Julian Charrière è un giovane artista svizzero, già insignito di numerosi premi internazionali, con una carriera alle spalle che può annoverare performance nelle più impostanti sedi espositive. Attualmente è presente al LAC di Lugano con questa video-installazione, la quale, non solo si ricollega con la mia precedente recensione, ma accentua lo spessore delle dinamiche urgenti riguardanti il riscaldamento globale, e la suggestione incombente sempre a metà fra l’introspezione personale e il dramma su larga scala.
Questo progetto prende corpo da una serie di filmati realizzati noi luoghi più difficili e inospitali della Terra, sia in Antartide che nel Polo Nord, tra cui i ghiacciai della Groenlandia, dell’Islanda, per poi confluire in paesaggi più vicini a noi come quelli del Rodano e dell’Aletsch, e del Monte Bianco. L’ambientazione viene strutturata all’interno di un’enorme sala completamente al buio, dove si viene immersi in un’atmosfera sensoriale dall’aspetto cupo e nello stesso tempo, etereo. Dei manufatti raffiguranti il lavoro dell’uomo con un’infinita serie di “carotaggi” che ricordano in certo senso degli alveari, fanno da cornice a un filmato proiettato a 360°, il quale evidenzia in successione i paesaggi di cui sopra, trasformandoli in simulacri dall’aspetto sinistro, come se fossero delle sculture in attesa della morte.
Il buio intorno è veramente incombente e in alcuni istanti, claustrofobico, riuscendo a generare sia paura e sia una quiete assoluta, trasformando via via l’oggettivazione narrata in un paesaggio lunare dall’aspetto orrorifico. Non esiste la presenza dell’uomo, ne di alcun animale, ma il silenzio viene miscelato con un plumbeo spostarsi di suoni, talmente indefinibili da assomigliare all’ipotetica discesa verso un buco nero. Dietro di noi c’è il niente, e davanti, l’assenza e lo smarrimento, il quale, vorrebbe diventare fascinoso, ma prevale l’avvicendarsi dell’immobilità e dell’annichilimento.
Con il titolo di Towards No Earthly Pole quest’artista emergente ripropone la sua ricerca stilistica sempre intrisa di geologia, estetica, psicologia e storia, giusto per mediare fra l’aspetto antropologico che riguarda l’uomo, e quello di una strutturazione politica sempre più distruttiva. Non è casuale che il senso di denuncia è riprodotto proprio circondando il fruitore con un buio cosmico, il quale ci porta nelle vicinanze di un pianeta alieno e configurando un eventuale aspetto derivativo nell’assenza della vita. A noi non resta che intuire quali potrebbero essere le conseguenze delle nostre manipolazioni, sempre in agguato sugli equilibri che ci circondano.
Se alla fine della performance (o dall’inizio: dipende sempre come si vuole interpretare l’installazione), l’acqua di una fontana brucia, è perché non diamo mai il valore necessario alle nostre vere ricchezze, e non consideriamo che il bene dell’umanità è tutto intorno a noi.
Poi ognuno può intravedere la sua personale introspezione emozionale, anche perché questa immersione totale, è come una lunghissima apnea, in cui annullato il senso di paura, ci si può lasciar andare in uno stato di pre-morte simulando un sonno criogenico. Volendo ci si può anche far ibernare per fuggire alla violenza che ci circonda, oppure, si può cercare di oltrepassare quel confine che ci separa dall’altro mondo.
Alla fine però non si vede l’ora di uscire per respirare un po’ di luce: per vedere la luce (!); giusto perché nel decidere se scegliere la poetica dell’opera d’Arte o la restituzione della vita, scegliamo la vita, e nello stesso momento, l’artista ha raggiunto il suo scopo.
Salute ragazzi… alla prossima !
il Barman del Club
non solo geologia, ma anche e soprattutto orografia, ottima proposta per conoscere
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vero, anche perché nelle scuole non la studia più, e i giovani non apprendono quelle “semplici” dinamiche che fanno parte di una crescita a stretto contatto con il territorio
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Il ministro ha detto che dal prossimo anno il riscaldamento globale sarà materia di studio (potrebbero accorparlo a religione, tanto più o meno siamo lì). Certo che sono proprio vecchio, sono scampato alla nuova era glaciale che stava arrivando quando ero ragazzo ed ora questo.
Come passano le ere, eh? La mostra al LAC andrei però a vederla, a giudicare dal tuo post sembrerebbe una delle migliori lì presentate. Ciao, solo un caffè, devo guidare, grazie.
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diciamo che è quella che mi ha colpito, perché anche le altre sono buone, ma avrei delle riserve…
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io non la chiamerei era glaciale ma, “glaciale”, almeno così pare…
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?
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scusa è intervenuto il correttore, volevo dire “sglaciale”
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Ah ah, uno di quei rari casi in cui la macchina dimostra più buon gusto dell’essere umano, ammettiamolo. Ciao.
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porca miserie, vuoi dire che ci hanno già sottomesso?
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Quanto a questo, sicuramente. Ma io dicevo che siccome “sglaciale” come battuta era glaciale, ben ha fatto l’ IA ad intervenire. Salud y saludos.
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certo l’avevo capito e proprio per questo che mi preoccupo: ma come si permette! Guarda che la prossima volta utilizzo la menta con il buco intorno…
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la “macchina” chiaramente…
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Julian Charrière, un artista che amo molto .. il futurista più archeologo che conosco. Veramente notevole.
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Vero, notevole ! Felice che piaccia anche a te…
Devo solamente chiederti se sul tuo blog hai disabilitato i commenti (?)
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Non farei mai una cosa del genere!
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allora sono io che sono distratto,,, troppo alcol
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Controllerò se alcuni commenti sono andati a finire in spam.
Nel frattempo, ti auguro buone feste.
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anche a te, con serenità
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