nick cave e warren ellis - carnage

Per fare  una recensione o una discussione sull’ultimo album di Nick Cave cofirmato insieme a Warren Ellis, bisogna allargare il discorso intorno a un concetto più ampio, perché è troppo riduttivo pianificare delle parole intorno alla sublimazione del dolore, associando tutto il lavoro alla correlazione della tragedia che ha colpito prima il cantautore australiano, e poi, in senso traslato, tutto il mondo con l’attuale pandemia. È necessario a mio avviso prendere delle distanze importanti facendo delle distinzioni sul concetto di musica, sul perché la si fa e come si fa: sulla forma canzone o sulla forma libera di una composizione e come gli artisti si pongono di fronte alla loro espressività, per far emergere qualità e spessore creativo.
La riuscita della tensione interiore e come la si trasmette ad altri facendola diventare “bellezza”, anche se viene identificata nella figurazione del male, sta alla base di tutta la storia dell’arte, soprattutto pensando alla riuscita di un’opera o di un capolavoro nato e vissuto fra corpo e anima, fra quiete e violenza.

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Sostanzialmente esiste quella misura relativa all’estetica che, da Aristotele fino al contemporaneo Noel Carrol, passando per Baumgarten e Kant, stabilisce quel bisogno di vivere la “catarsi” personale attraverso una visione, la quale, ci libera dalle nostre paure o nello stesso tempo ci pone davanti all’ammirazione di una bellezza che supera tutte le nostre aspettative, sia che rappresenti l’inferno o il paradiso, fino a idealizzare l’artista stesso come una sorta di genio, o di mito. Ma in un presente dove l’attualità, la confusione, la finzione, la fruizione ultraveloce e la banalizzazione ha ormai preso il sopravvento come si fa a giudicare il valore autentico di un’opera?  E oltremodo, come la si può vivere?  Vivere un’opera d’arte più che un’emozione dev’essere un’esperienza e come tale va assimilata, totalmente, altrimenti è poca cosa, o si riduce tutto a semplice elemento di consumo.
Se la cultura di massa ha creato una stratificazione multiforme legata a ogni espressività, tutto ciò che è buono e inversamente proporzionale a tutto ciò che è negativo, creando ulteriore confusione al concetto di “opera” facendola passare come tale, sostituendo alla professionalità, alla tecnica, all’esperienza o alle potenzialità dell’io, una semplice idea: più bella è, e più sei artista. Ma siamo sicuri che sia così?

nick cave e warren ellis-carnage-album-1Non so se avete presente quando a Picasso bastava uno schizzo con la sua firma per far diventare un semplice tratto di penna un disegno epocale, nel senso che si guardava solamente chi l’aveva fatto e non come era fatto, e così per tutti quegli artisti “arrivati”, i quali, esaurita l’impennata creativa che li aveva caratterizzati, sfruttavano il loro semplice nome perché nessuno li osava criticare, anzi, il mercato richiedeva la loro presenza, e il commercio ancora di più.
In campo musicale la cosa pur essendo parallela è un po’ diversa perché un prodotto deve “assolutamente” vendere e nello stesso tempo assolutamente piacere, a meno che non si costruisca intorno quell’aura di culto la quale per alcuni aspetti vale, e per altri meno, sempre guardando l’effettiva differenza fra opera d’arte e prodotto commerciale, o tutti e due insieme.

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Nick Cave è da tempo che lavora con Warren Ellis, sia nella stesura di colonne sonore e sia di album a tutti gli effetti, e sono lontani i tempi dei Bad Seeds o dei Grinderman, inoltre, da quando gli è morto il figlio l’elaborazione di questo lutto è tutto alla base della sua poetica attuale da cui non riesce a uscirne: ed è comprensibile. Però, tutto questo potrà ancora incidere sull’effettiva riuscita di una vera composizione? Quando in passato Cave lavorava sulla finzione aveva prodotto melodie insuperabili, a tal punto che da “The Firstborn Is Dead” dell’85,  fino a “Push the Sky Away” del 2013 abbiamo ascoltato una serie interminabile di capolavori, anche quando alcuni dischi erano considerati minori. Ma perché? Cosa li differenziava dai suoi ultimi lavori? Semplice: c’erano le canzoni!

