Mi sembrava giusto terminare questo giro di aperitivi (dopo averne fatti tre ad alto volume), con un tranquillo relax per sorseggiare tutta la poesia che circonda la nostra vita. Davvero… Non è retorica, ma voglia di chiudere gli occhi: sognando se volete, o magari semplicemente per ascoltare un po’ di buona musica e bere qualcosa di accattivante, proprio per terminate una giornata frenetica nel migliore dei modi.
Sedetevi comodamente sul divano e con un buon bicchiere in mano e allungate i vostri piedi… Buon ascolto !
pillole di salame 4 – musica e quiete
(aperitivi da meditazione)
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Myrkur
Folkesange
Per descrivere questo album ci vorrebbe un articolo intero, perché non bastano 10 righe ad approfondire tutte le sue suggestioni e il lungo lavoro di ricerca che l’ha concepito. Tra l’altro sorprende come una band nata dal black-metal si sia convertita verso queste sonorità. Ma andiamo per ordine: questo gruppo danese capitanato dalla biondissima e bellissima Amalie Bruun, intraprende un viaggio nelle leggende scandinave, attraverso il riadattamento di ballate folk tradizionali e lo studio delle strumentazioni di allora. L’intento è proprio quello di calarsi nei misteri e nelle bellezze di questi mondi, come se le figure delle divinità nordiche diventassero l’anello di congiunzione fra il mondo degli umani e quello che sta sopra di noi. In un certo senso questo tipo di epica ha sempre dato il via all’ispirazione per opere teatrali, letterarie e musicali, sia classiche e sia moderne, senza contare tutte le derive cinematografiche, ma in questo caso, l’attenzione ai riscontri antichi è stata maniacale, fino a strutturare uno spettacolo fedele in cui la voce della protagonista diventa il cardine del trasporto. Fondamentalmente, la tecnica del Kulning (così viene chiamata), è un tipo di canto che struttura tutto il disco attraverso un incedere melodico e sognante, come se il contatto con la natura e gli animali che la popolano, fosse un’idea nostalgica del vivere in armonia con tutto ciò che abbiamo intorno, e forse, in questo presente assillato dalla tecnologia e dalla saturazione economica, quel passato antico, dovremmo viverlo anche solo per un momento.
Anche Thor ascoltandolo leggerebbe poesie.
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aperitivo abbinato
Gin Basil-Smash
(un’altro incantesimo)
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Jehnny Beth
To Love Is To Live
Dopo aver lasciato momentaneamente le Savage, questa bravissima interprete pubblica il suo primo album solista, riuscendo nell’impresa di stupire con un lavoro unitario e complesso nello stesso tempo. Il suo è stato definito un rock mutante, proprio perché nella metamorfosi in cui si è risvegliata, ogni ibridazione contenuta fra queste tracce, è sempre figlia della sua ricerca iniziale e della susseguente trasformazione, sempre in bilico tra la varie strutture musicali. Non è casuale che la sua modernità vive proprio nel riuscire a passare dalla melodia all’industrial, dalle rappate all’interpretazione teatrale, dal post-punk all’avanguardia. Stupisce la maturità e la cruda visione di ogni singolo pezzo, in cui, partendo dal suo incedere androgino, plasma una messinscena molto credibile e molto acida, passando dalla bellezza (statuaria in questo caso), via via perduta nei vicoli bui di una città asfittica e corrotta fino allo spasimo. La prevalenza di un panorama metropolitano prende il sopravvento sulle intimità violate, come se le infinite Subway che la percorrono, diventassero l’unico rifugio metaforicamente rappresentato, per essere inghiottiti dalla notte e dalla follia dei sentimenti, fino a togliere il fiato… Originale (!)
