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Domenica 16 ottobre 2022 al Circolo Magnolia di Segrate – Milano, si sono esibiti  i Dream Syndicate con un live pazzesco. Steve Wynn e soci hanno dato vita a un’esibizione infuocata in cui, il delirio lisergico delle due chitarre, insieme alla tambureggiante sequenza della base ritmica, hanno raggiunto vette dalla bellezza sconvolgente. Pur essendo un gruppo che ho visto moltissime volte, mai come in questo concerto li avevo gustati così in palla, così pimpanti, così liberi di esprimersi, e in ogni pezzo hanno dato il meglio di loro stessi, superandosi. Gli alfieri del Paisley Underground sembra non siano mai invecchiati, anzi, erano più vivi e vitali di quando erano giovani.

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Già dalla partenza si è capito subito tutta la messinscena dell’esibizione, fatta di un collante perfetto fra tutti i protagonisti insieme ad assoli lancinanti e schitarrate pazzesche fino a una esaltazione da far venire i brividi, e così è stato. La prima parte del concerto si è tutta concentrata con pezzi presi dagli ultimi album: quelli del ritorno sulle scene, per intenderci, i quali non hanno nulla da invidiare con quelli storici, talmente hanno fatto presa sul pubblico in maniera totale. Bullet Hotels, Out of My Head; Put Some Miles On; Damian, con il classico Burn, hanno incendiato il palco prima ancora d’iniziare a respirare. Every Time You Come AroundHard to Say GoodbyeTrying to Get Over potremmo considerarle una pausa dopo il forsennato inizio. Ma tutto questo per introdurre i 17 minuiti di How Did I Find Myself Here? attraverso quello che potremmo considerare il vero capolavoro dell’ultimo periodo. Dire che questo pezzo è meraviglioso, non è pura retorica, ma la consapevolezza che dal vivo questo concentrato di punk, jazz, melodia, rumore, improvvisazione, anima e bravura tecnica ti fanno svenire per le emozioni che provoca gridando al miracolo, mentre Glide concludeva la prima parte del live.

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Dopo circa 15 minuti di pausa, mentre i nostri vecchietti tiravano il fiato (e ne avevano bisogno dopo tanta veemenza) ritornavano pescando nel passato del loro lancinante repertorio: un viaggio nel tempo come ha introdotto Steve Wynn nell’eseguire praticamente tutto il loro leggendario primo album d’esordio, datato 1982. Tell Me When It’s Over; Definitely Clean; That’s What You Always Say; Then She Remembers e Halloween, ci hanno trasportato là dove non esiste un luogo, ma dentro la consapevolezza che la bellezza nasce proprio quando gli artisti firmano canzoni incredibili e che sono rimaste incancellabili. Proseguendo con When You Smile e Until Lately la batteria di Dennis Duck, il basso di Mark Walton, le chitarre del leader e del comprimario (per modo di dire) Jason Victor hanno raggiunto vette con cui non riesco più a trovare aggettivi, talmente mi hanno coinvolto fino allo straniamento, perché non me li aspettavo con così tanta voglia di suonare, con così tanta esaltazione emotiva, con così tanta carica torrenziale. Too Little, Too Late (con la presenza di Linda Pitmon sul palco) è soltanto un attimo di quiete prima dell’esplosione, perché The Days of Wine and Roses non ha bisogno di presentazioni talmente è risultata eccezionale, unica, imperdibile, con il pubblico praticamente in delirio. Sostanzialmente, i giorni del vino e delle rose non sono mai finiti

