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Riprendiamo questo giro di aperitivi con delle pillole legate a delle  passionalità di vario genere, in cui la musica, dolce o arrabbiata, fresca o ricercata, è sempre vicino a un’idealizzazione dell’amore, e l’amore si sa, porta gioie e dolori: ventate di entusiasmo o solitudini infinite. Come si dice sempre la bellezza dell’arte consiste nel dare libero sfogo alle fasi creative di ognuno, e la sua completezza immaginifica ci risuona dentro in un continuo gioco di emozioni. La ricerca del bello e dell’impossibile non è una semplice canzone, ma una fase fortunata della vita in cui siamo veramente liberi.

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 il viaggio continua…

Anna Calvi – Hunter

Anna Calvi – Hunter

Il disco d’esordio di questa cantante e chitarrista pubblicato nel 2011 mi aveva lasciato a bocca aperta, per quel calore, quella forza, quelle capacità vocali e strumentali con cui una rivisitazione melodica del soul bianco, esprimeva con le strutture di un rock assolutamente convincente, componendo nello stesso tempo delle canzoni immortali. Ora, dopo la parentesi del 2013 con  One Breath  e l’EP  Strange Weather  del 2014, ritorna sulle scene con questo bellissimo album, denso di passionalità ed erotismo, senza nascondersi dietro doppi sensi, infatti, tutto il disco che potremmo definire un concept, è una sostanziale rivelazione della sua doppia sessualità. Non è casuale che la sua immagine di femme fatale si riflette in maniera sconvolgente fra queste tracce, dove, una carnalità fluida mischia le carte in tavola, per essere uomo e donna, preda o predatrice a seconda delle situazioni, o come, a detta di tanti, gioca con la sua immagine: fragile angioletto nella vita reale, algida diva del palcoscenico e mostro feroce nelle performance dal vivo. Ma è proprio questo il punto: la trasformazione dei ruoli in una melodrammatica rivelazione della vita privata, l’ha portata in quest’ultimo lavoro a mettersi a nudo totalmente. Come sempre, rimane una manciata di pezzi strepitosi che trasudano di tutti i piaceri della carne, senza paura di amplificare la lussuria a verbo incontrollato del suo enorme talento, lasciando interdetti come da uno scriccioletto così minuto, possa nascere una potenza di fuoco devastante.
Grande Anna, insostituibile.

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passion fire
aperitivo abbinato
Passion Fire

 

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Johm Parish – Bird Dog Dante

Johm Parish – Bird Dog Dante

Ci sono artisti che non hanno bisogno di essere appariscenti come nuove divinità, anzi, si proteggono e si accontentano della bellezza che li circonda, perché la assaporano da ogni suo lato. Produttore, compositore, collaboratore e sparring partner di PJ Harvey in gran parte dei suoi album, soprattutto gli ultimi, ora pubblica un album interamente suo dal 2005 (se non si considera la colonna sonora della pellicola “She, a chinese” di Xiaolu Guo del 2010), e colpisce come riesca a circoscrivere un cantautorato tipicamente britannico, con delle sperimentazioni interessanti, le quali, sostanzialmente, si riflettono con la semantica del titolo. Bird Dog Dante è un gioco di parole, probabilmente anche improvvisato, ma proprio per questo i riferimenti musicali si completano appieno, senza una vera e propria definizione che li possa giustificare. È come uno spartito che accomuna post-rock e musica dei giorni nostri, non per forza d’avanguardia, perché la misura della canzone d’autore ha bisogno di essere toccarla con mano, sentirsela scorrere, attraversarla, appartenersi a vicenda e poi saperla ascoltare. Non occorre sperimentare l’impossibile, ma descrivere il presente come un paesaggio lunare senza mai arrivare all’implosione; algido e vitale. Forse rimane il deserto, ma anche fra la sabbia scorre la vita. Professionale.

