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Essendo fin dalla prima stagione un fan accanito di questa splendida serie ideata da Charlie Brooker, non potevo sottrarmi anch’io da una valutazione di quest’ultima stagione: la quinta,  ritornata all’iniziale struttura di soli tre episodi (come sappiamo tutti autoconclusivi). Questa volta però le storie sono molto più vicine a noi come narrazione, anche se l’ambientazione fantascientifica delle prime serie, era sempre sul confine dell’accaduto o del “sta per accadere”, tanto l’intromissione della tecnologia ha ormai preso il sopravvento sulle nostre vite.

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L’episodio singolo interattivo mandato in onda verso la fine dell’anno scorso e intitolato Bandersnatch, non aveva convinto gli appassionati, nonostante la bella idea di far diventare lo spettatore, il conduttore della storia stessa, manipolandola nella trama, ma che alla fine, gira e rigira, portava sempre al solito ipotetico finale, senza colpi di scena particolari. Ecco che il ritorno alle origini è sostanzialmente un tentativo di recuperare quella dinamica sorprendente, tra futuro e attualità, talmente vicina a noi da mandarci in confusione, o perlomeno, nel farci riflettere sulle potenzialità di un futuro prossimo venturo sempre più invadente.

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La differenza tra queste ultime sceneggiature e quelle antecedenti, consiste nel fatto che, in fondo, siamo sempre noi i protagonisti delle nostre vite, senza intermediari, perché il confine tra i bene e il male non esiste a priori: siamo noi che lo decidiamo con le nostre scelte. Ecco che la tecnologia a questo punto passa in secondo piano: non ci costringe dentro a un cortocircuito impossibile da superare, ma quello che si può cambiare con le nostre mani non ha bisogno di realtà virtuali, o di apparecchi artificialmente intelligenti. A costo di ripeterci, i destini dei nostri modi di agire nascono nei nostri cervelli, e proprio per questo, diamo a loro il valore che noi stessi riteniamo sia valido, anche se ne intuiamo l’epilogo negativo per tutta una serie di effetti collaterali. Forse, è proprio questo il pregio di questa quinta stagione per iniziare una lunga riflessione, per decidere una buona volta che le nostre potenzialità, vanno o andranno oltre i limiti consentiti, oppure, percepiranno il giusto equilibrio che ci ha sempre guidato nel corso dei millenni. Ma, siamo sicuri che andrà sempre così ?

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Al primo episodio: Striking Vipers, gli darei un sette, perché si cala molto bene nei rapporti di coppia della nostra quotidianità, in cui due amici collaudati, si fanno coinvolgere da un gioco virtuale dove, con appositi congegni, vengono proiettati all’interno del gioco stesso, vivendo in prima persona quello che deve succedere: una lotta fra due contendenti. Il fatto è che uno dei due amici sceglie una protagonista femminile, la quale, a un certo punto dell’incontro, trasportata da un impulso inaspettato, consuma un atto sessuale con l’altro contendente. E’ tutto finto direte voi: vero! Ma la dimensione sorprendente della messinscena cambia per sempre la psiche dei due amici: inguaribili donnaioli, i quali non capiscono il perché provano un piacere inaspettato da questi incontri proibiti all’interno di uno spazio ludico fittizio, fino a mettere in crisi le loro vite matrimoniali e la loro stessa natura di genere, compreso il finale particolare.

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Il secondo episodio: Smithereens, è il più riuscito, il quale merita un bell’otto e mezzo, perché sostanzialmente è proprio inserito nella nostra quotidianità. Non è casuale che il protagonista, nel leggere un messaggio sul cellulare mentre guidava la sua auto, provoca un incidente dove muore la sua amata fidanzata. Preso da una crisi esistenziale dovuta a quel rimorso di coscienza, rapisce un dipendente che lavora in una filiale dell’azienda ideatrice del social-network che aveva indirettamente causato il sinistro per la sua colpevole disattenzione, ma proprio per questo li ritiene responsabili. In realtà, il suo scopo, è solamente quello di potersi mettere in contatto telefonico con il “guru” del sopracitato social (che ricorda vagamente l’ideatore di Twitter); giusto per metterlo in guardia sui pericoli legati alla dipendenza della sua creazione.