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E poi il bis, la degna conclusione da fine del mondo: quella John Coltrane Stereo Blues che non invecchia mai, anzi, interpretata con la modernità di oggi, ha acquistato un valore aggiunto che sembrava avanguardia, per non dire futuro. Anche in questo caso i suoi 15 minuti sembravano eterni talmente si avrebbe voluto che non finissero, assolutamente, trasportati come non mai da questo show che è andato oltre la perfezione, oltre lo stupore, oltre l’immaginazione. Mamma mia! Probabilmente, vi sembrerò esagerato, ma vi assicuro che i suoni che sono usciti dal palco del Circolo Magnolia l’altra sera, avrebbero stupito chiunque. Probabilmente io sono di parte, ma lo ripeto, di concerti dei Dream Syndicate ne ho visti parecchi: sono uno dei gruppi che preferisco, ma bello come questo non me lo ricordo. Forse, uno eseguito a Olgiate in provincia di Como per la rassegna “Musica in Collina”, anche se in quel caso la formazione era diversa. Tra l’altro, se la scaletta degli altri live eseguiti a Bologna e a Torino, in questa tournée italiana, aveva visto come conclusione Still Holding On to You e Boston, l’idea di eseguire qui a Milano John Coltrane Stereo Blues, ha dato a questo live un  sapore speciale, quasi magico, sperimentando tutto il possibile, quasi a riunire caos e controllo in un unico genere. Non c’è niente da dire: avevano voglia di suonare!

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Personalmente, mi viene da ridere quando sento dire che il rock è morto. Io ringrazio e ringrazierò sempre di essere nato in un’epoca dov’è esistita questa musica, adatta per tutte le emozioni possibili. Sarà anche relegato nei bassifondi dell’umanità, circoscritto nelle latitudini dove la cultura di massa non arriva, ed io potrei aggiungere: ma chissenefrega! Ci sono intere schiera di appassionati che vivono ancora di queste sonorità, le quali hanno perso il potere rivoluzionario di allora, ma che rimangono saldamente avvincenti anche solo per vivere delle ore di fantasiosa libertà. Qualcuno potrà aggiungere che i Dream Syndicate hanno una media di sessant’anni e forse più e non aggiungono niente all’evoluzioni di oggi… Vero, ma anche in questo caso chissenefrega! Credere che la musica possa muovere le coscienze della collettività è un’utopia. È vero, c’è stato un periodo in cui si è costruito sopra un’epica: un alone mitico che poi è alla base del rock stesso, ma se giriamo intorno al concetto di musica, potremmo dire che è tutto business, strategia commerciale, prodotto da vendere spacciandolo per opera d’arte. La musica nasce prima dal cuore e poi nelle casse del tesoro, e fortunatamente c’è stato chi ha mandato a fare in culo tutto questo creando dei capolavori rimasti nella nostra memoria.

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20221016_212008foto by Antonio Bianchetti

Io tanto per aggiungere altra carne al fuoco dirò sempre che il rock non morirà mai. Ha e subirà infinite trasformazioni, ma è giusto così perché i tempi e la società cambiano continuamente e la musica stessa non riesce a star dietro ai fenomeni di oggi e di domani. Ci sono momenti che diventa uno strumento di rivoluzione; altri che vive soltanto nelle dinamiche dell’interscambio emotivo, e altri ancora come semplice intrattenimento. Lo stesso rap che sembrava alzare le ultime barricate, si è ibridato con il rock. Tutto questo perché la società ti lascia andare e poi ti risucchia inevitabilmente, come se uno sfogo fosse necessario per illudere la moltitudine (o la minoranza), e poi tutto ritorna nei binari della quotidianità. Pane et circenses ricordate? Poi è vero, ogni eroe vive di luce propria e potrà illuminare chiunque anche solo per il momento che uno sfavillio ci lascerà quell’attimo di bellezza adatto ad allungarci la vita.

https://www.youtube.com/watch?v=jwWdMr4Xk-w

Ritornando al concerto dei Dream Syndicate, posso dirvi che ho vissuto due ore di appagante bellezza. Poi sono tornato al mio ménage quotidiano sicuramente più vivo di prima, più contento di prima, più appagato di prima. Rock’n’roll !!!
Salute ragazzi…

il Barman del Club

21 Comments on “DREAM SYNDICATE – Live al Magnolia 2022 – Segrate / Milano

  1. Credo che la musica sia uno dei termini (un parametro) della misura dell’evoluzione umana. Impensabile l’esistenza di una razza pensante che non abbia un qualche sistema musicale. In qualunque parte dell’universo.

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