N-rock italiano

Anche dalle nostre parti si pubblica della buona musica, considerando che il nostro territorio è suscettibile a molte variazioni, accentuate da tutte le influenze che abbiamo intorno. La conseguenza è una molteplicità di stili che può accontentare chiunque, fra tradizione e contaminazione. Poi è chiaro, ognuno di noi può essere legato alla propria band di quartiere ma, alla fine, la qualità è sempre qualità e chi è bravo merita di essere citato. Quest’anno è iniziato molto bene e proprio per questo motivo proviamo ad analizzare alcuni ottimi album pubblicati in questi primi mesi…

rock e italia-alcuni ottimi album di questi primi mesi del 2022

Mojiti alla frutta

I - Antonio Aiazzi & Gianni Maroccolo – Mephisto Ballad

Aiazzi & Maroccolo
Mephisto Ballad

Due ex membri della prima formazione dei Litfiba, decidono di registrare un disco sorprendente, il quale non ha niente da  spartire con il conseguente suono proseguito negli anni da Piero Perù.  Questo album infatti,  è un crogiolo di sperimentazioni dove jazz, industrial, avanguardia, ambient e forza poetica, lo attraversano come una visione estatica, fatta di suoni oscuri e impennate liriche. A tratti sembra di sentire il fantasma di Carmelo Bene aleggiare sopra queste note per immergersi nel mito di Faust e sfoderare una performance attraversata da una epifania teatrale, in cui, la colonna sonora che la contiene,  circoscrive la figura di Mefistofele, alter-ego psicoanalitico di storie infinite. Il tessuto narrativo vive intorno ad una forma di emozione unica, fatta di impressioni e di eventi che nascono e muoiono sulle melodie del pianoforte,  per poi vibrare dentro la potenza del restante fulgore espressivo e della successiva nebbia dove si perde ogni cosa,  come una forma di estasi minimalista, coniugando fuoco e trascendenza. Voto 8

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I - BBF – I Will Be Found

BBF
I Will Be Found

Se da una parte l’acronimo del nome sintetizza i nomi dei componenti di questa band, dall’altra ci conduce nei territori vulcanici dove ribolle una serie di stili che vanno dallo stoner al kraut, dal blues al desert-rock, dal folk alla psichedelia. Troppo direte voi? Può darsi… Ma la capacità di questi ragazzi consiste nel far coesistere tutto questo in un unico concentrato creativo: di plasmarlo come una forma unica e come fonte d’ispirazione  per poi proseguire nel vigore sonico delle loro esecuzioni. Tutto l’album è un continuo movimento d’idee, le quali vibrano senza sosta facendo dell’ascolto la miglior essenza possibile per un pubblico di appassionati. Alla fine l’orecchio paga, per fare del vintage un nuovo ascolto tutto da godere. Voto 7,5

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I - C’mon Tigre - Scenario

C’mon Tigre
Scenario

Ormai sono anni che questo misterioso duo pubblica album eccellenti,  facendo dell’originalità la loro firma futurista. La loro forza consiste nel piegare a questo volere una forma di elettro-jazz con un soul e un funky stratificati, fatti di influenze etniche e sperimentazioni dub. Tra l’altro riescono a sviscerare un’unità di stile molto convincente, pur mantenendo una forma innovativa, adattandola ai vari processi creativi. Anche in questo “scenario” le varie tracce propongono danze vissute come una messinscena dei nostri giorni in cui, tutto ciò che abbiamo vissuto può essere sovrapposto ai nuovi miti,  senza per questo cancellare il passato, anzi. Sta di fatto che l’ironia travalica ogni tipo d’idee, facendola scorrere dappertutto,  saturando anche gli spazi rimanenti. Voto 7,5

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I - Confini – Affinità Elettive

