Anche anche “qui” abbracci senza fine !
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🙂
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Posto molto interessante, da rileggere…
Bevo un mirto, ci sta, ora 🍷
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e vada per il mirto… tonificante, ci vuole (!)
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lettura faticosa e appagante, mi faccio una coca cola
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Ah ah ah … cosa ci vuoi fare, anche la Storia e faticosa, bisogna verificare poi “l’appagante”. Come recita uno dei miei cocktail: “Fernet&Coke – punto di non ritorno” 🙂
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rilette, mi ci vuole una Union senza lime
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🙂
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Ciao barman, una coltellata questo post ma della quale devo sinceramente ringraziarti. Adesso mi ci vuole un doppio Lagavulin perché come diceva un tale di cui non ricordo il nome il whisky non è un vizio, serve a sopravvivere.
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🙂 🙂 🙂 ammetto che queste liriche sono particolari, ma in fondo è tutto il libro che viaggia su percorsi altissimi ma complessi. Comunque ottima la scelta del Lagavulin, certe poesie del palato non solo servono per sopravvivere, ma ci aprono la strada del paradiso, che poi in fondo è tutto racchiuso in un bicchiere…
Servito !!!
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