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aperitivo abbinato
Black Martini
(il desiderio nascosto)
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Bill Fay
Countless Branches
Riuscire a rappresentare in musica una visione poetica così semplice, per poi farla diventare estasi e mutevole dolcezza, non è da tutti, è questo cantautore londinese stupisce ogni volta per l’essenzialità con cui riesce ha comunicarla. Sei dischi in cinquant’anni di carriera, uno più bello dell’altro, dove, l’intimità e la speranza diventano canzoni senza la pretesa di farle diventare messaggi universali. In questi ritratti familiari tutto appare come se un vetro lasciasse apparire piano piano la sua trasparenza, come se le liriche di una Emily Dickinson qualunque fossero lette dall’autore attraverso delle lettere d’amore dedicate ai suoi cari, e poi incorniciate fino ad arredare la sua casa: alcova e rifugio della vita e della purezza. C’è qualcosa che ricorda Vic Chesnutt, ma senza la sua disperazione, come se le note melanconiche si aprissero alla luce per abbracciare chiunque. Carezzevole (!)
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aperitivo abbinato
Stinger
(nascondigli segreti)
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Aloe Blacc
All Love Everything
Un altro album con le credenziali tipicamente familiari è l’ultimo lavoro di quest’artista californiano, in cui destreggiarsi tra soul, jazz e pop con la maestria che gli appartiene, è un marchio di fabbrica che si evolve album dopo album. Chiaramente tutto gira intorno alla sua interpretazione, viva e solare quanto basta per rappresentarsi sempre nella dimensione ottimistica dell’esistenza. In ogni passaggio si percepisce tutta la positività del mondo, probabilmente ereditata dalla tradizione negroide sempre legata al retroterra spiritual o gospel della sua gente, ma focalizzata con queste interpretazioni verso una gioia interiore che traspare nella sua essenza, trasmettendola completamente all’ascoltatore. È un canto che non si smentisce mai perché bisogna credere nei valori con cui ci hanno cresciuto, e la loro continuità è un piacere che ci appartiene, soprattutto se ci vengono riproposti con questa classe. Luminoso (!)
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aperitivo abbinato
Sunlight
(la luce nel cassetto)
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Lianne La Havas
Lianne La Havas
Nata a Londra da padre greco e madre jamaicana, sintetizza le sue origini con delle canzoni di rara bellezza, come quelle di questo suo terzo album, giocato proprio fra le vibrazioni caraibiche e le caratteristiche di jazz ibridato dal un brit-pop per niente banale, anzi, sono proprio i ritmi etnici che le donano una prospettiva particolare. Tutto è giocato seguendo i colori e i profumi dei fiori a cui lei si ispira proprio seguendo i cicli della natura e della loro partecipazione alla coesione del mondo. Fondamentalmente, la metafora di una storia d’amore si percepisce proprio respirando tutta la vitalità regalata dalla meraviglia che ci circonda, e il sentirsi parte di essa non può che generare queste melodie dal fascino world e dalla dimensione internazionale.
Superlativo ed essenziale (!)
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aperitivo abbinato
Caipiroska Flowers
(la gioia di vivere)
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Agnes Obel
Myopia
Questa particolare interprete danese ha avuto il merito di essere prodotta dalla pregevole Deutsche Grammophon e distribuita dalla Blue Note, ma la notorietà di queste due etichette non deve confondere sulle direzioni da lei intraprese. Non stiamo parlando di un pop da camera o di un jazz aristocratico, per quanto certe inflessioni dei suoi pezzi possono far emergere tali espressioni. Il suo è un tappeto fiabesco, etereo, ovattato e adagiato sopra i suoi testi appena accarezzati, come se il velo di un’entità misteriosa si muovesse sopra ogni cosa da lei toccata, giusto il tempo di percepire la sua presenza e poi vederla scomparire. Ogni traccia ci rivela un mondo costruito sui sogni e sulle movenze che nascono fra le illusioni notturne, quando il filtro del buio ci conduce oltre il confine dei nostri più reconditi desideri. Magico (!)
