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Si dice che quando un grande artista si sta incanalando verso una mesta vecchiaia (pregevole per carità, e il riferimento è diretto a Nick Cave), ce ne sono altri che riescono a seguire la sua strada, riuscendo a interpretare alla loro maniera un certo stile e un certo modo di essere. Tra l’altro, la percezione dell’ispirazione è a suo modo un innesco per altre variazioni creative, fino a diventare personaggio a sua volta senza sentirsi debitore in senso lato con il maestro.

Rome - Parlez-Vous Hate?-2

Jérôme Reuter in arte Rome, lussemburghese, è sostanzialmente il leader di questo progetto musicale rielaborato in una sorta di neofolk fra gli echi americani e la tradizione europea con innesti industrial. Inoltre, l’apporto di testi sempre impegnati ha reso questo artista molto accattivante, soprattutto perché le variazioni pop e il supporto rock degli arrangiamenti, amplificano ulteriormente le percezioni interessanti del suo insieme. Se poi consideriamo che all’attivo Jérôme ha ben 13 album di cui gli ultimi due veramente notevoli, riusciamo a circoscrivere un personaggio dall’alto spessore professionale e qualitativo, il quale, dagli inizi underground si è ritagliato una dimensione internazionale, nonostante sia rimasto fedele alla sua poetica e alla sua visione alternativa.

Rome - Parlez-Vous Hate? cover

Questo suo ultimo lavoro è veramente piacevole, alternando tutta una serie di belle canzoni, una meglio dell’altra senza distinzioni, riuscendo a contaminarsi con esperimenti e visioni dirette mantenendo una piacevolezza dell’ascolto dall’impatto coinvolgente. Infatti, dopo l’intro, già dalla seconda traccia “Parlez-Vous Hate?” (quella del titolo) ascoltiamo subito una dichiarazione d’intenti esplicita quanto basta per capire come sarà tutto il resto:

…Sarà un inizio pulito e senza dubbi
Troveremo ogni tuo difetto, solo per spegnerti
Vediamo ogni tua mossa e vigiliamo ad ogni turno
Saremo il tuo giudice e la tua giuria, quindi scegli un paletto su cui bruciare
Perché abbiamo la nostra verità e abbiamo le pistole d’oro
E i proiettili di diamante che ti faranno andare avanti
No, non dobbiamo rispondere del danno che causiamo
E trasformeremo in cenere tutto ciò che è mai stato

Parlate di odio?

No, non ci fermeremo finché la disintegrazione non sarà completa
E sarai così docile e mendicante in ginocchio
E conosceremo i tuoi pensieri, siano essi nascosti o accennati
Guardiamo ogni tua parola, sussurrata o stampata
E saremo lì ogni volta che esci dalla linea
Perché vogliamo che tu sappia che non c’è spazio sicuro per la tua specie
Mortificheremo i tuoi piaceri, i tuoi mille peccati mortali
Non ci sarà più un tocco comune e non ci saranno più re sanguinari
E i vasti schemi che promettiamo sono anche per il tuo bene
Nella nostra guerra contro la trascendenza abbiamo deciso per te
Bruceremo tutto e lo chiameremo progresso di nuovo
Vi metteremo tutti in catene e la chiameremo libertà, intendiamoci

Parlate di odio?

Link traccia d’ascolto

Un testo e una canzone dall’impatto affilato che si accentua nel terzo pezzo: “Born in the E.U.” non tanto per omaggiare quell’americano che conosciamo, ma per dare un’ulteriore frecciata alle nostre sponde, gemellandosi con la protesta:

…Sai che hai perso quella scommessa quando sei minore di un führer
Tutti questi sogni sono stati smontati e semplicemente pompati nelle fogne
Qualcuno chiama un tuttofare, qualcuno chiama una tregua
In modo che possiamo riconoscere il boia dal cappio
Sono nato nell’Unione Europea
Alcuni stanno accumulando le barricate o affilando una croce
Ma qualunque cosa dicano i trattati, sarà l’ultima…