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Individuato il sequestratore, inizia un lungo braccio di ferro con la polizia, fino alla bellissima conclusione, la quale lascia molti punti interrogativi e molti finali aperti, ma proprio per questo, necessari. Noi, che siamo travolti e coinvolti da news mai certamente  approfondite; da post frettolosi che dicono le stesse cose come altri centomila; da sms ridicoli di cui si potrebbe fare a meno o da inviti a twittare come se le poche parole di uno fossero il supremo superamento di un’intera enciclopedia. Noi, tragicamente ritornati infantili e sfuggiti da un’età adulta che non ci appartiene, eppure, tragicamente schiavi di un piccolo display che ci fa sentire il mondo in mano, e che invece ci sfugge per una semplice distrazione.

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Il terzo episodio è il meno riuscito: Rachel, Jack and Ashley Too, il quale meriterebbe un sei scarso, ma il voto giusto sarebbe un cinque, per tutta una serie di particolarità. Intendiamoci, l’accusa per niente velata all’attuale mondo della discografia musicale e alla costruzione di giovanissime stars fuoriuscite dai talk-show, sfruttate e abbandonate e poi rimesse in pista con stratagemmi fuori dal comune, è sull’occhio di tutti. Ma è il contesto della storia che fa acqua da tutte le parti, perché, se due sorelle adolescenti, devono risolvere questi misfatti come sgamati detective con una serie di colpi di scena inverosimili, la vedo dura, nonostante la buona recitazione, soprattutto di Miley Cyrus, che interpreta se stessa.

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Sostanzialmente se una ragazzine quindicenne che ha perso la madre, si lascia andare a l’innamoramento artistico della sua popstar e al suo gadget parlante che la riproduce, mentre la sorella più matura (soprattutto musicalmente) cerca di aprirle gli occhi, non nasconde di certo situazioni comuni proprio per come si influenzano i giovanissimi di oggi. Ma questo lo sapevamo già, così come sapevamo dell’idea di far esibire un ologramma al posto di un famoso rocker defunto,  per far rivivere i propri idoli all’inverosimile in una società incapace di rigenerarsi artisticamente. Quello che colpisce è la sovrapposizione della notizia negativa a discapito di quella positiva, come stratagemma per ottenere audience a tutti i costi, all’interno di tutta una serie di influencer che sembrano tirare i fili della quotidianità, in cui, followers e milioni di visualizzazioni, sono ormai la misura della fama.

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Ma se la fama cambia di giorno in giorno, a seconda del bravo videomaker di turno o della starletta che mette in fila qualche melodia e un balletto sexy con il solito appoggio televisivo, alla fine, cosa ci rimane. Forse il finale di quest’ultimo episodio ci da la risposta, legato alla normalità, o se vogliamo, alla sincerità che si mette in un angolo della nostra anima e viene alla luce in una piccola stanza spoglia o nel locale che ci rappresenta, e non vestita di lustrini variopinti in mezzo a mille svaville fosforescenti, perché la ribellione, consiste nel farsi credere per quello che siamo veramente.
E allora cos’altro aggiungere? Tutti sono concordi che la potenza delle prime serie non sarà mai raggiunta o mai eguagliata andando avanti, eppure, se analizziamo tutte le stagioni, vediamo che ci saranno sempre storie più o meno riuscite, che ad altri piaceranno e ad altri meno, mentre il futuro lo abbiamo già superato.

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Black Mirror ha travalicato le stesse idee del suo creatore, il quale non è riuscito a contenere le sue stesse premonizioni. Si è lasciato sfuggire quell’incedere del tempo diventato inarrestabile, e si dovuto rassegnare a raccontare una realtà che vive intorno a noi senza che ci facciamo più caso, finché, un giorno qualunque, anche noi, magari per un contrattempo, saremo inghiottiti in uno schermo nero senza più speranza.
Salute ragazzi !

il Barman del Club

41 Comments on “BLACK MIRROR – quinta stagione

  1. Bel pezzo. Sakamoto ha firmato la colonna sonora di Smithereens mi sembra di aver capito. Io ho visto qualche episodio dalla terza stagione. Mi hanno così colpita che non sono andata oltre né tornata indietro.

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  2. Ottimo post ! Come al solito sei più ‘centrato’ di me nel, diciamo così, giudicare. Aggiungo al post che ho fatto io su Smithereens, che l’aver raggiunto lo ‘Zuckerberg’ di turno per dichiarare il ‘non-senso’ di tutto ciò, lo trovo inutile proprio per il fatto che succede ciò che immaginiamo. Zuckerberg alla fine, dopo la fine, continua imperterrito a prendere il sole. E allora, la sconfitta del genere umano trionfa.
    Per quanto riguarda ‘Rachel Jack and Ashley Too’, invece darei un otto in quanto dei tre episodi, per me risulta il più coerente (anche se quello che hai sottolineato è verissimo) col principio di riscatto dell’ Uomo. Ma come avevo scritto sul mio post, probabilmente non riesco a metabolizzare storie così ciniche.