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aperitivo abbinato
Ypsilon

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Kurt Vile – Bottle It In-2

Kurt Vile – Bottle It In

Scusate, ma per un esteta come me, non aver messo la copertina originale del disco, ma bensì l’interno della confezione, è riferito al fatto che è talmente brutta per cui ogni tanto bisogna avere un po’ di amor proprio (io certi grafici li manderei in giro bendati… tanto non perderebbero niente). Fortunatamente le tracce musicali sono di un altro spessore, perché Kurt ormai non è più un nome sconosciuto, e anche questo suo ultimo lavoro lo dimostra. La sua cifra stilistica non è cambiata, anzi, è cresciuta in originalità, nonostante si muova all’interno di una tradizione tipicamente americana, tra folk e indie tanto per intenderci. Il discorso potrebbe proseguire sul fatto che chi ha classe emerge e si differenzia proprio per il talento che esprime, anche nell’immediato, giusto per affermare che anche istintivamente si percepisce chi è una spanna superiore agli altri, e giustamente va premiato. Sostanzialmente quest’album è un insieme di ballate che si accomunano con un incedere lento e ritmico, dolcissime, ariose e poetiche, solari. Le figurazioni sono sempre illuminate e la serenità che esprime si percepisce in ogni dove. Rilassante.

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mulebitter
aperitivo abbinato
Mulebitter

 

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Cat Power – Wanderer

Cat Power – Wanderer

Qualcuno sostiene che i gatti hanno sette vite, qualcun altro afferma che le gatte femmine ne hanno nove, io posso solamente aggiungere che questa cantautrice ne ha molte di più, perché fra discese e risalite, cadute e ritorni, nessuno si aspettava questa nuova giovinezza. Evidentemente le sue capacità hanno il sopravvento sulle dinamiche e/o sfortune della vita, calcolando che la nascita di un figlio, ha riportato questa ragazza di Atlanta sulle strade di una maturità sempre più consapevole. Il suo stile, sobrio ed elegante, sempre intriso di folk, blues, gospel, country, con altre contaminazioni un po’ legate al sud degli States e un po’ a variazioni classicheggianti, si compone all’interno di melodie amare e dolcissime, in cui, l’America di oggi si rispecchia in mezzo a tutte le sue contraddizioni. Eppure, quando le tonalità sono dipinte con così tanta poesia, sfumando l’alternanza dei chiaroscuri in una sequenza di storie dal cromatismo carezzevole, il tutto si rigenera trasformando le inquietudini in un sollievo positivo, tipico della combattività e della dolcezza femminile. Elegante.

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aperitivo abbinato
Petit Paradise

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Kimbra – Primal Heart

Kimbra – Primal Heart

Nell’ambito del pop, questa interprete neozelandese è riuscita a concentrare una produzione di notevole fattura, con una miscellanea di elettronica insieme al tribalismo dei ritmi della sua terra. È questo il pregio dell’album, non tanto perché una reminiscenza etnica, per quanto edulcorata, sta alla base del lavoro, ma perché non è facile interagire fra melodie, echi rap e rappresentazioni urbane, come se niente fosse. Evidentemente il supporto di chi ha lavorato con lei è stato capace di arrivare a tanta innovazione. Almeno esiste il tentativo di armonizzare una base sperimentale con delle canzoni in cui la loro fruibilità non deve alterare gli equilibri sovrapposti, e in fondo, se nella sua complessità il disco schiaccia l’occhiolino al mainstream più convenzionale, probabilmente, i due mondi non collideranno ma, per una volta,
conviveranno in armonia.  Elitario?

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prosecco spot
aperitivo abbinato
Prosecco Spot

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Tirzah – Devotion

Tirzah – Devotion

Si può costruire delle canzoni con un lavoro di sottrazione? Lavorare intorno ai suoni in una sorta di destrutturazione intellettuale? Evitare ogni accorgimento vicino all’estetica ricorrente, per proseguire in una serie di algoritmi simili ai tempi dispari di una base ritmica rallentata? Non tanto perché una serie di formule possa decodificare o fluidificare uno spartito musicale, ma perché un’impronta hip-hop derivativa da un repertorio tipicamente bluesy, si è scarnificata in modo tale da non riconoscersi più. Certo, non è un lavoro facile, anche per un ascoltatore abituato alle melodie fischiettate in automobile, ma se vogliamo rincorrere una modernità proiettata verso un futuro in evoluzione, allora, queste nuove linee sono o saranno una delle tante strade percorribili. Tirzah Mastin, londonrese, si muove all’interno di questo mondo alternativo (anche obliquo se vogliamo),  in cui l’amore e la solitudine convivono annullandosi a vicenda, raschiandosi la pelle sostituendola con un’altra sintetica, per nascondere la vera, togliendo e riponendo in continuazione ogni emozione come se fosse una pellicola continuamente sovrapposta. Il risultato è questo e non lascia scampo, perché anche la privazione di un linguaggio deve avere il suo confine.
Extradry.

