Scusate, ma dopo giorni di finzioni dei nostri politici, avevo bisogno di una “finzione” autentica, e poi, dopo il “buco nero”, cercavo assolutamente un’abbuffata di colori. Come a dire: questa pittrice americana ci capita a “pennello”.
Alexa Meade
è un’artista statunitense, nata a Washington dove tuttora vive e dove ha iniziato la sua carriera artistica, nonostante la passione per la politica. Sostanzialmente si è fatta conoscere con i suoi quadri animati, o perlomeno, pitture apparenti le quali nascono intervenendo sulla realtà, come se la finzione di un dipinto fosse il retrogusto di un qualcosa di vero, pronto ad muoversi al primo battito di ciglia. Lei infatti altera la visione delle tre dimensioni annullando i confini che separano i due mondi, come se un universo variabile si bloccasse di colpo per diventare uno spazio apparente, forse più espressivo dell’originale perché l’originale è il quadro stesso.

Il suo è stato un successo straordinario, che l’ha portata in pochissimi anni dalla sua cantina alle gallerie più prestigiose, fino alla fama mondiale. Fondamentalmente, lo spazio circoscritto della tela non le si addice, perché la sua volubilità vuole andare oltre per diventare un fermo immagine dedito all’azione. Ecco che tutti i concetti di luce e forma cambiano orientamento, plasmati dalle ombre di scenografie ambientali le quali danno al soggetto particolarità impossibili. Niente sta nel mezzo, c’è solo il quotidiano che viene dipinto, perché il segno diventando prima un gesto e poi ancora segno, supera i presupposti dello straordinario. Anche le sequenze sono importanti, in modo che la successiva fotografia, o meglio ancora, il video, cristallizza il movimento e poi  lo fa muovere ancora, come se la messinscena dovesse per forza prendere il sopravvento.
Non si dipinge la realtà, ma sulla realtà.

Paradossalmente, una volta levato via il colore, tutto si annulla, come se il nostro modo di vivere, fosse un’effimera illusione, posata sulle immagini di un’ipotetica storia tanto reale quanto inventata. Forse, è proprio la finzione che rende vera la scena. L’opera d’arte come supporto necessario alla nostra vita, il resto non esiste..
Chiamatelo anche “inganno della percezione” ma, già dai persuasori occulti, sono stati tanti gli artefici di un progetto creato per catturare le emozioni di ognuno, fino a che, scoperto il trucco, veniamo catturati da un senso di disagio, prima della meraviglia.

alexa meade realtà e illusionefoto e video sono tutti presi dal web

Tutto è racchiuso in un unico soggetto espressivo: pittura, fotografia, installazione, video, performance, solo il tempo di fissare l’emozione, e poi si cancella tutto. Reale e precario, precario e irreale.
In fondo, ogni artista si crea un mondo d’inquietudini e di vibrazioni, un mondo che a volte dura attraverso un segno millenario, o si spegne dentro a un gesto tanto breve da non ricordarcelo neppure: un respiro, una pupilla che si muove e tutto cambia, un sorso, che disseta l’anima e poi vapore, aria… ma, sempre colore, tanto colore, intorno a noi.

il Barman del Club

19 Comments on “ALEXA MEADE – Quando l’opera d’arte si confonde con la realtà (e viceversa)

  1. “Color of reality” sarebbe stato perfetto per un Dylan Dog dei ’90. Comunque non so, io credo che siamo troppo laschi nel dar patenti d’artista. Un tempo si stava in bottega, si coloravano le foto a mano e si era artigiani. Sì, dire “artista” è più figo, però se vuoi la bicicletta pedala. Sperando di essermi spiegato e senza avere niente contro la signora Meade.
    (domani festa! appendiamo banane tricolori alle finestre. Battutaccia? Nooo, Arte.) Alla salud.

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    • Spesso gli artigiani erano più artisti degli artisti stessi, basta guardare gli splendidi lavori di vasellame, bassorilievi, decorazioni, lavori di cesello, liutai, ceramisti, marmisti ecc. ecc. ecc. Importante è il lavoro che c’è dietro un’opera, perché oggigiorno basta fare uno sgorbio facendolo passare per qualcos’altro, ed è proprio chi lavora che ammiro, poi c’è l’America e il business dietro ad un’idea azzeccata, ma questa è un’altra cosa. Che ci vuoi fare, come ho premesso, in questi giorni di buio (ma sono finiti?) ci voleva un po’ di colore, tanto colore…
      Picasso diceva che quando finiva il blu non aveva problemi, usava il rosso, oppure come dissero Gino &Michele: “…è morto nella sua casa di Lugo di Romagna, lo scultore Giuseppe Sbrindellini, inventore della scultura invisibile. L’artista aveva esposto praticamente in tutto il mondo, così almeno diceva lui…” Bandiere? si è vero, anche quelle sventolano in tutto il mondo…

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  2. Ah ah, ho idea che sui colori sarai accontentato, ne vedremo davvero di tutti i colori. E come tu sai, l’insieme di tutti i colori è nero. Salute.

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  3. concordo con la tua affermazione circa la capacità di certi artigiani: potevano estendere la fruizione dell’arte ai più livelli oltre le eltes, però il colpo d’ala tipico dell’artista è un’altra cosa

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    • Questo senz’altro, però io sono convinto che la nostra percezione storica sia totalmente cambiata, proprio perché è cambiata la società. Fino al 1700 l’arte era al centro della società stessa e la figura dell’artigiano ricopriva incarichi importanti così come l’artista che fondamentalmente era un mestierante. Poi con l’avvento della rivoluzione industriale, il centro della società se l’è preso la scienza relegando l’espressività artistica ai suoi margini, modificando la figura dell’artista in una sorta di personaggio anarchico, borderline, mentre gli artigiani, con il passare degli anni sono stati ridotti a umili bottegai (generalizzando certo), modificando anche il nostro modo di pensare e intendere queste figure. Così fino ai giorni nostri: un esempio casuale sono certe espressioni dei telegiornali, soprattutto in un periodo come il nostro dove sono avvenuti degli attentati terroristici, ebbene, spesso si sente la frase, “è scoppiato un ordigno artigianale”. Se io fossi un artigiano mi offenderei perché il giornalista doveva usare la frase “ordigno rudimentale”, proprio perché l’artigiano è autore di lavori pregevolissimi, e non improvvisati. Tutto questo avviene perché il mutare di certe figure sono state appiattite in tutti i sensi, a tal punto, che un taglio sulla tela diventa un capolavoro (e sono d’accordo), mentre la cornice che la contiene, per quanto originale, è e sarà soltanto semplice “lavoro”. Discorso lungo lo so… affronteremo anche questo in un post successivo, intanto godiamoci quel poco di arte che ci troviamo di fronte.

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