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Ora, considerando che il dolore ha sempre acceso il fuoco in ogni artista, aumentandone la forza creativa, mi sono posto la domanda del perché Cave di fronte alla realtà nuda e cruda, o alla verità se vogliamo così come a volte impone la vita, si sia impantanato in una sorta di limbo ossessivo, in cui la sua visione ha prodotto ben tre album tutti concepiti alla stessa maniera: “Skeleton Tree”, “Ghosteen” e quest’ultimo “Carnage“, intendendo per la stessa maniera una stesura di testi recitati accennando una pseudo-melodia sopra dei semplici campionamenti. Di conseguenza  rielaborando la stessa domanda di prima, mi sono chiesto per l’ennesima volta se questi sono dischi di canzoni o dei reading poetici. 

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Quest’ultimo album cerca di creare un parallelismo con la disgrazia che ha reso prigioniero il mondo in quest’ultimo anno, mischiandolo con la tragedia che ha colpito l’autore, attraverso un lirismo profondo, confessionale, intimamente sofferto ma, a lungo andare, la cifra stilistica implode nel suo stesso manierismo rimanendo crocefissa nel continuo dolore che l’ha generata, diventando ripetitiva, monocorde e a tratti monotona. Se vogliamo essere più precisi le uniche tracce che emergono sono la prima “Hand of God” e l’ultima “Balcony Man“, le quali accennano, e ripeto: accennano alla forma canzone, riuscendo a trasmettere tutto il loro potenziale, anche se contenuto. Il resto è pura declamazione, sicuramente sentita insieme a ogni forma di sensibilità ma, un recitato rimane, e come tale si sviluppa senza un’impennata violenta o un’apocalisse di suoni per creare una metamorfosi con la musica stessa. Manca quell’assioma o quell’alternanza fra poesia pura e meraviglia dell’ascolto. La poesia c’è, a tal punto che la mia ripetuta domanda si cristallizza proprio nel suo incedere quasi maniacale, provocando suggestioni radicate in ognuno di noi, però, dopo un primo ascolto e dopo aver assimilato tutte queste dinamiche, quanti di voi ascolteranno questo disco più di una volta? Soprattutto conoscendo il passato di questo grande autore? Per carità tutti gli artisti di spessore hanno avuto i loro alti e bassi, ma in quel caso la critica lo sottolineava.

Link traccia d’ascolto
Link traccia d’ascolto

Cosa aggiungere allora? Se analizziamo l’album concentrandoci solo sullo spessore dei testi, vediamo che la prima traccia già citata riassume nel suo incedere tutta la metafora di un destino sovrannaturale, nel quale, figlio e padre si confondono fino a immaginarsi in una persona sola che qualcuno più in alto le trasfigurerà insieme: “…Nuoterò fino al centro, non tornerò indietro / Lascia che il fiume lanci il suo incantesimo su di me / Andando al fiume dove scorre la corrente / Nuoterò fino al centro dove aspetterò / (Mano di Dio, mano di Dio, mano di Dio) / Lascia che il fiume lanci il suo incantesimo su di me…“. Tematiche ripetute nella seconda traccia “Old Time“, in cui, il distacco da ciò che più amiamo si riassume nell’inseguimento in un viaggio fino allo sfinimento: “..Io e la macchina siamo persi / Ha preso una svolta sbagliata da qualche parte / Nel vecchio tempo, nel vecchio tempo, di sicuro / … / Ah, tutti i sogni sono morti / Ovunque tu sia, tesoro, non sono molto indietro / Fermati in un Motel e vai a buttarti nel letto proprio come ai vecchi tempi / Sì, ovunque tu sia, tesoro, non sono molto indietro…“. 
Nella terza traccia la “carneficina” del titolo (Carnage), pur paragonandosi all’attualità,  non esce dalle dimensioni fin qui contenute, tratteggiando con un recitato ammaliante e melanconico al tempo stesso tutto il suo smarrimento: “…Mi sembra sempre di dirti addio / … / Sono seduto sul balcone / Leggendo Flannery O’Connor con una matita e un piano / Questa canzone è come una nuvola di pioggia che continua a volteggiare in alto / Ed è solo amore con un po’ di pioggia / E spero di rivederti…