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Perfect Martini

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Julia Holter – Aviary

Julia Holter – Aviary

Quando in un tessuto musicale emergono partiture che si possono dilatare anche in ambiti multi-artistici, tipo: il teatro, l’installazione, il balletto, l’opera, la danza moderna o il reading poetico-sperimentale, non è facile etichettare una produzione che abbraccia estensioni così particolari. Ma a noi le etichette non interessano, quello che conta è l’originalità di un lavoro, il quale coniuga armonia e caos, aggiungendo via via tasselli eterogenei in cui, la vivacità si alterna a un’ipnosi latente, per poi dare spazio a un affresco astratto, senza linee guida. Ma c’è sempre un pretesto, una traccia dove partire, come per esempio la “voliera” del titolo, scelta da questa performer di Los Angeles per evocare un racconto hitchcockiano della scrittrice libanese Etel Adnan, in cui il mondo si ritrova a convivere il presente intorno a uccelli urlanti. Però non spaventatevi, ogni traccia si dipana tra le fasi sperimentali con l’estensione cristallina di una voce particolare, la quale alterna melodie con i quadri di un’esposizione dove convergono lirici greci, poeti buddisti, l’inferno di Dante, le melodie dei trovatori, le danze dei pigmei e le improvvisazioni jazzistiche in cui, l’apoteosi culturale, è solamente un’esigenza manieristica  per uno spettacolo dell’anima. L’era del drago è appena iniziata.
Ambizioso.

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bacardi special
aperitivo abbinato
Bacardi Special

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Mogway – Kin

Mogwai – Kin

Ormai questo gruppo scozzese non ha più bisogno di presentazioni, soprattutto pensando alla sua propensione nell’accostarsi a colonne sonore, che li aveva già visti, o è meglio dire “sentiti”, nel documentario sull’apocalisse di Hiroscima: “Atomic” del 2016, o nella serie francese “Les Revenants” del 2012. Questo film dei fratelli Baker: “Kin” appunto, incentrato sulla figura di un bambino-supereroe, li riporta attraverso una fase di rivisitazione della loro impostazione musicale, in cui, il post-rock degli esordi viene superato attraverso una maturazione la quale, pur dovendo accomunarsi alle fasi cinematografiche delle immagini, assume vita propria, rigenerandosi. Le atmosfere sono più rarefatte, eteree, si sovrappongono musicalmente e s’immedesimano nelle dimensioni apocalittiche delle visioni distopiche, prendendo via via corpo e suggestione, sempre in progressione. Probabilmente, il contesto fantascientifico, li ha deviati verso una cosmologia musicale in cui si fluidificano elettronica e space-rockambient e  shoegaze, dando ampio spazio al pianoforte che padroneggia la scena assumendosi il ruolo di protagonista. Anche nei momenti più lenti dell’album, quello che colpisce è la sorprendente serenità che i vari passaggi lasciano trasparire. In fondo, ogni visione è sempre una fusione fra sogno è realtà, perché le favole moderne fanno parte dell’archetipo vissuto nell’ingenuità dell’infanzia, ma sempre ricco della sua purezza. Fascinoso.

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aperitivo abbinato
Candy Moon

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Giorgio Canali – Undici canzoni di merda con la pioggia dentro

