Questo ragazzotto londinese si è imposto all’attenzione della critica con uno stile atipico, riuscendo a rigenerare uno spoken-word, verso un cantato che rielabora una forma di jazz sperimentale con variazioni elettroniche, vicino alle dinamiche con cui sono nati sia l’hip-hop e la dubstep, ma che in questo caso prendono una strada diversa, modificata e rallentata per piegarsi al volere della voce: autentica protagonista di tutte le tracce.
Siamo all’interno di una terra di mezzo dove prendono forma sia la poesia e sia la narrazione, senza preoccuparsi di farsi piacere, perché le storie o le vicende personali del nostro protagonista, diventano via via uno straripante diluvio confessionale, che disturbano, ammaliano e feriscono nello stesso tempo.
Non è mai facile calarsi nell’espressione lirica quando si pretendono delle canzoni da ascoltare, come se l’urgenza di rivolgersi verso un mondo complicato con le proprie visioni, non sia abbastanza per coinvolgerci. Eppure, quando questa urgenza artistica, diventa una vera immersione in un universo parallelo, dove quotidianità e filosofia spicciola portano a galla una letteratura della vita, soprattutto giovanile, la quale, in questi anni ’20 continua ad avvitarsi su se stessa, allora, tutti i riferimenti e tutte le verità finiscono per appartenerci, un po’ com’è sempre successo dai maledetti fino alla beat generation.
Ecco che l’urgenza testuale prende il sopravvento, come se l’impatto poetico fosse l’unico deterrente a cui rivolgersi, senza altre distinzioni, entrando e penetrando nel sottosuolo di un alienazione ricorrente, sempre a metà di una forma liquida di ipnosi e un’inquietudine mai vicino alla disperazione, ma calata nelle forme oscure appena sotto di noi, sempre desiderose di respirare una qualsiasi luce: “…sotto il piano terra /
stiamo perdendo segnale, / abbiamo perso la connessione / l’ho lasciata morire, stava ancora piangendo / e ora mi sta mentendo in testa…” Il momento di isolamento corrisponde a una realtà virtuale ormai vicina alla realtà vera, da farci esistere continuamente su una linea di confine: “…ho spinto i tasti freddi fino alle 5 del mattino /
ma tutto ciò che ho ottenuto è stato spazzato via / come il pesticida nelle verdure…” Poi chiaramente tutto viene circoscritto intorno ai rapporti fra coetanei, e ogni testo interagisce con la propria coscienza, ma è talmente raschiante la sua forma poetica, da lasciare sempre un’irritazione difficile da eliminare.
Link traccia d’ascolto
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Dove stai andando? / La giornata sta per finire / Ho condotto una vita così divertente / ma
immergendomi nei tempi / io sanguino / Guardalo scorrere fuori da me / Perché smettere di leggere? / Quando la pagina sta per girare / Ho condotto una vita così divertente / Ci penso sempre / qualcuno mi ha detto che peggiora, non ci credo / … / Ho condotto una vita così divertente…” Quello che colpisce di questo ragazzo, è la forma dell’ironia sempre strisciante e sempre ricorrente, anche nelle forme più crude, ogni volta descritte, tra l’altro, e declamate con un’inflessione che si nasconde a sua volta senza farsi capire, nel sentirsi giudice e imputato: “…cordiali saluti / l’arco di Eros non ha arciere / Icaro vola ancora sopra il terreno / La luna appare libera ma nacque in una gabbia / e i nostri giorni e le nostre notti mi hanno costantemente deluso / Questo posto non mi commuove / Tutto sembra essere solo intorpidimento / Questo posto non mi commuove / Tutto mi delude costantemente…”
Man mano che l’album procede nelle sue ambivalenti pulsioni, ci rendiamo conto di trovarci di fronte a un ragazzo che non riesce a dormire, stordito dalle solite sbronze, che parla e straparla in continuazione, nel tentativo di sopprimere quella voglia di pensare o di sognare, come in un esercizio di elaborazione del suo vissuto: acceso e confuso nella sua testa. Però, tutto alla fine prende forma, perché se dall’altra sponda dell’oceano Tom Waits parlava di whiskey e di puttane, King Krule esorcizza la sua generazione, uguale ma diversa dai suoi predecessori, dove la puzza degli alcolici rimane persistente, ma nello stesso tempo cerca un risarcimento e non un’autocommiserazione. Si sente nel girone dei dannati, però si vede in paradiso, anche se gli angeli hanno ali bruciate per via dell’abuso di tutte le sostanze.
“…Fai un tuffo, se sei solo, prenditi il tuo tempo / Prendi un biglietto, prendi il treno fino alla fine della linea / Vedi dove puoi andare, l’hai speso, è di plastica, non farlo morire /
Queste cose andranno e verranno / nel profondo della metropoli. / … / Quindi hai questo, sei il protagonista / combatti, consumalo, poi lascialo andare / ma non dimenticare che non sei solo / nel profondo della metropoli. / Il dolore è il tuono nelle tempeste della tua mente / Immergilo, perché la pioggia passerà nel tempo. / Sei il presagio del paradiso /
Sei il fantasma che hanno messo da parte…”
Foto prese dal web
Quello che è a tutti gli effetti un viaggio al temine della notte, diventa il resoconto di un percorso fatto dentro un’anima sempre in agitazione, pur controllando tutti i suoi stati d’animo. D’altronde, se le sbornie si vanno via via attenuando, rimane sempre quel mal di testa che finisci per amare, come un premio minimo della tua voglia di sentirsi qualcuno, di sentirsi un uomo: vivo!
Salute ragazzi !
il Barman del Club
Molto interessante!
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si, artista particolare (!(
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Parole, poesie. Grazie per averlo pubblicato 🙂
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vero, soprattutto poesia…
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Le tue recensioni mi attraggono sempre, come i lampioni le falene, convinte di aver trovato la luna. Non ti ci vedevo ad ascoltare questo tipo di “suoni”. (Dopo il primo minuto di ascolto, ho dovuto spegnere. L’effetto è stato lo stesso di una forchetta su una lavagna) Poi, però, mi sono ricordata che tu sei quello che cerca la poesia in ogni dove…in tutti i mari, tutti i laghi e sotto i massi e… “Chi cerca, trova”.
Ti abbraccio, come sempre. ❤
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Si è vero, è un ascolto molto difficile, nel senso che ti devi immergere nella parte testuale (che poi è la parte dominante) e cercare di capire la dominate artistica, relativa appunto alla poesia. Vedrò la prossima volta di cercare qualcosa di più fruibile, altrimenti mi uccidete, visto che un locale con la giusta classe, deve mettere a suo agio i suoi clienti….
Il tuo commento mi è piaciuto molto, ricambio l’abbraccio ❤
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questo è un gran figo!
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Raschiante e particolare…
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Sì, interessante, da conoscere meglio senz’altro.
Cosa hai da offrirmi stasera di qualcosa di strong, very very strong?
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visto il prodotto ci vorrebbe un Whiskey Sour, ma preferisco offrirti qualcosa di più amabile: con un Old Fashioned non si sbaglia mai… Te gusta ?
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Facciamo un Whiskey Sour, i tempi sono duri 🙂
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va bene… vada per per un very strong (!)
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