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Il recitato però continua cercando di ritrovare una misura che si adatti alle parole appena sussurrate perché nella quarta traccia White Elephant s’intravede una presa di posizione contro il suprematismo bianco, mentre con il coro finale si traccia un confine tra la libertà personale e l’assurdità di sentirsi tale, snaturando la figura del bene: “…Il cacciatore bianco siede sulla sua veranda / Con la sua pistola da elefante e le sue lacrime / Ti sparerà gratis se verrai qui / … / Ti sparo in quella fottuta faccia / Se pensi di venire da queste parti / … / Il momento è vicino / Per il regno nei cieli / Stiamo tutti tornando a casa / Fra poco…
Albuquerque (il quinto pezzo) è tutta costruita sopra una dolce melodia, ma anche in questo caso la canzone stenta a decollare lasciando spazio alle parole che si addolciscono ulteriormente con un coro di sottofondo: “…Non andremo da nessuna parte, tesoro / In qualsiasi momento quest’anno / Non andremo da nessuna parte, tesoro / A meno che io non ti sogni lì / Non arriveremo ad Albuquerque / In qualsiasi momento quest’anno…” 

nick cave e warren ellis-carnage-album-2Siamo sempre intorno all’introspezione personale idealmente ripetuta nella sesta traccia Lavender Field e sempre recitata come quella precedente lasciando ormai l’idea di canzone a un passato non troppo lontano, ma che in questo caso, nonostante il bellissimo testo, si perde in un arrangiamento abbastanza scontato: “…Sto viaggiando spaventosamente da solo su una strada singolare / Nei campi di lavanda che arrivano in alto oltre il cielo / La gente mi chiede come sono cambiato, io dico che è una strada diversa / La lavanda è alta e si estende oltre la copertura celeste / Io solco questo mondo furioso di cui ho veramente finito / … / Ma questa è solo una sensazione, una sensazione quando muori / … / Dove sono andati? / Dove si sono nascosti? / Non chiediamo chi / Non chiediamo perché / C’è un regno nel cielo / Camminiamo e camminiamo / Attraverso le colline / Camminiamo e camminiamo / Attraverso le colline di lavanda…

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Ma se il passaggio “io solco questo mondo furioso di cui ho veramente finito” non lascia speranza alcune sulla rinascita del nostro eroe disperato, anche nella traccia susseguente Shattered Ground il tono introspettivo si acuisce ulteriormente senza lasciare tregua alla speranza: “…La mia luna nel cielo notturno, con gli occhi pallidi / E la pelle pallida e i capelli lunghi le coprivano il corpo nudo / E a volte ride e a volte piange / E a volte la luna non parla con nessuno / E c’è una follia in lei e una follia in me…” Siamo proprio alla rassegnazione che nell’ultima traccia Balcony Man, anche se riecheggia il presente di questi giorni, il suo corpo cade inevitabilmente nella paralisi e nella trasfigurazione di un uomo il quale ha perso tutto e come tale non deve chiedere più nulla a nessuno: “…Cosa devo credere? / Sono l’uomo del balcone / Quando tutto è normale finché non lo è / Sono l’uomo del balcone / Seduto su una sedia e al sole del mattino / Mi metto le scarpe da tip tap, oh le mie scarpe da lap dance / Al sole del mattino /… / Questa mattina è incredibile e anche tu / Sei languido, adorabile e pigro / E ciò che non ti uccide ti rende solo più pazzo…
Già… e stiamo diventando tutti più pazzi (!)

