Ormai possiamo affermare che i Black Midi hanno creato un genere: che sia burlesche-punk, avant-cabaret, new-teatrorock; aggiungete poi quello che volete voi, senza paura. Si sono inseriti nella nuova scena britannica con una potenzialità sorprendente e con una creatività fuori dal comune. È chiaro d’altronde che paragonarli ad altri gruppi sperimentali come i Pere Ubu, le Mothers of Invention di Frank Zappa, i Naked City, i Cardiacs o Captain Beefheart, i Residents o i Primus, non è reato, anzi, diventa naturale accostarli a un passato leggendario, il quale rimane marcato come una matrice per qualsiasi esempio d’innovazione. Bisogna però precisare che il loro spirito alza il sipario della modernità, introduce con una buona dose di coraggio una sceneggiatura nuova nelle musicalità di oggi, troppo avvitate su se stesse, e senza remissione alcuna si aprono generando uno stile tutto loro, fatto di scatti continui, canto-recitati, pause e ripartenze, apparente follia insieme a melodia, teatro appunto e interpretazione, la quale ingloba dentro di sé tanta roba: tanta, da sembrare una cosa sola.
Questo loro terzo capitolo di una storia recente, dimostra ancora una volta che la classe appartiene veramente a quelli bravi: bravi nel senso della loro capacità d’inserirsi nel panorama odierno con delle qualità particolari, diverse da tanti altri interpreti, ritagliandosi così uno spazio originale e una platea d’estimatori come non pochi. Poi è chiaro, se questo lo ritengono un fuoco infernale, è perché tutta l’evoluzione, anche schizofrenica se vogliamo, non lascia scampo a nessuno, fino a raggiungere un apice pericoloso che implode nel suo stesso incendio, lasciando stranito chiunque. È questo forse il confine, o limite in cui cadono senza saperlo, perché la reiterata e continua ripercussione di questi ritmi secchi e violenti, ogni tanto avrebbe bisogno di un respiro, soprattutto come significato dell’opera completa, sempre divisa fra umorismo e realtà.
photo by P. Squared
Sta di fatto che a loro non interessa, perché questo loro modo di suonare appartiene proprio a un’idea di base che non ha bisogno di compromessi. S’ingroviglia nel tessuto narrativo quasi nel perdersi fra le strutture le quali, creano e fanno crollare nello stesso tempo, le mura di un labirinto impazzito carico di tensione e di elettricità.
“…C’è sempre qualcosa: / Una strana contrazione, / perdita dell’udito, / uno squillo, / nuova carne, / un nuovo urto, / un’assenza di gravità, / un mal di testa, / un arto dolorante, / uno squarcio pruriginoso, / un miraggio, / un tumore, / uno spavento / E quando uno è riparato, l’altro si rompe / quando alcuni sono distrutti, gli altri aspettano / Quando è il momento / non viene nessuno / quando hai tempo / tutto è finito…”
È un po’ come attaccare la spina in ogni angolo di strada: simulare davanti a tutti i passanti le derive di una collettività addormentata, svegliandola con una scossa di alta tensione con il rischio di bruciare chiunque ma, d’altronde, se fuoco dev’essere: fuoco sia, infernale come volete.
Spesso in ogni strada vediamo passare una continua processione di automi che potrebbero raccontarci passato e presente facendoci rabbrividire, come se ascoltando i loro pensieri dovessimo gridare collegati alle pinze di un elettroshock.
Link traccia d’ascolto
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Questo Hellfire segue le stesse direttive dei dischi precedenti, fatto di lunghe digressioni in un frastagliato agglomerato di stili, convogliandoli poi in quel calderone in ebollizione dove tutto si amalgama. Potremmo ipotizzare un jazz-noise, un funky-fuzz, un gonemad-rock, ma sarete voi a individuare la contrazione di preferenza, perché questo loro rifuggire ogni forma mainstream li rende tremendamente originali, anche se questo loro esibirsi sembra rasentare la farsa di un carnevale fatto di personaggi surreali e, come introdotto nell’incipit, palesemente mascherati. Anzi, tutto il contesto è fatto di storie che si rincorrono in una ridda citazionistica, come se ogni loro pezzo dovesse per forza irretire, invece che piacere. Ma come sempre succede, se l’interpretazione sfonda nel teatro dell’assurdo, tutto si ridefinisce dentro una forma di ammirazione che porta agli applausi per un’invenzione tremendamente vera. “…Nessuna scuola, nessuna vita, nessun lavoro, nessun tempo, nessun libro, nessuna arte, nessun punto, nessuna verità, nessun uso, nessun amico /
Nessuna conoscenza, nessun nodo, nessun buco, nessuna nascita, nessuna fine, nessun vero, nessun falso / Nessun giorno stabilito per l’arrivo dei miei salvatori, per portarmi lontano, nessun viaggio, nessuna fine / Mille anni senza niente che si nascondono dal nulla / Nessuna ragione per nascondere i peccati, nessuna ragione per non peccare / Nessun motivo per fingere…”
Speriamo che non vogliano insistere sull’ipotesi che non ci sia nessun altro modo di suonare.
Va bene, per risollevarvi il morale, cercherò di trovare per il prossimo post, qualcosa che possa lasciarvi in bocca un retrogusto dolce. Scegliete voi il cocktail che preferite…
Salute ragazzi!
il Barman del Club
Complimenti Barman, sarei anche curioso di sentirli in concerto. A te è capitato? Grazie.
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Purtroppo no… Speriamo in un prossimo futuro (!!!)
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Strepitosi, sul serio. Eh sì, sentirli in concerto deve essere esperienza esaltante. Bellissimo il loro passaggio fluido da un “genere” all’altro dei tempi e ritmi musicale.
Grazie, Bro (domani li porto con me in auto)
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In effetti stavo per dire la stessa cosa è interessante e per me gradevole questo passaggio dauna musica disturbante ad una melodia che in Still mi sembra richiamare musiche più rassicuranti…
Ciao barman per l’ora cappuccino e brioche🍵🍵
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Visto che leggo solo ora, dopo una lunga giornata, ci beviamo insieme un bel whisketto?
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Stasera!? Avec plaisir 😍
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le plaisir est aussi pour moi… ❤
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Buon ascolto !!!
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Mi raccomando, giuda tranquilla (!!!)
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🙂
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Cavalcade mi piacque parecchio, proviamo anche questo e grazie per il suggerimento
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Si merita, siamo in quelle coordinate
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altissimo livello
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Si, a mio avviso è uno dei gruppi più interessanti di questi ultimi anni.
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Grazie Antonio. Non li conoscevo. Sono rapito. Spettacolari (sensazioni che non provavo dalle grandi scoperte dei King Crimson e Talking Heads…)
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Vero, sono affascinanti proprio per la loro progressione inusuale, e la lezione dei Talking Heads viene portata all’eccesso in maniera dirompente.
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