Giorgio Canali – Undici canzoni di merda con la pioggia dentro

All’inizio ero rimasto nel dubbio se inserire questo rocker nelle pillole di questa sezione dove si parla di cuori appassionati o più avanti quando parlerò di cuori irrequieti, ma in fondo ho scelto questa parte, non tanto perché la carriera dell’ex CCCP; CSI; Per Grazia Ricevuta, poi proseguita con l’apogeo di album solisti fino a “Tutti contro tutti” e “Nostra signora della dinamite” (probabilmente i suoi capolavori) sia piena fino all’orlo di forza e furore, ma perché il suo amore per la musica viscerale è veramente una passione autentica. Non è casuale che questo nuovo lavoro riparte da un verso del suo ultimo disco (“Rojo”): “…come se avessimo bisogno di un’altra canzone di merda con la pioggia dentro…”. Ecco, è questo il verbo di un personaggio che ho da sempre stimato per la sua resistenza intellettuale. Ma al di là delle propensioni attitudinali del nuovo titolo, queste sono undici canzoni che vivono sopra i testi espliciti sparati in faccia con i suoi fidati Rossofuoco, con la solita determinazione: rock’n’roll scarno ed efficace, diretto e veemente, dove questa volta l’impeto rivoluzionario attinge frammenti di pura poesia, giusto il tempo per colorare anche situazioni personali. Non ci sono mezze misure, Giorgio le spara senza remissione come ci ha sempre abituato, proponendo nella sua visione iconoclasta una serie di fucilate che riportano questo genere musicale alla sua visione originaria. Avranno anche la pioggia dentro ma, probabilmente, per lavarla da tutta la merda che abbiamo intorno.
Fuoco puro.

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long island ice theaaperitivo abbinato
Long Island Ice Thea

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Richard Thompson – 13 Rivers

Quando si è nell’immaginario degli appassionati una leggenda, o se vogliamo essere più sobri, un artista di culto, che dire ancora di questo grande artista britannico. Personalmente non posso dimenticare un suo concerto del 2015 al Teatro Nuovo di Treviglio, assolutamente fantastico, e proprio per l’occasione, questi tredici fiumi idealizzati in questo suo nuovissimo album, trascinano una carriera lunghissima con le imprevedibilità della corrente, sia tumultuosa, sia dolcissima. Quello che mi colpisce come sempre è la maestria nel condurre una chitarra elettrica con la bellezza e il turbinio proprio come l’elemento che ha generato la vita, e fondamentalmente, se intorno ai corsi d’acqua sono nate le più importanti civiltà della Storia, perché non immortalarci anche le proprie emozioni? In questo disco fatto d’inediti e riletture di alcuni classici, la miscela di folk, rock, blues è sempre di altissimo livello, mantenendosi sempre, pur non cambiando una virgola del suo stile, sopra la media dell’eccellenza. Ascoltarlo è un piacere, perché professionisti di questo calibro che non se la tirano neanche di una virgola, è difficilissimo trovarli, soprattutto in un ambiente attuale dove l’approssimazione sposata a un edonismo esagerato sembra sia diventata la norma. Con il solito gioco di parole, se la classe non è acqua, allora, dentro questi fiumi scorre la meraviglia. Inossidabile.

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stout forever
aperitivo abbinato
Stout Forever

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pizzacuore

Vi ho servito un po’ di cuori: pieni, vuoti, non importa, la vita è una continua rincorsa
verso la propria felicità interiore, la quale potrebbe essere anche quella di assaporare la gioia di un figlio o di un nipote che cresce.
Questi sono pochi momenti e allora gustatevi anche un po’ di musica
e uno stuzzichino perché anche il palato vive delle sue emozioni.
Alla prossima…

il Barman del Club

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35 Comments on “PILLOLE DI SALAME – musica per cuori appassionati

  1. Di questi album ho preso J. Parish e J. Holter. Proverò l’ascolto dei rimanenti. La Calvi non mi ha mai convinto.

    Si la copertina di K. Vile è proprio brutta.

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    • mi sembra quella pubblicità: lavori? Ma quanto lavori?
      Io purtroppo lavoro sempre cara… giorno, notte, ferie sempre poche…
      Altrimenti sarebbe una figata, blog compreso (!)
      Donne? La passione prima di tutto……..
      Un Martini? Te lo servo doppio (con la musica prima di tutto)

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  2. ammetto che, di questo lungo elenco, non conosco quasi nessuno… con l’eccezione dei mogwai (notevole la colonna sonora di Les Rvenants) e Kimbra (che ricordo per aver duettato con Gotye sulla bellissima Somebody that I used to know. Urge rimediare.. ?

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  3. Pingback: I MIGLIORI DISCHI DEL 2018 per il Sourtoe Cocktail Club – Sourtoe Cocktail Club

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