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La passione di Massimiliano Larocca per la poesia di Dino Campana ha una radice antica, nel senso che già al liceo i famosi Canti Orfici avevano colpito questo appassionato di musica popolare, il quale, nel proseguo della sua crescita, quando decise  che la sua professione sarebbe stata proprio la sua voce e la chitarra, non si dimenticò della poesia. Poi col passare del tempo il progetto di musicare queste liriche divenne una specie di desiderio assillante per quanto ricercato, tanto che, mentre altri lavori si susseguivano e altre collaborazioni continuavano a prendere corpo, quest’idea veniva sempre rimandata. Probabilmente, la ricorrenza dei cent’anni dalla loro prima pubblicazione avvenuta tra 1914 e il ’15 (anche se le date non sono certissime per via della riscrittura degli stessi fatta dall’autore dopo che il manoscritto fu perduto da Ardengo Soffici), fece prendere la decisione definitiva, e finalmente il lavoro ha preso corpo, portando a concepimento un gioiellino straordinario.

Bisogna subito dire che non è facile musicare della poesia lasciandola intatta nella sua forma originaria, tanto che la metrica di una canzone ha senz’altro delle dinamiche diverse, eppure, Massimiliano Larocca è riuscito nell’intento, creando un susseguirsi di canzoni dall’impatto emozionale profondissimo, senza nulla togliere sia all’esito della performance che alla struttura del poema. Tutto il disco è piacevolissimo d’ascoltare ed è suonato divinamente, d’altronde, se leggiamo la  carrellata dei collaboratori protagonisti di questa incisione, partendo da Riccardo Tesi all’organetto diatonico  (che è senz’altro uno dei maestri indiscussi della musica popolare contemporanea), per poi proseguire con Cesare Basile, Nada, Hugo Race insieme ad Antonio Gramentieri e Diego Sapignoli (membri dei Sacri Cuori), e poi ancora Francesco Giampaoli, Daniele Biagini, Gianfilippo Boni, Claudio Ascolì e Serena Banvenuti, si capisce lo spessore che si è creato intorno al progetto.

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Fondamentalmente, la tradizione della musica popolare italiana si è sempre arricchita intorno a un panorama diversissimo, dove convergono e si ramificano un’infinita serie di tradizioni derivate della molteplicità delle culture della nostra penisola, che sarà senz’altro un mosaico di etnie regionali, ma proprio per questo, iniziando dai dialetti per finire poi con la storia di ognuna di loro, è senz’altro una ricchezza unica nel suo genere. Probabilmente, l’espressionismo musicale ha delle basi entusiasmanti proprio per coloro i quali, partendo da quest’infinità di repertori, vogliono proseguire per delle sperimentazioni nuove. Non è casuale che anni fa, quando parlai con un napoletano appassionato di musica (forse un po’ burlone, ma non troppo), mi disse che se gli americani, invece che deportare i negri nelle loro terre, ci avessero portato i partenopei, oggi, invece che i blues cantavamo le tammurriate.
Forse, proprio per questo, siamo un popolo che non è capace a mettersi d’accordo, ma la musica riesce in questo miracolo e lo esprime ai massimi livelli.

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Massimiliano Larocca attraversa il suo mondo portando la poesia di Dino Campana e riesce nell’intento di arricchirla in tutte le sue sfumature, dandole quell’emozione che  ogni parola esprime. Ogni nota e ogni variazione cromatica si sposano alla perfezione con la simbologia del testo, senza travalicare il suo significato lirico, a tal punto che le melodie intessute nelle varie tracce, non sono dei corpi estranei, ma al contrario, sembrano proprio esprimere tutto il loro contenuto così come lo aveva inteso il poeta toscano. Chiaramente la scelta conclusiva delle poesie,  sarà stata senz’altro rilevante per la susseguente trasposizione degli strumenti, eppure, il tutto emerge come la sintesi di un’opera completa, dando alla sequenza delle scelte, un percorso lineare e una visione d’immagini molto unitaria, come se la sceneggiatura di una storia, fosse dispiegata per essere letta, ascoltata, gustata dall’inizio alla fine. La storia di un uomo con la sua visione d’insieme, con la sua vita.

