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Alexey Kondakov è un artista ucraino, precisamente di Donetsk, il quale ha sviluppato un originale collage tra fotografie urbane dei giorni nostri insieme a figure estrapolate da quadri di epoche diverse, facendo entrare in una sorta di cortocircuito l’osservatore, sia occasionale che abituale. La sorpresa è stridente ma, nello stesso tempo divertente, come se la sovrapposizione delle parti generasse una curiosità particolare, portandoci nelle complessità della nostra epoca e inserendo personaggi apparentemente estranei. Il conflitto fra le parti si percepisce immediatamente, eppure, la metamorfosi che avviene fra protagonista e scenario, si completa in una dimensione plastica che assorbe l’eventuale momento fissato nel quotidiano, come se dei personaggi nudi o vestiti in modo grottesco per i nostri giorni, ne facessero parte. E’ chiaro che il retrogusto ironico della scenografia è sostanzialmente il tema principale di un eventuale titolo, perché se il momento si colloca dentro un’idea geniale, quale potranno essere i paragoni di ognuno di noi fra l’archeologia urbana e un nuovo rinascimento?

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La risposta è abbastanza semplice, perché i conflitti della nostra epoca sono generati dalla reazione degli individui di fronte all’impossibilità di modificare le cose, nonostante tutti i tentativi di volerle cambiare. E’ come se il genere umano si fosse incanalato all’interno di una direttrice dove le direzioni non sono stabilite dalle masse, ma da potentati economici i quali influenzano tutte le variabili del presente. Ecco che la figurazione appartenente al passato viene assorbita negli spazi dei nostri tempi annullandole l’identità, o addirittura, facendole partecipi di un’ambientazione metropolitana, a volte degradata, a volte popolare, che sembra poterle coinvolgerle. Così facendo l’eventuale rinascimento rimane inghiottito nel vortice di una realtà complicata, e la susseguente reazione emotiva porta inevitabilmente al sorriso per la nostra incapacità di sovrapporre i tempi storici. L’opera a questo punto diventa vignetta umoristica dallo spessore creativo elevato, e il paragone fra l’immaginifico e il grottesco viaggia sopra un confine molto trasparente.

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Paradossalmente le figurazioni di Alexey contengono nello stesso tempo, l’iconografia classica di un mondo ancestrale appartenente a un’illusoria religiosità, o all’opposto a una paradisiaca arcadia dove tutto è beatitudine, la quale (o i quali), s’identificano loro malgrado in quello che ci circonda portandoli ad una piacevole esasperazione.
Ma poi, in fondo, perché stupirci? E chi lo ha detto che ninfette, madonne, angioletti, signorotti tutti anghillati con pellicciotti e collane, e poi ancora, ancelle, damigelle, santi e santini, non possano vivere negli anni 2000? E’ solo una questione di mode? O altro? E’ un po’ come le critiche che venivano mosse agli hippy, e invece, ora, è normale vedere i giovani d’oggi portare dei jeans tutti stracciati, magari anche firmati. E allora, cos’è la normalità?

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Questo argomento l’ho già trattato nel post su Richard Matheson: la normalità è un concetto di maggioranza, ecco che in questa “normalità” Kondakov irrompe, potremmo dire, dolcemente, per poi innescare tutte le reazioni possibili ed alterare questa apparente diversità, anche se poi, alla fine, tutto diventa parte di un mondo che ci appartiene.
Non siamo abituati a vedere gli angeli? E chi lo ha detto? Magari dopodomani ce li troviamo per strada e andremo a comprarci anche noi un paio di ali e un aureola tutta d’oro da mostrare agli amici, perché parliamoci chiaro, con quello che facciamo per sopravvivere, non dovremmo essere tutti dei santi?

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Va bene, avete ragione, tutti no, allora diversifichiamoci e accettiamo questa attualità multirazziale dove la diversificazione delle culture potrà soltanto arricchirci e non confonderci. Probabilmente la bellezza sta nel capire quanto siamo capaci di avercelo dentro un rinascimento, perché ognuno di noi ha il compito di migliorare una società che appena la si perde di vista, va troppo in fretta alla deriva, e rischiamo di perderla. Non è casuale che le origini di Kondakov arrivano da una zona devastata dalla guerra, da cui ha dovuto scappare per poi ritrovarsi a Kiev e, fortunatamente, ha trovato lo sfogo nell’arte per la sua creatività. Allora… la creatività ci potrà salvare?