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Lo so, forse sto parlando troppo, ma in un presente dove tutto è diventato un mordi e fuggi continuo, perché non possiamo fermarci a discutere seriamente su un “prodotto” inneggiato dal mondo intero e radiografarlo come si deve?  Dov’è finito il senso critico di una volta? Forse, sono cambiati gli ascoltatori. Siamo cambiati noi a cui va tutto bene, siamo cambiati noi che accettiamo tutto fra una visualizzazione veloce e un’altra più accattivante, tanto, chissenefrega se un prodotto è bello o brutto, ce ne sono altri milioni che ci possono soddisfare. Abbiamo voluto tutto gratis, musica da scaricare, arte da masticare, immagini da consumare come se fossimo al supermercato, e questo è il risultato: uno schizzo del nuovo Picasso da idolatrare, una canzone che passa inosservata prima di un’altra, tanto poi, girata la pagina o la sequenza di un click, abbiamo innumerevoli proposte senza capire le vere ragioni di un artista, se si è ripetuto o come gestisce la sua originalità (se esiste), e via di questo passo. Per questo mi piacerebbe leggere qualcuno che come me sottolineasse la differenza fra canzone o reading di letture per quanto meritevoli, entrando nel vero significato delle due cose, proprio per capire se parliamo di musica o di letteratura, o di tutte e due le cose insieme. Una volta la recensione poteva fare la fortuna o la sfortuna di un disco, distruggerlo o portarlo al successo con un colpo di penna, ed era una penna consapevole di questo. Ora sembra una storia come tante, e non se la legge nessuno.

nick cave e warren ellis - carnage-8Tutte le foto sono prese dal web

Per concludere e facendola breve vorrei sapere se a qualcuno di voi è piaciuto quest’ultimo disco di questo indiscutibile autore e perché, soprattutto paragonandolo agli ultimi album e a quelli precedenti. Se vi sembrano canzoni, o qualcosa d’altro. Questo ve lo dice un grande appassionato di musica, un maniacale lettore di poesia capace di assistere a spettacoli o letture per ore e ore di ambedue le cose. Questo ve lo chiede un grande estimatore di Nick Cave fino all’idolatria e capace di gustare tutte le sue esibizioni fino all’esaurimento. Questo ve lo chiede uno che nella sua vita ha incontrato dei lutti importanti riuscendo a capire il vero significato fra gioia e dolore. Questo ve lo chiede uno che ha sempre sete, capace di scegliere una birra di qualità e servirvela con tutto il piacere del mondo…
Salute ragazzi !

il Barman del Club

83 Comments on “Nick Cave & Warren Ellis – CARNAGE: album di canzoni o reading poetico?

  1. Ti dirò, giovanotto, che questo album mi ha perplesso non poco. A parte la musica e il canto di Nick Cave che, a mio avviso, hanno perduto un po’ di smalto, dopo il primo ascolto mi sono lasciato andare a un “ma che palla”!

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  2. Un po’ alla volta, che sul tavolo qua ne hai messa di roba e mi trovi praticamente d’accordo su tutto,
    Come prima cosa butto lì che hai messo più impegno tu in questo post che Ellis e Cave nel disco.
    Ho scritto Ellis prima di Cave non per nulla.
    (quello che non ti uccide, nella mia esperienza mi ha di solito reso più lucido, ma Nick è da sempre incline a frasi “deliberatamente buttate lì” al “romanticismo fatalista” ad “affermazioni in cui non c’è profondità”. Queste frasi nelle sue canzoni funzionavano alla grande, qui sono un blateramento al quale si finisce col dare le spalle).
    Brother, my cup is empty!