Confini
Affinità Elettive

Riusciamo a varcare i confini della nostra mente per uscire dai recinti alzati dall’attuale società? Ecco che questo duo milanese parte dal sottosuolo per superare questi limiti utilizzando rock ed elettronica, come se l’intromissione nelle nostre vite dei potentati economici, ci avesse iniettato il virus dell’abitudine. Questi ragazzi ci dicono che la massa soffre di un disturbo d’identità per colpa dell’esagerazione dei media, i quali trasmettono un amore velenoso che non lascia scampo. Rimane così la lezione di Goethe per identificare lo sgretolamento dell’individuo fino a ricercare la sua riformulazione, ricostruendosi dopo le macerie e facendo del surreale una strada possibile. Chiaramente il connubio che si genera dentro questi suoni dall’impatto industrial con echi Afterhours e la scarnifucazine dei testi espliciti, esorcizzano ogni dinamica possibile per superare le nostre contraddizioni. L’uomo ha potenzialità enormi e bisogna ricondurlo nelle sue coordinate, utilizzando la forma canzone proprio per essere diretti con il messaggio.  Forse non basterà, ma nel nostro io esiste sempre una volontà che deve solamente essere liberata. Voto 7,5

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I - Crispino, Gallo, Pighi & Zorzi – La Quattro verità

Crispino – Gallo – Pighi & Zorzi
Le quattro verità

Sicuramente, se a questi musicisti viene attribuita una verità, ognuno di loro ha provato a sviscerare la sua essenza di vita, attraverso un percorso d’improvvisazione dalla qualità altissima, in cui ciò che è reale e ciò che non lo è, rimane perfettamente in equilibrio, come se una forma di jazz elettrico o di rock sperimentale si fondessero all’interno di un’estasi visionaria. Probabilmente, se il mito della “caverna” di Platone diventa il tema di questa performance e ricerca il tangibile e l’illusorio, ogni verità ha la sua percezione: la caverna e le ombre; la via di fuga; l’uscita; la realtà non è come sembra. Quattro titoli espliciti quanto basta per entrare e sentirsi parte di un viaggio pericoloso quanto affascinate, giusto il tempo per allinearsi con la nostra realtà e piegarla provocatoriamente al loro volere. Sicuramente siamo noi che dobbiamo aprire le nostre conoscenze per non rimanere prigionieri di un presente falsato, e la musica, soprattutto questa, esprime concetti incredibili. Io non so se definirlo prog, avanguardia o altro ancora: rimane la fascinazione che provoca una sentenza senza appello; una sentenza difficile, ostica, disturbante, ma che nel suo svelarsi, può solamente aprirci gli occhi come una sorta d’illuminazione. Voto 9

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I - Massimo Zamboni – La mia patria attuale

Massimo Zamboni
La mia patria attuale

Massimo non ha bisogno di presentazioni,  basterebbero soltanto le sigle CCCP e CSI per imprimerlo nella memoria, oltre ai suoi innumerevoli progetti. Quest’ultimo lavoro si configura in un ambito puramente essenziale, in cui emergono con forza i testi delle varie canzoni attraverso una critica sociale intelligente e mai banale, lasciando scorrere una cifra prevalentemente letteraria. Non è casuale ritrovarsi ad ascoltare qualcosa che si avvicina più a un pensiero sociologico, in alternativa all’irruenza verbale fine a se stessa o punk se vogliamo. Ecco che Zamboni stabilisce subito la metrica delle sue liriche, sempre divise tra un’interrogazione intimista e un senso di appartenenza a una terra, un luogo, una nazione, proprio come domanda da rivolgersi dopo anni di viaggi musicali e sperimentali. Inoltre, ci parla con un linguaggio volutamente nostrano, con quel legame tipicamente italiano nel concepite la forma canzone, solitamente utilizzata dai vari cantautori, e che ora lui rielabora non tanto per una dinamica che non gli appartiene, ma proprio per sottolineare un accostamento necessario, nel bene e nel male. L’Emila, l’Italia, i confini, noi e gli altri: tematiche riviste nell’estensione di atteggiamenti da considerare in maniera moderna senza i condizionamenti del passato, per quanto imprescindibili, anche perché sia in poesia come nella vita reale, quello che conta (e lo dice lui stesso) è nel condividere la collettività di un’espressione artistica come la musica,  in senso più vero, nostro, sincero. Tutto l’album scorre come se gli arrangiamenti, per quanto basilari, siano soltanto il mezzo per evidenziare un’idea, e non il contrario, facendo della parola quello strumento unico, talmente adatto per la narrazione, da mostrarsi autentico per ogni tematica possibile. Un po’ come i grandi classici che andrebbero riletti per capire veramente il significato del sostantivo “patria”, e non per una degenerazione qualunquista. Un grande album insomma, tutto da “leggere”. Voto 9