Link traccia d’ascolto

Rome Parlez-Vous Hate?-1

Con la quarta traccia “Death from Above” veniamo risucchiati nel vortice delle chitarre mentre una forma ubriacante di soul ci trasmette altre provocazioni:

…Morte dal cielo
Li schiacciamo tutti con profezie nere
Per ogni generazione è un sogno che sta morendo
E il sole è così alto
Disprezzando la speranza del mattino
Nessun futuro vicino
Va l’avvertimento…

Mentre con il dark-industrial della quinta veniamo assorbiti da una psycho-ossessione riferita alle metanfetamine utilizzate nella seconda guerra mondiale per annullare la paura della morte di chi stava al fronte, anche se parallelamente piombiamo nel mondo moderno di oggi in cui il credo della farmacologia prende il posto dei nuovi dei: “Panzerschokolade” era il suo nome ma potrebbe essere lo stesso che utilizzano in questi giorni. Una pillola, una bugia, per farci credere di vivere/morire felici:

Il sonno è per i sognatori
Il sonno è per i morti…
E andremo avanti
Siamo i fanatici del blitz
Della velocità-krieg…
Avremo degli Scooby Snack
Sulle tracce dei panzer
Co-piloti rotolanti verso est
Per la festa finale
Fräulein si unisce alla corsa
Per l’acceleratore e il basso
Siamo unni psicomotori
Con sangue di leopardo e pistole
Stiamo andando a est, stiamo andando a ovest
Se mai banchettiamo, se mai ci riposiamo
Stiamo andando a est, stiamo andando a ovest
Per mettere alla prova quella bestia nera

Link traccia d’ascolto

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A questo punto, travolti da una continua liturgia ai margini i dell’inferno è giusto fermarsi a meditare un momento con una ballata acustica dall’aspetto apparentemente pieno di speranza, “Der Alder Trägt Kein Lied“, ma non è così: la poesia emerge ancora più viva, ancora più vera…

Abbiamo pagato i nostri debiti mille volte
Resta dietro
Taglia il rumore con la voce più alta
E quando l’aquila ha fatto cantare il mondo intero
Nel mezzo dell’assedio invernale
Ha sanguinato con me…
È questa la prima luce
Mentre balliamo lungo le trecce
Alla ricerca di qualcosa di definitivo
Qualcosa di più del rifiuto
Questo è il vero nord
L’ideale dell’uomo fluttuante
È veramente tuo
Quella mano che ci spinge al limite
In questa triste notte
Sopra i fuochi
E ci vediamo tutti
Ci vediamo dopo le piogge
Sulle morbide pianure di nostro padre

È questa la prima luce
Mentre balliamo lungo le trecce
Alla ricerca di qualcosa di più definitivo
Qualcosa di più del rifiuto

Link traccia d’ascolto

E la storia si ripete con un’altra ballata dal retrogusto bretone: “Toll in the Great Death“, dove l’eco del tradimento sembra non lasciare scampo:

E sei tu con fiori e pane
E una punta per la tua testa
In modi così meravigliosi
Accolto nel saccheggio
Con debiti e baionette
Con le bandiere ancora bagnate…

E sei tu che quando ne hai la possibilità
Finalmente romperai le compresse
Mentre tieni in braccio un sogno
Anche se il sogno potrebbe essere vecchio
Comprato e venduto
Con l’oro del traditore
Pedaggio per la grande morte…

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Dopo un accenno di parole vissute insieme al silenzio Jérôme ci piazza un’accoppiata vincente con due pezzi da brividi, forse i più belli dell’album: “Feral Agents” e “You Owe Me a Whole World“, in cui, se la prima si sviluppa sopra un territorio industrial-folk dall’incedere marziale sempre più cupo e circondato dalle sofferenze seminate come note urticanti, la seconda si apre con un attacco più deciso ricordando le sovrapposizioni che hanno fatto la fortuna musicale dei Bad Seeds, mentre una lirica sempre più altisonante viene sventolata come una bandiera:

Nessuna resa, nessun rimorso
Mentre sputi sul cadavere
Ho paura e sono solo
In punta di piedi intorno alla tua zona di uccisione
Non ascolterai, non sentirai
Fammi solo chiarire
Il succo di tutto…

Mi devi un mondo intero
Un’identità completamente nuova
Mi devi un mondo intero
Una nuova società coraggiosa…

Link traccia d’ascolto
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La chiusura viene lasciata ad altre due canzoni dall’aspetto positivo e dalle melodie che ci riappacificano con tutta la rabbia ascoltata e dai testi che ribadiscono con un accento solare la sintesi di un messaggio finale. Ma se in “Blood For All” l’istinto della rivalsa scivola via insieme al continuo ripetersi del ritornello; in “Alesia” un altro ripetersi di versi si accomuna alla tradizione celtica scandagliando con gli echi di un mare solo immaginato, la meraviglia di una vita che non si ferma e non si fermerà mai, così come le speranze e gli orrori della Storia.

…Non siamo stati nulla
Ma sarà tutto
Prendi un po’ di orgoglio per la nostra caduta
Questa nuova vita
Disegna il sangue per tutti
Una volta tolti i guanti
Una volta estratti i coltelli…

Link traccia d’ascolto

…Niente è mai finito
Non c’è chiusura
Nessun adempimento né sollievo
Dovrai fidarti di me su questo
Non c’è chiusura
Niente è mai finito
Non c’è fine alla storia
Vedrai…

Link traccia d’ascolto

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Il disco si collude con “Fort Nera, Eumesville“: un mantra ossessivo simile a un’ascensione al cielo coperto di nubi che coprono ogni cosa lasciandoci il dubbio se vedremo la luce del sole o il buio dell’oblio.
Sostanzialmente, dentro queste tracce ho trovato un sacco di rimandi: dalla violenza di Nick Cave alla teatralità dei Neubauten; dalla letteratura di Bob Dylan all’avanguardia di Scott Walker; dalle visioni di Bowie agli accordi di Neil Young; dall’impegno dei Red Star Belgrade di Bill Curry alla tradizione melodica europea, soprattutto celtica. O forse sono io che ascolto troppa roba e trovo sempre qualcosa o qualcuno per soddisfare la mia presunzione. Eppure, quando intorno a una musicalità tipicamente cantautorale, emergono dei testi che mi coinvolgono e mi travolgono fino allo spaesamento (in senso positivo), tutti i riferimenti scompaiono riuscendo a convincermi che una bella canzone è come un bella bottiglia di un buon vino: e proprio per questo piace sempre!
Jérôme ritorna sorprendentemente sulle scene con un album notevole, arrabbiato quanto basta per dimostrare che, con la poesia: quella impegnata, si possono legittimare tutte le battaglie parlando di libertà. Considerando inoltre che sottotraccia la situazione attuale ci viene metaforizzata senza mezzi termini, trasformando le parole di mille telegiornali dentro un’analisi impietosa che non vuole gentilezza, omissione, paura, ma verità: e la musica è tutta qui ad evidenziarla. Non importa se ognuno di noi ci può leggere quello che vuole: la bellezza dell’interpretazione è proprio questa.

JeromeLe foto sono prese dal web

Se Jérôme dal 2006 è riuscito a produrre quasi un album all’anno, e tutti di ottimo livello, vuol dire che le potenzialità hanno un sapore autentico legate alla liricità delle parole e allo spessore diretto esploso nelle note, in cui, un genere come il suo, diventa a tutti gli effetti il medium per spacciare poesie. Poi, quando la canzone diventa narrazione ed essa stessa penetra fino alle ossa come un brivido inarrestabile, allora, l’artista ha raggiunto il suo scopo.
Il mio scopo invece è come sempre quello di servirvi da bere, nella speranza che tra un bicchiere e l’altro, ognuno di voi, goda insieme a tanta prelibatezza.
Salute ragazzi!

il Barman del Club

14 Comments on “Rome – Parlez-Vous Hate?

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