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  3. Mah, per me i Bad Seeds sono finiti con l’uscita di Blixa e Michele Harvey.
    Gli ultimi album devo riconoscere che li ho ascoltati poco rispetto a tutta la sua discog.per intenderci dai tempi dei B. Party, funziona cosi: con Wareen Ellis ha raggiunto il successo economico e sicuramente con il suo management sta continuando a tutta birra (visto che siamo in tema) su questa linea. Probabilmente è un qualcosa di vero per lui ma io ora faccio fatica a seguirlo. Cmq l’album in cd a maggio lo prenderò restando fedele a Nick.
    Hai ascoltato il disco con il compositore danese? Cave ha collaborato ai testi ed è molto interessante, l’altro c’è la figlia del compositore che ha voce una vena interpretativa degna di nota.

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  4. Non posso entrare nel merito, non conoscendo l’album ed essendo in generale troppo ignorante della materia “Cave”. Apprezzo però tantissimo questo tuo genere di post (quando li vedo apparire, metto subito un “like”, che è una specie di segnalibro: “qui torno dopo, con calma…”): non tradiscono mai le aspettative; sono approfonditi, argomentati, appassionati e lucidi al contempo. Fanno conoscere e toccare anche ai più inesperti una materia così ricca e densa, così complessa nelle motivazioni, nelle fonti e negli stili, come la canzone d’autore.
    In questo tuo articolo apprezzo particolarmente la critica, onesta, schietta ma soprattutto motivata (manca, eccome se manca – la tua accorata parentesi sul consumismo appiattente della cultura è quanto mai veritiera!). Specie – e si percepisce, soprattutto nel finale – scritta da un grande estimatore del/gli autore/i. Tanto grande, appassionato e documentato (può ben testimoniarlo la puntina del tuo giradischi), quanto perplesso e deluso dall’opera in oggetto.
    Credo che il titolo del tuo post, così come l’analisi attenta e chiara dei contenuti dell’album, contengano già una risposta alla grande domanda sul perché e la necessità di quest’opera, o sul modo più consono di inquadrarla. Non è un album di canzoni, non è un concept; è forse una forma di reading poetico? Perché non è stato catalogato come tale? Perché forzargli un’altra veste?
    Anche al sottoscritto, che, oltre a non conoscere (ora decisamente meno), non ha ancora ascoltato una traccia, giunge chiaro il segnale che in Cave il dolore ha appiattito, se non annullato, la creatività musicale. Che la musica si riduca a ripetitiva o anonima marcia funebre (anche se così dicendo si bestemmiano composizioni di altissimo livello in tal senso se non un intero genere musicale), o a uno sfondo neutro, sopra il quale recitare versi, potrebbe essere accettabile, a mio avviso, al di fuori dal contesto di un “album musicale”. La canzone, come hai giustamente rimarcato vive di musica; parola e note si accompagnano e si nutrono a vicenda. Siamo quindi di fronte a un genere diverso. Ma è stato dichiarato? Pare di no. Pare che per canzone sia stato spacciato qualcosa d’altro (magari solo per ragioni di mercato?…).
    Ma quel che è peggio, rilevo leggendo articolo e citazioni, nella loro ipnotica ripetitività, è che la parola stessa fallisce. Ovvero nemmeno la poesia è all’altezza di tale produzione e pubblicazione. Siamo, temo, di fronte a un vero e proprio canto funebre, che poco si scosta dalla ricorsiva, ossessiva forma di preghiera, dal lamento di certe cantilene e cerimoniali religiosi, di cui non discuto o metto in dubbio dignità e valore. Non è questo il punto. Qui è una questione di campo, o di genere. Quel che non torna sono il contenuto, il contesto e il mezzo. Cave deve esorcizzare il proprio dolore, come tu stesso, Antonio, riconosci e hai fatto, come molti di noi hanno fatto. Fare di questo un album musicale forse non è stata la scelta giusta.