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aperitivo abbinato
Pink Lady
(velvet dream)
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Tower of Power
Step Up
Ora però abbiamo bisogno di un po’ di ritmo per svegliarci e questo ensemble di San Francisco fa al coso nostro. Jazz, soul, funky e rithm’n blues shakerati a dovere e serviti nell’allegra e affascinante città dalle mille sorprese. D’altronde formatasi a Oakland e dopo cinquant’anni di carriera dimostrano ancora una volta che la classe appartiene a chi ci consegna la meraviglia come se fosse un regalo, per poi ritrovarcelo fra le mani come un fuoco d’artificio dalle mille sorprese. È tutto uno sfavillare di suoni coinvolti insieme a ospiti illustri, per poi vivere e rivivere tutte le tracce insieme al funk scoppiettante che contraddistingue questo marchio di fabbrica. Le sonorità sono quelle che conosciamo, ma l’essenza di novità che appartiene alle vibrazioni del cuore non ci potranno mai lasciare e queste session diventano alla fine un’orizzonte da inseguire senza fermarsi mai.
Gioioso (!)
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aperitivo abbinato
Red Beach
(beat spaces of the imagination)
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Laura Marling
Song for Our Daughter
Il folk si sa, può avere i limiti di monotonia nonostante la bellezza dei testi, ma questa inglesina dall’aspetto algido e diafano ha pubblicato nel corso della sua carriera una serie di album eccezionali, fino a quest’ultimo, in cui riesce a variegate le sue performance con un gusto tutto suo. Paragonata a Joni Mitchell e Regina Spektor, riesce a giostrarsi intorno a un minimalismo particolare, a tal punto da risultare naturale esprimersi con tale semplicità, per poi esaltarsi con un inflessione vocale che la caratterizza ulteriormente. Alla fine come un’esigenza emerge la sua poesia, perché le potenzialità delle sette note contribuiscono ad amplificarla intorno alle piccole percezioni che la compongono. Tra l’altro, l’aura che si percepisce intorno alle sue parole, non fa altro che alzare il livello delle canzoni, come quelle di quest’album: forse il suo più diretto o se vogliamo, costruito solamente per raccontarsi in questo presente complicato. Avercene.
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aperitivo abbinato
Blue Angel
(il piccolo cielo)
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Fiona Apple
Fetch the Bolt Cutters
Altri territori quelli visitati da quest’artista statunitense, in cui le sue inflessioni teatrali emergono non tanto per tradizione familiare: padre e fratello attori, madre cantante e sorella caratterista di cabaret, ma perché nella perfezione delle sue interpretazioni, la varietà sperimentale stupisce proprio nell’approccio e nella diversificazione, in cui, un jazz a volte spiazzante a volte spezzato, si evolve sino a diventare un cantautorato unico nel suo genere. Le sue rappresentazioni sono un sottaciuto fatto di denuncia e di potenzialità feroci, lette e rilette fino alla capacità di costruire dei pezzi dall’approccio apparentemente piacevoli, ma seppelliti nell’ironia di una messinscena talmente aspra da lasciare intontiti. Violentata a dodici anni, ribalta la sua condizione post-traumatica ribellandosi con la forza femminile necessaria per gridare la sua rabbia, e modularla con la teatralità intrinseca nella sua arte, anche se questa esperienza le ha lasciato un disturbo ossessivo-compulsivo che ha dato inizio una lunga serie di episodi, i quali hanno contribuito a circoscrivere il suo personaggio fra gossip ed esibizioni al limite della rottura: “…il fondo comincia a sembrare l’unico luogo sicuro che conosci…” Ma se le esperienze negative, soprattutto se vissute nell’adolescenza non ti abbandoneranno mai, sarà proprio l’espressività esercitata dalla musica a far esplodere la grandezza di un opera, come la sequenza dei suoi album, tutti uno più bello dell’altro, fino a quest’ultimo davvero sorprendente. La sequenza delle tracce è un susseguirsi di qualità al di sopra della media e tutte lasciano il segno, compreso lo stesso titolo che allude a una frase dell’attrice Gillian Anderson (la stessa di X-File) nella serie “The Fall“, dove interpreta una detective intenta a catturare uno stupratore seriale omicida: “…prendi quel trinciabulloni e abbatti quella porta…” Perché il potere maschile, soprattutto nel business non lascia scampo. Però, nel conseguente isolamento, ci sono degli squarci d’amore veramente commoventi fino a giostrare quello che da tutti è considerato l’ennesimo capolavoro di questa donna coraggiosa. Unico neo, la copertina: è talmente brutta che frusterei il grafico che l’ha concepita, ma tant’è, cosa ci devo fare, il disco è talmente bello che è assolutamente da avere. Sicuramente (!)