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cover-calibro-35

Calibro 35
Scacco al maestro

Questo ensemble ormai famosissimo ha deciso di confrontarsi questa volta con il grande maestro, tenendo presente che la scelta delle arie è stata eseguita con la loro interpretazione, da band per intenderci, e non come orchestra, anche se la differenza è minima, a tal punto che il rapporto raggiunge in ogni traccia livelli emozionali sempre altissimi. D’altronde lo sappiamo tutti, Ennio Morricone è stata una star internazionale riconosciuta in tutto il mondo, e le sue colonne sonore potremmo definirle immortali. Inoltre, il pericolo di questo progetto era proprio nel confronto diretto, come se il fantasma di un genio fosse lì a giudicare ogni passaggio ma, lo sappiamo tutti, i componenti di questa formazione milanese, con la loro reinterpretazione di soundtrack derivate dai polizieschi degli anni ’60 e ’70 è sempre stata magistrale, aggiungendo inoltre quel tocco di modernità e originalità senza eguali. Ecco perché album di questo livello si ascoltano volentieri, considerando il fatto che la piacevolezza di ogni melodia raggiunge vette inarrivabili, e proprio per questo, incancellabili. Voto 8

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I - Nicola Manzan - Nikolaj Kulikov

Nicola Manzan
Nicolaj Kulakov

Si può fare dell’avanguardia raccontando una storia come quella di un cosmonauta russo perduto nello spazio, o mai partito, giusto il tempo per sovrapporre finzione a realtà?  Nicola Manzan con la sigla “Bologna Violenta” sono anni che produce lavori interessantissimi e innovativi come quest’ultimo dall’impatto spiazzante. Quella che potremo chiamare una space-opera, è il risultato di un racconto metaforico fatto con suoni sperimentali, circumnavigazioni dell’infinito e la successione dell’evento diviso in tre parti. “Recruitment“, dove il rapporto uomo-macchina si evolve attraverso suoni di un altro pianeta e con il bilanciamento della gravità fra uomo e Terra, fra riverberi lontanissimi e vibrazioni industrial, identiche al battito del nostro cuore, anche reclutando un volontario fra tanti. “Preparing for Mission“, è una successione noise di attese e di sintesi meccaniche: procedure di una preparazione tanto asettica,  quanto attesa all’interno di automatismi maniacali. “Mission is Over“, raggiunge la consapevolezza che anche nel fallimento esiste la misura di un evento diviso fra delusione e mito, mentre la musica, lentamente, si perde nel buio insieme a tutto ciò che ci circonda,  come se la fine fosse un altro inizio. Ed è proprio la musica a sottolineare le differenze con le nostre distanze: enormi quanto piccolissime,  anche se il concetto dipende sempre da che parte si sta a guardare. Un disco sicuramente difficile,  ma che s’insinua a metà fra l’immensamente piccolo e l’immensamente grande, e noi in mezzo per meditare come sarà il suono di tutto l’universo.  Voto 8,5

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Vonamor
Vonamor

Quando un progetto nasce da un collettivo che unisce dark-wave, teatro, performance, grafica, danza, cinema, letteratura, e produce un album d’esordio di altissimo livello, allora, potremmo parlare di arte musicale a 360° . Inoltre, quando coesistono sopra un unico palco George Orwell, Marcel Proust, Virginia Woolf, Kurt Vonnegut e altri ancora, tutto si trasforma in qualcosa di più elevato. VONAMOR è un nome completo che si può leggere con una sintassi polilinguistca intorno al tema dell’amore e della poesia, in tutte le sue forme, valorizzando il concetto di estetica. Sta di fatto che in questa messinscena la cultura post-punk attraversata da invenzioni pop, si miscela con un retroterra colto, fatto di lunghi studi e ricerche effettuate fra il classico e il moderno. Inoltre, se i testi scritti in italiano, inglese, francese, tedesco e addirittura cinese, vogliono abbracciare una moltitudine culturale, il senso dell’universalità si traduce come un’apertura cosmopolita per ognuno di noi. Difficile trovare qualcosa di così bello nel nostro paese,  non è casuale che siano molto più conosciuti all’estero, con ottimi riscontri sia in America e sia nel nord Europa, Inghilterra compresa. Questo trio sfodera un progetto particolarissimo insieme a una ricerca lirica che affronta tematiche attualissime, in cui protesta e passione, prigionia e ribellione, desiderio e appartenenza, violenza e perdono,  ma soprattutto amore, ci abbracciamo continuamente fra certezza e disillusione. Ma come sempre è la musica a fare da collante a tutto questo: un medium necessario che a detta degli autori è un disco fatto d’amore, con amore, per amore. VONAMOR, sicuramente uno degli album dell’anno. Voto 9