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    • Grazie del bel commento, è più bello del mio post, perché hai rimarcato la sostanza e la dinamica dell’insieme. Infatti non volevo demonizzare un genere, ma entrare nel contesto proprio per far emergere quelle differenze sulla forma canzone e sulla forma parlata. Tra l’altro volevo sottolineare che proprio il dolore ha dato a molti artisti quella valenza creativa che serviva non solo come catarsi interiore, ma come esplosione per esorcizzare il male, e la riuscita era sempre di grande impatto, in tutti i sensi. Va bene, aspettiamo ancora, ma finché ci sarà Ellis tra i piedi, dubito che ci possiamo aspettare qualcosa di nuovo. Per loro è soltanto lavoro e come tale continuerà, anche se spero di no (!)

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      • Che poi le due tracce le ho ascoltate. La prima, il lamento, ha in effetti una base musicale elettronica che sa più di colonna sonora che altro (Ellis?). La seconda è una breve ballata orecchiabile e piacevole. Come unica carezza in tutto l’album mi sembra un po’ poco, in effetti.

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  5. Riscaldato da un paio di birre e dai commenti più che pertinenti dei tuoi clienti aggiungo questo:
    ti sembra che testi e suoni (potrei dire musica ma testo+musica per come siamo abituati farebbe pensare alla parola cantata e qui non si direbbe tanto) comunichino fra loro? Ho letto i testi e sono intrisi di sud statunitense, racconti brevi alla Flannery O’ Connor -che lui stesso cita -in verità a me scatta anche Dennis Johnson ma forse è la birra. Leggendoli mi veniva facile immaginare le canzoni di Kicking against the pricks, o soprattutto O Children -Lyres of Orpheus. Invece sono commentati da un mucchio di drone music, che accellera o rallenta così come capita, si direbbe -saranno sempre le birre che ho bevuto- con atmosfere da spazi chiusi, asettici. In contrasto con le liriche che sono spesso ambientate in esterni. Si può suggerire che è un contrasto voluto (il lockdown) e vabbè, ci potrei credere se non fosse che Ellis queste pappardelle ce le propina da tempo e temo proprio che oltre non sappia andare.
    Si capisce che sono parecchio deluso?
    Dice Un cielo vispo di stelle che “in Cave il dolore ha appiattito, se non annullato, la creatività musicale”
    e se permette gli offro da bere perché anche io ritengo che buona parte del problema sia questo.
    Salute a tutti.

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  6. Il dolore ha reso “vuoto” questo grande artista. Sono tre album che aspetto un suo miglioramento dell’appiattimento creativo ed emotivo in cui è immerso, ma niente da fare: non si “ripiglia” (si dice a Napoli 😊). E lascia che siano gli altri a fargli un disco mentre lui si lascia andare alla ripetizione ossessiva del suo desiderio di riabbracciare il figlio. Se non credessi nel suo animo comunque puro, penserei che un po’ ci gioca (dal punto di vista commerciale intendo), ma invece no, è dolore puro da cui non riesce a liberarsi. Dovrebbe essere aiutato, e Ellis non lo sai fare.
    Per quanto riguarda le recensioni, sono d’accordo con te. Nessuno ormai più le legge e sono diventate del tutto ininfluenti per il grande pubblico che divora tutto è non si sofferma su niente.
    Grazie per il tuo articolo, risparmio un acquisto. 🙂

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    • Pensa che io ero addirittura deciso di comprarlo solo per la copertina, essendo un maniaco dell’estetica, ero arrivato pure a questo, ma alla fine ho rinunciato, “Skeleton Tree” mi è bastato. Cosa vuoi che ti dica, come giustamente sottolinei dovrebbe essere aiutato ma Ellis non ne è capace. Tra l’altro sono consapevole che la perdita di un figlio sia una tragedia da cui è sempre difficile riprendersi, ma tanti altri artisti hanno reagito in maniera più decisa, catartica, lasciando eruttare quel furore che ha proprio la funzione di lasciar uscire il fuoco del corpo per liberare l’anima. Evidentemente ognuno reagisce alla sua maniera e non possiamo imputargli niente, soltanto il fatto che album così non lasciano niente al tempo. Aspettiamo…

