Il 14 settembre scorso ci ha lasciato un altro grande poeta italiano: Roberto Roversi, protagonista dell’avanguardia letteraria del secolo scorso. Partecipò alla guerra di liberazione come partigiano e successivamente diede slancio al crescente movimento culturale italiano degli anni ’50. Non è casuale l’ avventura della rivista “Officina” condivisa con Pasolini e Leonetti, perché il suo impegno sociale era sempre stato quello di lottare contro le ovvietà e il perbenismo in cui la nostra società è sempre stata prigioniera. Di lui infatti ho ammirato la scelta di smettere di pubblicare con i grandi editori, per far girare i suoi materiali su semplici ciclostili fotocopiati, per gli amici e non, e di dedicarsi al suo lavoro di libraio che amava tantissimo. Ebbe anche molta notorietà come paroliere di cantautori importanti come Lucio Dalla (morto anche lui quest’anno), infatti i testi di album come Anidride solforosa, Il giorno aveva cinque teste Il motore del duemila, brillano per la sublime quanto smagliante poesia, perché riusciva ad essere abrasivo, usando solamente le carezze delle sue parole. Canzoni come  Un’ auto targata TO;   E’  lì; Il Coyote;  Passato, presente;  difficilmente si possono dimenticare. Sempre parlando di musica, Roversi firmò anche il famoso pezzo degli Stadio: Chiedi chi erano i Beatles, per questo motivo successivamente alla sua morte, in rete, si è mosso un movimento di opinione per far conoscere il suo nome al grande pubblico: Chiedi chi era Roversi…   Speriamo che non sia solamente un modo originale per farsi pubblicità da parte di questi artisti che lo conobbero, che usufruirono della sua speciale poesia per arricchire le loro canzoni. Speriamo che siano mossi da intenti sinceri e che il nome di Roversi circoli per avere il suo degno riconoscimento. Anche se a lui, nella sua semplicità, non importava dover apparire a qualsiasi costo; lui amava i suoi libri, la sua poesia.
Vi lascio con un brano da “Dopo Campoformio”, splendido poema lirico che narra le vicende della nostra penisola dal ’45 agli anni ’60, con un’ intensità e una ricchezza di contenuti da lasciare senza respiro. La sua voglia di raccontare, la sua voglia di cantare. Essere poeti nel silenzio della sua musica…

 

(…)
Scomparvero nelle piramidi di fuoco.
Quel tempo sporcò di melma le mani

dei sopravvissuti, dai gelidi cancelli
precipitarono ancora  ancora
le mandrie nei macelli –
belare straziava la lama dei coltelli
in mano ai giovani carnefici.
Non è questo che voglio: ricordare.
No, ritornare a quei lontani
anni, a quei tempi lontani.
I cani erano più felici degli uomini.
I miei versi sono fogli gettati
sopra la terra dei morti.
E’ questo che dobbiamo contrastare.
(…)

 

Si… è proprio questo che dobbiamo contrastare, dentro al vuoto culturale che ci accerchia giorno dopo giorno, inesorabile, senza sosta, facendo diventare questo tempo assurdo, la normalità. Per questo motivo quando girerete per le strade del mondo chiedete a tutti chi era Roversi, e quando incontrerete qualcuno che conosceva il suo nome, avrete trovato un alleato

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