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Troppo spesso la poesia è emarginata nei confini salottieri dell’incomunicabilità, come se un’infinita serie di cialtroni possedesse il dono della leggenda di Mida mettendo in colonna delle parole. Leggersi addosso o addirittura concepire versi incomprensibili che solo chi scrive potrà capire, magari con parole forbite pescate gettando l’amo nel vocabolario, è un azione troppo spesso utilizzata da una classe di pseudo intellettuali che si piangono addosso, perché non farsi comprendere  è diventata la furbata del secolo, e allora sei bravo. Nei paesi anglosassoni fortunatamente una forma di poesia narrativa, invece legittima la validità del messaggio in modo che un ipotetico lettore possa godere della sintesi di un’emozione o di una storia vera. Ecco che la musica, in questo caso, riesce a celebrare un matrimonio perfetto tra poeta e cantastorie, diventando un comunicatore eccezionale senza isolarsi, anzi, entrando in tutte le case. Non è casuale che quando diedero il Nobel a Dylan i nostri benpensanti s’inorridirono senza aver capito un cazzo (scusate la parolaccia non idonea… forse).

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tutte le foto sono prese dal web

Che dire allora ? Viva ! Viva e un urrà per progetto come questo dove i versi di un poeta che potremmo definire: narrativo, si sono prestati a meraviglia per un album di una bellezza sopraffina, inserito a pieno titolo nella tradizione della nostra musica popolare. In questo articolo io ho soltanto inserito la sintesi dello spettacolo in questione, ma andatevelo a cercare sulla rete e vi gusterete la meraviglia che le parole e le note vi daranno per un’emozione unica. Il Gruppo Acàrya di Como insieme ad Andrea Parodi di Cantù l’anno scorso organizzarono proprio un concerto con Larocca e Tesi con queste canzoni, e vi posso garantire che il pubblico è rimasto veramente soddisfatto, nonostante che i protagonisti fossero solo due, ma la magia non si ferma alle persone, continua e vibra dentro di noi, completamente.

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foto del concerto di Verano Brianza del 2017 con Massimiliano Larocca e Riccardo Tesi che cantano Dino Campana

In un mondo complesso come il nostro, abbiamo bisogno di vivere l’espressività artistica attraverso un veicolo comunicativo che ci raggiunga pienamente, e le perone di classe hanno questa prerogativa. Tra l’alto queste scelte hanno il privilegio d’insegnare a un pubblico più vasto, capolavori donati all’umanità, altrimenti relegati non dico agli addetti ai lavori (perché come in questo caso, i Canti Orfici, sono un esempio molto conosciuto e molto utilizzato in questi ultimi anni: libri, romanzi, film e opere teatrali li hanno messi in scena; mancava giusto la canzone d’autore), ma di allargare lo spessore culturale oltre la cerchia degli appassionati. Un occasione per andare a rileggerseli, magari ascoltando questo disco meraviglioso.

il Barman del Club

 

17 Comments on “MASSIMILIANO LAROCCA – Un mistero di sogni avverati

  1. Grazie! Non conoscevo questo progetto che sembra essere davvero molto molto suggestivo.
    Ho un librino con le poesia di Campana. Cercherò se Larocca passerà dalle mie parti.

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  2. Lo sapevo ed ogni tuo post ne è conferma: hai una visione davvero a tutto tondo dell’arte, caro Barman e riesci ad eseprimerla nei tuoi post con una leggerezza che ha della santità francescana (il riferimento non è religioso ma umano), senza l’arroganza elitaria delle Terrazze Martini di tutto il mondo, degli antri dell’esoterismo cerebrale dove pochi adepti decidono ciò che è bello e nemmeno del nichilismo ninetista di chi vorrebbe dare fuoco al mondo… Parli di visual art nelle copertine dei vinili con la stessa sicurezza con cui parli di musica popolare ed assieme un pizzico dell’anarchia libertaria dei centri sociali più impegnati, qualcosa che in te appare l’afflato di una sorta di Greenwich Village globale, prima che questo divenisse un’oasi per hipster arricchiti ed acculturati: io non sono così ed ho limiti enormi (non lo dico per ipocrita ed affettata falsa modestia) e se personalmente, da amante della letteratura (questo si), mi sono già più volte tolto il cappello di fronte alla maestosità delle liriche incomprese di Dino Campana (il re dei matti e dei reclusi, derubato e violentato delle sue opere, martire che deve riscrivere tutto e morire sedato, quasi metafora della stessa poesia moderna, prima che la stessa divenisse un gioco letterario), mai avrei associato le sue poesie alla musica popolare, che fino ad oggi ho relegato nel mio cervello in un limbo di abbandono senza vergogna.