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          • E da un pezzo. Secondo me non ha mai neanche avuto la statura per essere l’unico braccio destro di Cave. Anche io sono dell’idea che via Blixa e poi Harvey = fine dei Bad Seeds.
            Pensavo che avrebbe avuto l’intelligenza (o l’istinto o persino l’opportunismo) di sostituirli con forze nuove, più fresche ma non meno talentuose -del resto le carriere dei grandi artisti sono proprio caratterizzate dai periodi con i vari collaboratori . Invece comincio a pensare che anche questo aspetto non fosse del tutto farina del sacco di Nick. Ciao a tutti.

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          • Certo che ha stufato, a tal punto che diventa sempre la brutta copia di se stessa, Potrebbe funzionare per le colonne sonore, ma Cave è un’altra cosa, però ripeto, se tutto il mondo continua a elogiarlo, mi sa che ce lo beccheremo (Ellis) per ancora un bel po’. Spero di sbagliarmi…

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              • Non so. Oggi come oggi è certamente più conosciuto di un tempo, anche perchè lui o chi per lui sfrutta molto la comunicazione social ma alla fine le canzoni più cercate sono sempre i suoi pezzi storici. In termini di copie vendute come se la cavano gli ultimi lavori rispetto a Murder Ballads e Boatman? Quelli erano ancora tempi in cui si vendevano i dischi e non i click. Anche io trovo interessanti le Red Hand Files ( ma ahimè, mi ricordo Elliot Murphy quando diceva -anni ’80- che le cose più interessanti di Dylan oggi sono le sue interviste. Poi uscì Oh Mercy, speriamo in un Lanois anche per Nick).

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                • Hahahaha, beh non disperiamo… prova ad ascoltare gli ultimi lavori di Dylan…
                  Cmq per me la giusta summa di Nick è in Bostman. Che ne dici, brother?

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                  • Sentiti e l’ultimo mi piace, ma Murphy parlava così nella seconda metà degli ’80 (appunto prima di Oh Mercy).
                    Boatman, è un mio limite, mi ha sempre detto poco e anche io non spiegarmelo capisco che piaccia e non capisco perchè a me no (mi è successo anche con Push The Sky, molti -molti fra i pochi che ascoltano “musica di qualità e distinzione” – adoravano Jubilee Street, per me un Cave a tavolino, buono ma normale).
                    Amo invece molto il successivo e ritocco un pochino la tua affermazione; “Funziona così… per me Nick è fino a No More Shall We Part” e un pochetto gli ultimi dopo.”
                    Dispero, dispero, su Nick dispero. Alla salute.

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                    • Intanto è un vero piacere questa conversazione con te.
                      Boatman è molto particolare, ne ho scritto sul mio blog. Tutta la furia del passato è giunta calma ma sottopelle.

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        • Concordo su Antonio, su Cave forse un pochetto meno: ne abbiamo già scritto nei commenti. D’altronde la carriera di un artista come lui è lunga e ci possono stare questi passaggi che però stanno mostrando una formula già usata.

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          • Una cosa è sicura: è talmente alta la fama di Cave che crea una discussione interessante, perché è ineluttabile, noi che siamo degli appassionati, non dico che esigiamo, ma desideriamo ancora prodotti che ci facciano emozionare, che ci procurino quella vibrazione interiore dove convergono tutte le forze della natura, sia dolci e sia violente, e come violenza intendo quella racchiusa nella forza della musica.
            Io Cave l’ho accettato fino a Push the Sky Away, non tanto perché sono un inguaribile romantico, ma perché negli alti e bassi di un artista, soprattutto come lui, si concentrano tante di quelle dinamiche che mi travolgono. Ecco perché rimango deluso (o forse lo ritenevo più intelligente, non so). Comunque ritornando a noi, è proprio notizia di questi ultimi giorni, che i nostri due compagnuzzi d’avventura stanno progettando un album live insieme a un direttore d’orchestra con canzoni degli ultimi due album, giusto per navigare sul velluto di questa malinconia, e noi con loro (spero sia una fake…).

