algiers-shook

Al di là della bellissima copertina, il quarto album di questa band di Atlanta, dimostra ancora una volta la capacità di rigenerarsi pur mantenendo la propria identità di stile, insieme all’originalità che li ha sempre caratterizzati. Tra l’altro, questa loro abilità nel riuscire ad ampliare un respiro di lotta impegnata senza ripetersi in un loop, il quale, alla lunga distanza poteva sembrare troppo scontato, innalza il loro valore artistico facendoli emergere come un gruppo di punta nel complesso mondo musicale di oggi. Inoltre, se aggiungiamo la partecipazione di una lunga serie di ospiti illustri, anche intelligentemente, che regalano all’album una sequenza di tensioni divise fra la rabbia e la forza esteriore dalla potenza inaudita, non possiamo che celebrare quello che sarà sicuramente uno degli album più belli dell’anno.

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Fondamentalmente, essere capaci di strutturarsi diverse espressioni comunicative utilizzando la base del rock’n’roll, per poi contaminarlo attraverso il funky, gospel, punk, black-music o il rap come in questo caso, senza alterare la loro azione militante, non fa altro che ingigantire le loro idee creative diversificando tutta l’azione teatrale come una messinscena deflagrante, la quale arriva dritta al cuore, e ti stende. “…È come essere nel fuoco e tutto ciò che vedi sono le fiamme / E questo è tutto ciò che puoi vedere / E non vedi in alcun modo fuori / sai / E non puoi dirmi niente sul dolore a meno che tu non sia stato lì / in quella posizione…”

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Il bello di questa loro quarta fatica è stata proprio interagire con importanti protagonisti della scena hip-hop statunitense, i quali giganteggiano fra le varie tracce come attori per niente utilizzati come semplici comparse, proprio perché rivestono tutte le canzoni con una vitalità effervescente, trascinandoti dentro fino al coinvolgimento totale. Ospiti come Big Rube, Backxwash, Billy Woods, Samuel T Herring, LaToya Kent, Lee Bains III, Nada El Shezly fino a Zach De La Rocha, tanto per citarne alcuni, creano un substrato ritmico molto dinamico, il quale non lascia niente al caso, anzi, aggiunge forza sopra altra forza, ampliando il concetto di bellezza fino allo smarrimento, come se la percezione di un elemento base dell’ascolto diventasse all’improvviso un vortice da cui non si può uscire. Estasi e tormento, tanto per fare una citazione.

Link traccia d’ascolto
Link traccia d’ascolto
Link traccia d’ascolto

Potrei sviscerare traccia dopo traccia, ma io sono convinto che troppe parole non servono per circoscrivere un’opera. Un album va ascoltato, con passione, con orgoglio, con veemenza, con un senso di poesia che ha dentro fin dal primo solco: solo cosi lo si può capire.
Nel commentare questo “Shook” la critica lo apprezza e lo sminuisce quasi a volersi dividere fra chi lo definisce una ripetizione del loro percorso iniziato nel 2015 e un completamento della loro carica espressiva. Io  credo che non ho mai provato e percepito tanta voglia di ribellione da parte di questi ragazzi, nonostante il successo, nonostante la fama, proprio perché la genuinità che hanno addosso emerge e ti investe come una bomba che esplode con tutta la sua energia distruttrice. Volevano questo, e questo è stato, continuamente, ininterrottamente.