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Forse vi sto ponendo troppe domande, perché sostanzialmente questo artista riesce in maniera eccezionale ad utilizzare le tecniche moderne come Photoshop, per un uso manieristico della sua foto-illustrazione, a tal punto che in rete è già un fenomeno virale. D’accordo, non sarà stato il primo ad inseguire queste tipologie particolari ma, personalmente, è riuscito a stimolarmi come se un ipotetico mondo fumettistico si sia introdotto nella tradizione classicistica e non solo. Per lui è semplice: viene invitato a fare una mostra in una città e ambienta in questa metropoli le figure che ritrova idonee, e via di questo passo, non ci sono limiti.

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Nell’epoca in cui la multimedialità ha riservato infinite possibilità di manovra, per gli artisti, o se vogliamo, per coloro che si cimentano a esplorare tutte le possibilità espressive, spesso è troppo facile rielaborare tutte le forme di neo-qualcosa per un eclatante e appariscente visualizzazione; eppure, nonostante l’ossessiva riproposizione di non-luoghi dove apporre un qualsiasi oggetto, alcuni scelgono la violazione diretta dei codici, facendoli passare per consuetudine quotidiana, e centrano il bersaglio: non vengono cacciati, al contrario…

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La nostra stessa vita è un insieme di valori a cui si aggiungono le nostre emozioni, le quali si distribuiscono nelle varie eccezioni dove l’immagine si ferma, e le nostre ambientazioni sono quelle del nostro immaginario. Esempio, quando Hayez dipinse il celeberrimo “bacio” (era il 1859), oltre alla carica sensuale espressa nell’opera in questione, i critici dell’epoca lo caricarono di pulsioni risorgimentali, tanta era sentita la questione dell’unità d’Italia. Ecco che se i due amanti protagonisti vengono trasportati quasi di nascosto, nel vagone di un treno attuale, la sua dimensione cambia radicalmente.
In fondo, la nostra attualità non è poi così tanto diverse da quella dei nostri bisnonni, siamo noi che diamo troppo peso al tempo, e il tempo, lo sappiamo, è soltanto una misura relativa.

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tutte le foto sono prese dal web e sono di proprietà di Alexey Kondakov

Come vedete, al di là dei luoghi comuni in cui si continua a non voler capire le potenzialità della nuova creatività, pensando che il passato sia da sempre stato migliore, Alexey Kondakov ci suggerisce un ponte fra le varie epoche mischiando le carte, e il risultato è quello che vedete: stupitevi come volete ma, a proposito, se per caso scendendo in strada dovreste incontrare qualcuno con delle grosse ali, non fateci caso, probabilmente non sarà un arcangelo, o salendo per gradi, un cherubino o un serafino, magari è soltanto uno di noi, uno come tanti, perché sapete, prima o poi, di moda, tornerà qualsiasi cosa…

Salute ragazzi !

il Barman del  Club

28 Comments on “ALEXEY KONDAKOV – Quale rinascimento?

  1. Da cosa ci dovrebbe salvare la creatività?
    Comunque io attualmente non considero la creatività di per sé stessa sufficiente. Tutto troppo facile, le opere che ci mostri qui sono ” vignette umoristica dallo spessore creativo elevato” o dalla definizione elevata? Comunque simpatiche
    (i jeans stracciati però sono da ricondurre ai punk di N.Y.)

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      • Ma dove mi porti? Sto solo specificando. Anche i Beatles erano figli del r’n’r anni 50, per dire, ma sarebbe errato attribuire a questi ultimi i capelli a caschetto. Poi magari gli stilisti (ma è o non è una parola di merda?) ci sono arrivati via grunge (brr) ma è un’altra questione. Perché poi mi tiri fuori i fallimenti? Son mica la guardia di finanza. Paura eh, sarai mica un evasore? Ciao.