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            • Si, viviamo la nostra passione per la musica intensamente! Cave mi accompagna da quando avevo 14 anni e mi hai capito.
              Il progetto prox di Cave? Eh, te l’ho detto che ora vorrà esplorare il mondo della classica contemporanea, incrociamo le dita.
              Devo dire che le commistioni fra rock e classica non mi hanno mai preso.

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              • Anche a me: troppo pompose e pretenziose, a tratti ridicole per certi versi. Forse esagero, ma se parliamo di rock, perché contaminarlo con la classica cha ha tutto un altro retroterra? Ci sono certi esperimenti fatti da David Garrett o dai Doctor 3 che hanno funzionato, ma questi lavoravano su un tema relativo a una melodia e questo esperimento funzionava perché lo sviluppavano proprio come una canzone, ma ora, Cave, che temi ha, relativi ai suoi ultimi due album?

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  7. E’ che quando si parla di rock e classica vengono in mente i Purple con l’orchestra gli EL&P o magari Pavarotti&Friends -un attimo che mi viene su la birra e torno.
    Ok, però c’é stato anche John Cale e ne è uscito bene, Juliet Letters di Costello col Kronos Quartet (a me personalmente ha abbioccato ma mi sembrava avesse senso), Yellow Shark di Zappa e altre Zapperie seminate qua e là, Hosianna Mantra dei Popol Vuh, Glenn Branca…
    Mi aspetto quindi che Cave e Ellis possano entrare in questa lista? Con le canzoni (?) degli ultimi due album? Il direttore tirerà fuori qualcosa che chiameranno sinfonia dal nulla (le partiture), tanto struggimento e Warren saltellante e gesticolante con barbaccia e archetto con l’aria di fare chissà che.
    Magari mi piacerà da morire, Sì, da morire.
    Utile invece questo scambio di opinioni e grazie per le informazioni andro anche https://www.sullamaca.it/ a leggerne anche lì sul nostro Nick che è pur sempre tra i miei primi quattro.
    Per ora buonanotte.

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    • Certamente, soprattutto negli arrangiamenti. Purtroppo da quando Warren Ellis è diventato il suo angelo custode, la qualità è notevolmente diminuita. Il problema è che la critica mondiale continua ad esaltare questi ultimi prodotti e loro non si fermano, o non si evolvono. Aspettiamo e vediamo…

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        • Ma si perché un disco lo si accetta, un secondo lo si fa passare come un lavoro di riflesso per via della situazione contingente, ma un terzo no, soprattutto pensando al passato di questo grande artista. Ci vorrebbe un tocco di vitalità, ma mancano Blixa e Mick, e la vedo dura… Aspettiamo (!)

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  8. Il dolore lacera e consuma chi ne è colpito, quindi dentro di lui avviene un mutamento che lo cambia interiormente. Perdere un figlio, quando avrebbe dovuto vivere la vita oltre quella del padre. Può annientare una persona, peggio, se costui è un artista, quindi ha una sensibilità particolare. Complimenti sei molto bravo, e il tuo blog e interessantissimo. Buona serata Barman!💟

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    • Grazie dei complimenti e concordo con te, il problema è che, quando sei il fan di un artista, cerchi sempre il meglio della sua espressività. Siamo tutti concordi che la perdita di un figlio è una tragedia immensa (e io te lo posso testimoniare perché ho vissuto il dolore di mia suocera che ha perso non una, ma due figlie), e siccome Cave aveva già prodotto due album su queste tematiche, evidentemente (ma questo è una considerazione puramente personale) un po’ di rabbia l’avrei accettata di buon grado, proprio come esperienza catartica. Comunque tutto bene, l’arte è sempre al di sopra di ogni esperienza e la sua accettazione vive delle emozioni che riesce a trasmettere. Buona giornata e serena continuazione e grazie del tuo intervento.

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