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aperitivo abbinato
The Green Fairy
(il girone dei dannati)
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Another Sky
I Slept on the Floor
Questa giovane band britannica brucia le tappe con un album intriso di post-rock quanto basta per variegarlo tra fascino e mistero, nonostante le tematiche spesso scottanti narrate dall’incredibile voce di Carin Vincent, la vocalist del gruppo. Il loro sound è una miscela di Talk Talk con atmosfere alla Mogwai in cui proprio le caratteristiche del cantato emergono dirompenti, mentre una velatura di colore sembra ricada lentamente sopra tutto e tutti, prima del crescendo finale. Via via ci si rende conto di trovarsi di fronte un album bellissimo in cui, certi panorami eterei, si alternano a scorribande entusiasmanti stile Arcade Fire, giusto il tempo per incrociarsi insieme alla rabbia e poi ritornare sulle ceneri dove nascerà un altro amore. Sarà anche un altro cielo, ma la volontà di farcelo conoscere con questa vitalità, è sostanzialmente l’inizio di un’avventura che ci porterà a fare un nuovo giro del mondo senza prendere fiato. Degna conclusione per questo giro di aperitivi (!)
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aperitivo abbinato
Cherry Manhattan
(episodi simultanei)
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Bene ragazzi, abbiamo terminato questa lunga serie di aperitivi musicali attraverso alcuni dei migliori album del 2020, nella speranza che siano stati di vostro gradimento…
Alla prossima !
il Barman del Club
P.S. Tutte le immagini sono prese dal web, solamente la prima è un collage eseguito per l’occasione
E qui mi fermo a prendere una sbornia poiché l’udito ha trovato delle chicche… Mi sono piacevolmente addentrata tra parole e note, che dire… Qui di spazi per volare ne ho trovati parecchi. Grazie Antonio e buona notte.
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Leggo ora e ti auguro buona giornata: serviti e bevi tutto quello che vuoi, per me è sempre un piacere dialogare con voi (!)
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Ma che posto confortevole…
Solo a vedere quei bicchierini colorati… e la musica!
Ascoltato un po’, poi con calma tutto il resto!
E buona giornata!
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Ciao Carissima, torna quando vuoi, sarai sempre la benvenuta… Buona giornata anche a te !
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😊🤗
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Cazzo! En plein, li ho tutti!
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Complimenti sei uno in gamba !!!!!!!!!!!!!!!! Meriti un whiskey doppio 😉
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IO invece stavo giusto per scrivere che a questo giro non ne conosco mezzo… invece poi è arrivata la sempiterna, magnetica Fiona Apple. L’unico titolo che conosco della lista! 😉
(p.s. in questo finale d’anno già di per sè malinconico, mi sono piuttosto buttato su vecchi e amatissmi classici, Living Colour, Black Crowes e S.o.a.d. in primis.. ho bisogno di qualcosa di un pò ‘strong’ per rimanere a galla)
alla tua!
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Strong? Serviti quello che vuoi! E poi, i classici, sono sempre i classici, ci stanno in ogni momento e in ogni stagione, anche e soprattutto in quest’anno complicato. Salute amico un “colore che vive” è sempre ben accetto (!)
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Fantastio barman : non posso non averli tutti. Sei una fonte preziosa. Come li avrei conosciuti altrimenti?
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Come li ho conosciuti io….. 🙂 Figurati, ognuno di noi da sempre qualcosa dell’altro a tutti noi. Serviti pure da bere (!)
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