    Forse il fine ultimo di tutta la serie è proprio ‘destabilizzare’ un pensiero comune che mette sempre al centro la capacità di contrastare ciò che non va e creare personaggi positivi che danno sempre un senso a tutta la storia.

    Come vedi, questi autori sono riusciti nel loro intento, quello di farci comunque ‘pensare’ sia in modo negativo che positivo e, alla fine bisogna dargliene atto e il lavoro nel suo complesso non può che avere un punteggio positivo.

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    • Si sono d’accordo, io forse ho esagerato nel dare un voto basso all’ultimo episodio, ma non sono riuscito a digerire la facilità con cui le due ragazze riescono a entrare nella villa blindata della protagonista, e arrivare addirittura alla sua stanza dove giaceva in coma, tra l’altro con l’aiuto di una “bambolina” parlante, a metà fra la “bambola assassina” e i pupazzi di Walt Disney; perché altrimenti, con i messaggi contenuti, l’episodio aveva centrato tutto il senso della sua metafora. Poi, per quanto riguarda lo Zuckemberg di turno (anche se in questo caso, penso che l’obbiettivo era Jack Dorsey), cosa vuoi che ti dica, spesso l’umanità si trova nella giusta metà fra sconfitta e vittoria, anche se le illusioni sono sempre quelle che si appropriano della realtà. In fondo, Black Mirror, come ti ho già accennato è una fiction che va presa proprio per la sua voglia di stupirci, e nulla più. Ci sono episodi riusciti e altri meno, un po’ come i celeberrimi “Ai confini della realtà”, perché è sempre il solito discorso, forse la realtà stessa ci sta stretta, e allora entriamo nel mondo della quinta dimensione, quella che non conosciamo ancora, quella che ci lascia interdetti per come siamo piccoli di fronte all’oscurità.
      Serviti da bere, che ne abbiamo bisogno…

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      • Questa sera, con un buon bicchiere di Bonarda dell’oltrepò mi sono rivisto La Cosa di John Carpenter con un mitico Kurt Russell ! Che dire… Queste robe di altri tempi, con sceneggiature impeccabili si riescono a vedere ancora con quel pizzico di suspence, di imprevisto anche se visti decine di volte ! Forse, anni fa, c’era una passione diversa a fare le pellicole memorabili !

        Ciao e grazie della discussione !

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        • questo è vero, ma in tutti i campi, certi miti sono intramontabili, basta vedere il remake de “La Cosa” e di coma l’hanno interpretata e sceneggiata in maniera pessima, con ci vuoi fare.
          Brindiamo con il Bonarda perché un buon vino è ancora ottimo !

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  3. Grazie dell’ informazione , non sapevo fosse uscita la 5° stagione. Credo proprio che li guarderò , tra l’altro ho ancora in sospeso Bandersnatch . Al momento sono preso da altre serie tv come The Sinner 2 e Hanna ( inoltre mi sono già segnato Swamp Things e “Il detenuto”). Al momento il Top per me sono True Detective 3° serie e Killing Eve, Cardinal 3° stagione perde la tensione delle due serie precedenti ed il flop purtroppo è il seguito di “Tin Star” nonostante Tim Roth. Come puoi ben notare, al posto dello smartphone ho altro da farmi distrarre….. 😉

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    • 🙂 True Detective 3° non l’ho ancora visto: speriamo che abbia tenuto la tensione della prima serie. Per Killing Eve ho invece qualche riserva per la facilità di come riesce a eliminare le sue prede, diciamo così. Buoni “The Sinner e Hanna”, mentre “Swamp Things” non l’ho ancora cercato. Personalmente avevo gustato “The First” (sulla prima missione su Marte, con la splendida recitazione di Sean Penn), ma me l’hanno cancellata dopo la prima stagione, proprio sul più bello (mah…), e comunque sono convinto che se serie inglesi, sono molto meglio di quelle americane, infatti mi hanno consigliato “Line of Duty” come capolavoro.
      Ne riparleremo…

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      • T.D. 3° è Sicuramente superiore alla 2° serie ma non raggiunge i vertici della prima , per me quasi irraggiungibili. Si , “Killing Eve” è un poco sopra le righe ma l’ ho guardato dopo Tin Star 2 che prende il primo premio per l’eccesso e l’esagerazione. Per le altre due che non conosco, me le segno e come dici , ne riparleremo….. 🙂