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I - Giorgio Mannucci - Musiche per film che non esistono

Giorgio Mannucci
Musiche per film che non esistono

Probabilmente, si può pubblicare in disco fatto di brevi bozzetti che, se a detta del titolo, s’inventassero un’ipotetica colonna sonora, i propri sogni prenderebbero forma anche nella realtà. Tutto questo non è casuale perché sostanzialmente sono dei videoclip montati dall’autore proprio per adattarli alla sua musica o viceversa. Il minutaggio è sempre brevissimo: dai 30 secondi al minuto e mezzo; e in questi piccoli squarci di quotidianità si misura quella parte effimera dei nostri desideri, dove tutto fugge in un attimo. Spesso l’artista si sposta in un mondo parallelo al nostro, giusto il tempo per trasfigurare ogni scena nella consapevolezza di creare un suono anche intorno a quello che non esiste, o che vive nella fantasia di chi vede un al di là alternativo anche uscendo di casa. Quanti di noi trovandosi di fronte ad una scena di vita, anche semplice o minima se vogliamo, non si è figurato una sua idea della vita? Magari una poesia che prende forma e diventa film? O meglio ancora qualcosa che ci appartiene ma che non riusciamo a trattenere e dobbiamo rielaborarla in un quadro o in una fotografia? Ebbene, questo musicista livornese ha dato spazio a quest’idea che alterna emozioni a malinconia, ma che riesce a darci l’ipotesi di un tempo incompiuto, magari bloccato improvvisamente e poi lasciato libero oltre il nulla che spesso prende il sopravvento, e che invece viene imprigionato per non farcelo dimenticare. Voto 8

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Mojiti alla frutta

Bene, anche questo giro è terminato con degli ottimi aperitivi, degnamente degustati per essere stati offerti da personaggi e artisti di notevole spessore, tutti italiani, i quali evidenziano ancora una volta che nel sottobosco (ma neanche tanto), esistono realtà dalla bellezza cristallina.
Salute ragazzi!

il Barman del Club

13 Comments on “ROCK E ITALIA – Alcuni ottimi album di questi primi mesi del 2022

  1. Wow ben tre fanno parte del mio carniere (C’mon Tigre, Zamboni, Calibro 35) gli altri me li sono appuntati, però mi spiace che tu non abbia considerato il nuovo dei Diaframma che è veramente bello, un saluto e un cappuccino al ginseng, grazie

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  2. Prendo nota, ma Massimo Zamboni ha scritto un album Importante, mi piace tanto tantissimo, penso merito di Asso Stefano che ne ha curato la produzione.
    Tu che edizione hai preso? Io ho quella vinile colorata però non suona proprio bene.

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        • Tante volte mi faccio prendere anch’io dai vinili particolari, ma alla fine penso che quelli classici siano i migliori, forse per abitudine, forse la loro compostezza, perché per sentito dire è proprio così. Sarà un problema di mescole e di materiali, soprattutto per la resa sonora che trasmette una certa composizione chimica.
          La tua passione per Massimo è condivisibile, d’altronde insieme a Canali li ritengo due dei grandi interpreti che abbiamo in casa nostra, e vanno sempre sostenuti, nel bene e nel male, anche perché ogni progetto che portano avanti è sempre sopra la media.
          Salute ragazzo e buon sabato! Oggi sono a Milano a caccia di vinili, poi ti dirò…

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