    Come già ti dissi sul mo blog, quando tu parli di musica (ed arte) faccio tre passi indietro di rispetto.

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    • Tu mi fai arrossire perché, sostanzialmente, servo solo da bere, e te lo posso garantire, non è falsa modestia. Scrivo solo per il piacere di scrivere e ascolto musica proprio per il piacere di vivere un’emozione. Probabilmente nel mondo dell’espressività artistica mi trovo bene per non dire benissimo. Poi, il fatto di portare in rete un po’ di pensiero personale mescolato a bevande più o meno raffinate o più o meno elaborate, si circoscrive a quella voglia di confrontarsi regalando quello che preferisco, o quello che mi colpisce in maniera positiva. Chi si trova bene sorseggia e va, magari ritorna e il servizio sarà sempre lo stesso: passione, emozione, ironia e altro mescolati in un cocktail che è lì per essere gustato o rifiutato, non importa. E’ come quando ti trovi bene con quello che scrive un giornalista, o un artista o, che ne so, un sociologo, perché le sue parole sono come quelle che avresti pronunciato tu, talmente sono vicine al tuo modo di pensare. Dimenticavo l’anarchia da te citata: è vero, c’è anche lei, anzi, l’ho sempre sentita dentro come una valvola positiva per costruire e non per distruggere, perché sono fatto così, vado dove mi porta l’istinto e mi fermo dove un altro Bar serve prodotti autentici. Forse è per questo che quando entro nella tua sala cinematografica mi trovo bene, e ci rimango, perché emerge quella passione che rende le mura autentiche. In tutti questi anni di frequentazioni artistiche ho sempre riscontrato che le persone umili sono sempre le più brave, soprattutto quando usano l’ironia senza alzare la polvere della polemica fine a se stessa. E’ incredibile ma sarà sempre così. Per questo motivo entra senza problemi perché sono uno dei tanti…
      Ah! a proposito, non fare tre passi indietro, devi solo venire avanti per stringermi la mano, e ti offrirò sempre da bere (o del buon bere, vedi tu 😉 )
      Salute ragazzo, in fondo, viviamo in un mondo meraviglioso, almeno, è sempre così che voglio immaginarlo (!)

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      • Parole meravigliose e tali perché sincere, Barman: ne hanno il colore, l’odore ed il suono. Saprò rispondere adeguatamente, ma non qui, perché dopo una risposta esaustiva come questa tua, il mio diverrebbe un compiacimento ribaltato e tu meriti di più.
        Poi, fortunatamente, ci piacciono i rispettivi locali, perciò alla salute!
        Oh, dimenticavo… Sono appena tornato da Praga con due bellissime bottiglie di Assenzio, comprate nella Absintherie al 235 di Jilska, quartiere Stare Mesto e quando ne aprirò la prima e verserò acqua ghiacciata nel bicchiere, passando attraverso il lento scioglimento della zolletta di zucchero, mentre il liquore assumerà l’aspetto lattiginoso che deve, ti dedicherò a mente il brindisi. Ad maiora!

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  3. Non lo conoscevo e visto che adoro Campana…questo post me lo leggo e ascolto con molta calma domani che ora, alle 22.27 … sono sveglia ma non sveglissima

    Ciao, buonanotte 💤😴

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  4. anzitutto condivido un commentatore che parla della tua visione molto ampia delle espressioni artistiche: non conosco questo progetto nato dai Canti Orfici, sono un propugnatore in poesia della parola nuda, questo comunque non mi impedirà di informarmi su questa operazione che mi sembra per niente banale

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    • io sono più possibilista, nel senso che anche quando la parola è contaminata, può emozionare, perché a volte la poesia pura, ha diversi gradi di digestione, dipende se si tratta di peperonata o di peperoncino o di pasta in bianco (scusa per l’irriverente paragone culinario), è sempre il cuoco che arricchisce i suoi piatti e in fondo questa operazione sui Canti Orfici (d’altronde si chiamano “canti”), a mio modesto avviso è riuscita molti bene… Poi mi dirai (?)

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