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  2. La presenza di Alexey Kondakov al PAN di Napoli del 2016 è stato un momneto molto bello in cui la grafica ha avuto un riconoscimento artistico ed ha sublimato l’umiltà di un’espressione visiva in cui si ricercava appositamente da parte di Kondakov la familiarità, sia degli ambienti, sia dei quadri, in un gioco di riconoscimento che tu hai giustamente etichettato come corto circuito.

    I fotomontaggi (significanti) sono sensazionali, ma non perchè impeccabili (e lo sono), ma per l’esplosione di giochi e di sinestesie che quei collage creano: la ninfa che sta di fronte al suo tavolino con le sigarette di contrabbando è un triplo omaggio dove si esalta persino l’iconografia mitizzata della Sophia Loren del film di De Sica ed il neorealismo di una diva diventa icona che si scoglie in immagine non più realistica e distante, come una madonna o un putto o un signore rinascimentale nel suo panciotto drappeggiato ed allora si capisce che l’immagine vista (in un quadro, in una foto, in una scultura, in un video o in un’installazione, ovunque, persino dentro il nostro smartphone) diviene una storia ed un significante.

    Hai scritto un pezzo splendido, con un trasporto speciale e dove la tua abilità di trascendere il particolare verso l’assoluto (anelito che hai sempre) decolla da qualsiasi possibile piattezza di una cronaca e diviene ancora una volta orazione (in senso ciceroniano del termine, ovviamente, non certo ecclesiale), definendo ogni volta la distinzione tra parolaio ed architetto di storie di arte, quale tu sei indubitabilmente: come mi piace leggerti! Penso che da oggi, oltre che Barman, ti comincerò a chiamare (dentro di me) Affabalutore 2.0

    A presto.

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    • mi viene da ridere pensando che nella vita reale non sono un gran chiacchierone, almeno, lo sono con le persone con cui ho un certa empatia… Grazie del bellissimo commento, perché come sempre hai centrato e decantato la figura di quest’artista (o illustratore che sia) in modo giustissimo, perché l’esperienza di Napoli è calzante per la sua dimensione, e per la dimensione stessa della nostra modernità, dove si viaggia da una capitale allo smartphone, in modo simultaneo, e la tanta decantata globalizzazione è fondamentalmente nelle nostre mani, o in quella dei creativi? Ma poi alla fine chi non lo è?
      Per te oggi una pinta di Murphy… si addice e te la sei meritata !

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  3. Ah, ah, ah, grazie moltissimo! Ed io me la scolo tutta prima di andare a letto ed anzi con questo caldo mi piacerebbe avere il collo di una giraffa per prolungare la permanenza in gola della fresche note di caramello e malto. Slurp!

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  4. in passato il bello, l’arte che non invecchia” sono stati appannaggio di una classe privilegiata e abbiente: secondo me la filosofia di questo grafico è molto semplice “nobilitiamo le stanze o i tristi luoghi del quotidiano post industriale, piantandoci sopra (sperando che non avvizzisca) la bellezza di un tempo, che altrimenti non uscirà mai da stanze e musei”. Una Cockta, grazie!

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  5. stupefacente Come entrare e uscire nella macchina del tempo lasciando prendendo qualcosa di noi.

    Molto centrati tutti i tuoi richiami… oh bella! detto da me !!!

    Shera

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  6. Lo so che non c’entra nulla con l’argomento di questo post, ma oggi pomeriggio mentre davo una mano piccolissima ai ragazzi della cineteca di Bologna ad allestire i preparativi per la serata, ti ho pensato tantissimo! Alle 23:00, infatti, in piazza Maggiore con proiezione video su maxischermo e sistema audio in quadrifonia, Gino Castaldo Ernesto Assante terranno una lezione Rock sui Pink Floyd… So che sembra abbastanza infantile da parte mia, ma mi avrebbe fatto piacere vederti qui! Una notte di assordante musica lisergica vedrebbe sicuramente il tuo spirito aleggiare attorno

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  7. Miglioriamo il nostro presente, rendiamo eterno il bello, diamo significati (e significanti) diversi all’assurdo metropolitano, coloriamo la tristezza, trasfiguriamo artisticamente la stessa arte, rendiamo tutto più umano ..
    nulla aggiungo al tuo bell’articolo; ha ragione Kasabase: sei un bravissimo affabulare, ti si starebbe ad ascoltare per ore.

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