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Se poi prendiamo in esame i luoghi dove nascono queste canzoni, allora potremmo dire che mai come ora il profondo Sud degli States si è arricchito di una scena impressionante, non solo considerando il retroterra di un rap metropolitano, ma tutta la partecipazione fra bianchi e neri, la quale, interagisce nel cuore della musica come un collante inimmaginabile per tutta la pesantezza di un passato impossibile da cancellare. Il leader Franklin J. Fisher mai come ora ripercorre una drammaturgia lacerata fino a far emergere un insieme di liriche dallo spessore vivo e potente quanto basta per un’esaltazione collettiva, nonostante il collasso di tutto ciò che vive e pulsa intorno a noi, intorno a loro. “…Gli occhi in questa città mi seguono in giro come se fossi io quello che ha rubato il loro nome…
Abbiamo parlato di rock, gospel, funky, post-punk e spoken-word, ma potremmo aggiungere anche dub, dinamiche soul e psichedelia noise, fino a raggiungere il completamento di un espressionismo black talmente insolito da stratificarsi sotto la pelle, ad ogni parola, ad ogni pulsione ritmica, ad ogni scarica elettrica che non lascia scampo.
17 tracce, una più bella dell’altra, una più impressionante dell’altra. Una più interessante dell’altra. Io ho messo i link di tre pezzi, ma se volete un consiglio, ascoltatevi tutto il disco.
…Prendi il tuo piacere o il tuo dolore, qualunque cosa tu desideri / Arriva direttamente a casa tua / Siamo tutti così innocenti e stupidi / siamo tutti così veri…

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Photo in sequenza by Juan Carlos Ballesta

Gli Algiers vanno oltre il loro nome, preso in prestito dalla lotta coloniale insieme alla resistenza internazionale e contro il predominio razziale. Vanno oltre perché nonostante riescano a rendere un prodotto piacevole nonostante tutta la rabbia e la poetica militante che contiene, si assumono la responsabilità di darci delle coordinate dove dovrebbe incanalarsi l’umanità, e noi tutti non solo ad assistere a questa presa di posizione, ma ad accodarsi a questa manifestazione per far sentire anche la nostra voce e la nostra partecipazione.
Salute ragazzi!

il Barman del Club

20 Comments on “Algiers – Shook

  1. Barman, recensione davvero bella che condivido in ogni punto, una bomba di recensione per una bomba di disco che muove molte cose, il mio corpo e la mia testa di certo 😉 Complimenti ancora per la qualità di scrittura e l’approfondimento che spazia a 360° intorno alla band, alla musica, alla storia e al suo messaggio.

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    • È la passione che mi fa delirare, perché la musica, come la poesia, muove e muovono tutto un mondo che abbiamo dentro. Certi album lasciamo il segno per tutto il loro potenziale esplosivo, fino ad esaltare le pulsioni che generano ogni tipo di emozione, e questo “Shook” ha tutte le caratteristiche per essere tale. Viva!!!

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      • E non sarò certo io a placarti 🙂 deliri del genere valgono tutto quanto, la tua passione sconfinata si legge chiaramente in ogni parola, e credo tra l’altro, stia diventando una dote molto rara, potrei sbagliarmi, anche se parlando per esperienza non credo comunque di andarci molto lontano. Quindi sì, “Viva!!!” questo disco e qualsiasi prossimo disco, la poesia, “Viva!!!” questa “viva” passione che fa delirare.

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  2. Mi stupisce sempre, la musica che ascolti, in tutta la sua diversità. Spazi da un genere all’altro con una tale curiosità, e una tale voglia di conoscere altro da fare quasi invidia. Non tutti i generi che ci offri, mi piacciono ma mi lascia sorpresa la quantità di musica che c’è in giro… e, a volte, quando ascolto le tracce che lasci, mi ritrovo a sorridere, contenta della scoperta. Buonanotte, dalle tue parti, e alla tua salute.

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    • Vero… spazio fra diversi generi proprio perché voglio sentirmi vivo e dentro innumerevoli emozioni. E tutto questo aumenta la mia felicità, notevolmente.
      Notte anche a te, ovunque tu sia, perché risentirti e vero piacere…

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  3. Bellissima recensione, si sente che ci metti la passione nell’esplicare le tue sensazioni ed emozioni che, scaturiscono dal tuo profondo mettendole in luce per comunicarle ai tuoi lettori. Ho ascoltato le tracce d’ascolto e, ti dirò che le ho apprezzate, anche perché differivano l’una dall’altra, quindi musica apprezzata e variegata in questo nuovo disco. Ancora complimenti Antonio e buon week end!😊

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  4. Sole. Area tiepida Questo disco che ci hai presentato con così tante sfumature di sentimenti mi ha fatto trascorrere insieme un tempo così piacevole che non posso come sempre che ringraziarti…
    Fantastico il mondo che attraversi congiungono musica e poesia.
    Abbraccio forte 💕

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