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  4. Visto il primo episodio, ma mi ha lasciato perplesso: in fondo si parla di una scappatella virtuale. Tutto qui?
    Spero ritrovino negli altri lo spirito corrosivo delle stagioni precedenti

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    • lo spirito delle prime stagioni, ormai, te lo devi scordare, soprattutto pensando al fatto che Brooker non è più così indipendente come si pensi. Da quando la serie è stata comprata dagli americani: vedi Netflix, è cambiato tutto. Che dire, il primo episodio da te citato, secondo me, va visto nella logica dei rapporti psicologici tra i due protagonisti, perché ha un significato molto laterale, e in fondo, il finale non è poi così male. Rimane il fatto che un paragone con le prime due stagioni è irriverente: erano troppo avanti e coraggiose, ma certe idee ce l’hanno solo gli inglesi …

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  5. Ciao Barman, sei stato molto di manica larga con i voti.
    Per me è una Stagione largamente insufficiente in tutto: scrittura, recitazione (piattissima), realizzazione cinematografica, con punte grottesche e patetiche nel tremendo Episodio n° 3.

    Purtroppo non posso nemmeno dire di essere rimasto deluso, poichè era esattamente ciò che mi aspettavo dopo il passaggio della serie a Netflix.

    Siamo a distanze siderali dal livello delle prime due stagioni; spero che Brooker abbia il coraggio di staccare la spina e dedicarsi a trovare nuove idee.

    Per quanto mi riguarda la migliore serie recente è “Chernobyl” e la mia speranza è che Jed Mercurio riesca a mantenere l’ ispirazione per la prossima serie di “Line of Duty”.

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    • si è vero sono stato di manica larga, soprattutto per quanto riguarda il primo episodio, eppure sono convinto che il secondo si possa annoverare in una eventuale raccolta dei titoli migliori di tutto Black Mirror. Purtroppo il terzo è veramente patetico lasciandomi interdetto sulle scelte creative del suo autore. Io sono convinto, e l’hai detto anche tu, che Brooker debba lasciare il posto ad altri, in modo che possa rinnovarsi per delle soluzioni artistiche più intelligenti, mentre magari altri sceneggiatori possano risultare più sinceri, per non dire più originali. Il problema è sempre il solito: quando ci sono di mezzo le multinazionali americane, sappiamo come vanno a finire le cose. Di “Cernobyl” invece, me ne hanno parlato bene in tanti e vedrò di recuperare la sua visione per giudicarla come serie, perché quelle autoconclusive sono quelle che preferisco, soprattutto pensando al fatto che sono sfigato, nel senso che mi tagliano delle serie che ritenevo valide. Era già successo con Flashforward, ed ora è toccato a The First (sulla prima missione su Marte) … cavoli non è giusto (!)

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      • San Junipero lo trovai adorabile…è l’unico che abbia visto che aveva in sé una connotazione
        principalmente positiva, una natura buona. Odio universale non lo ricordo, ma ricordo benissimo Nosedive, che mi segnò. Fino ad allora non avevo riflettuto così a fondo sul mio rapporto coi social. Mi fu utile.

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        • tra l’altro Nosedive rifletteva un “tipo di società” che in America hanno già provato a riproporre, tale e quale, inizialmente come un gioco collettivo, poi proseguito con le quantità di followers degli utenti, e poi ancora da sfiorare la rissa ma, si sa, non c’è mai fine al peggio…

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          • Non mi stupisce…😂 negli Stati Uniti la “popolarità”, specialmente in provincia, è un vero strumento di discriminazione, basta pensare ai loro licei con la fissa dei vincenti e perdenti. Qui da noi ha attecchito molto in questa era dei social, per i ragazzi contano i followers, dalle scuole medie molto si gioca su quello. Ma in fin dei conti non è lo stesso per gli adulti? Politici compresi? Un follower è un cliente, un elettore, etc

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  6. bellissimo “Smithereens”. Possiamo raccontarci molte cose, ma questa è la nostra vita, e lo sappiamo. Io personalmente ho eliminato definitivamente gli account dei miei social facebook e instagram qualche mese fa, ma da allora sono più attiva su WordPress. Tuttavia, sono certamente più presente nella mia vita reale, ma non mi illudo su quello che rappresenta in ogni caso il mio smartphone, microfono attivo e impronte digitali nell’archivio di queste forze che ci hanno incatenato.

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