Yard Act - The Overload

Tanto per rimanere dentro la nuova ondata post-punk britannica, una band osannata da tutta la critica dall’inizio del nuovo anno, è proprio questa originaria di Leeds: fertilissima città dal punto di vista musicale. Non è casuale che il loro album d’esordio capeggia nei vari portali del settore, per tutta una serie di ragioni, concentrate intorno alla capacità d’incidere con una scrittura sarcastica all’interno del sistema d’oltremanica, facendolo risultare grottesco. Tutta l’espressività artistica di questi ragazzi ruota intorno a questo modo d’intendere le cose: rigirarle, capovolgerle utilizzando un’ironia tagliente, proprio per contrabbandare una rabbia fuori dal comune, facendola passare come un’invettiva cabarettistica, ma in realtà affilata come una lama che non lascia scampo. Prima si sorride, e poi ti accorgi della pugnalata.

Yard Act - The Overload

Chiaramente se da una parte la messinscena teatrale risulta vincente, la costruzione musicale non le è da meno, anche se la voce del frontman James Smith è praticamente la spina dorsale di tutto il progetto, risultante efficace quanto basta per essere una manipolatrice del palcoscenico. Dietro l’ispirazione però non c’è solo l’ombra dei Fall, come si potrebbe presupporre seguendo l’istinto, ma tutto un retroterra che riesce a coniugare rap, indie, wave, spoken-word e ritmi dance molto coinvolgenti, i quali, trascinano non poco dentro queste esuberanti composizioni che attraversano radicalmente l’Inghilterra di oggi. È chiaro che le generazioni emergenti da sempre si sono comportate criticamente con chi li ha preceduti, soprattutto con quelli che dopo si sono sostituiti al potere costituito peggio dei precedenti. Anche se potremmo dibattere su questo punto, infatti, non è casuale che il saggio di Jon Savage dal titolo “L’invenzione dei giovani“, sottolinea proprio come il sistema non solo abbia da sempre sfruttato tutti i movimenti di massa, ma oltremodo ha trasformato la cosiddetta rivoluzione culturale in un prodotto commerciale, proponendolo come un’anfetamina da servire sul mercato, e i giovani appunto, erano e sono la fascia più interessante da convincere. Ecco che in tutto il novecento, prima con i vari regimi, e poi successivamente, dal dopoguerra in poi con l’evoluzione dei teenager, la musica era ed è sempre stata non solo lo sfogo, ma il mezzo perfetto.

Link traccia d’ascolto
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d’ascolto
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Lo so che queste cose le sappiamo da tempo, e che in questa società moderna siamo tutti il prodotto di strategie commerciali, ma se ogni manipolazione viene utilizzata per uno scopo esclusivamente economico, perché non credere che i referenti dell’introito se ne freghino ormai del messaggio urlato dappertutto, talmente siano catturati dal loro guadagno? Ecco che dietro le disquisizioni di questi ragazzi (le quali poi non sono molto distanti da quelle che sentivo quand’ero giovane anch’io), dobbiamo crederle sincere, anche perché il loro divertimento sarà anche il nostro: è sempre stato così e non cambierà mai niente; d’altronde, la musica è politica o intrattenimento? O tutte e due le cose? Ritornando all’album di oggi, dobbiamo calarci in questo mondo lasciandoci andare dentro queste storie e all’ironia che gli Yard Act sfoderano attraverso un mitragliamento continuo, e godere, godere attraverso la loro sfacciataggine: “ci lamentiamo contro tutto e tutti ma non sarebbe male arrivare al numero 1 delle vendite… cosa ci volete fare, siamo assurdi e presuntuosi, siamo ipocriti, come tutti…” Così, tutto quello che sembrerebbe un inno anti-capitalista, rimarrà sempre a metà fra la voglia di esprimersi e quella di superarsi, attraverso la voglia di suonare con l’espressività di una poetica talmente irriverente da sembrare vera. In fondo, l’affermazione dell’hip-hop, in questo caso utilizzato a pieno titolo, crea un’effervescenza assolutamente contagiosa.

Yard Act - Live
Foto prese dal web

Sta di fatto che l’esordio di una band così originale, contaminata dai suoni d’oltreoceano e innestata perfettamente nel suolo delle loro radici, anche se adolescenziali, risulta essere avvincente e trascinante proprio attraverso questo stile parlato, dove la musica si arrampica senza sosta sulle parole che si susseguono imperterrite e divertite. Non c’è niente da aggiungere: grande album!
Poi, come concludo sempre, e dopo tutto questo parlare, soprattutto nell’ascoltare queste canzoni, come si fa a non avere sete? Io, quasi quasi, chiamerei il leader del gruppo per una bella bevuta in compagnia, d’altronde avrà sete pure lui… o no?

 il Barman del Club

20 Comments on “Yard Act – The Overload

    • Beh, se proprio dobbiamo fare dei paragoni con le altre band di questo momento, probabilmente questi sono quelli più legati al passato: vedi i The Fall di Mark Smith o il Pop Group di Mark Stewart. Bisogna però riconoscere che la contaminazione con il rap e la sua trasposizione all’interno di influenze post-punk non è male. Poi, lo sappiamo tutti, la musica di oggi è tutta una rielaborazione di quella che c’è stata prima, e quelli che riescono ad essere più originali della media, saltano subito al naso. Anch’io preferisco i Black Midi o i Fontaines D.C. ma questi a mio avviso utilizzano l’ironia che altre band non hanno, e dopotutto si fanno ascoltare. Almeno credo… 🙂

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  1. Adoro questo post, perché non si limita a parlare di musica, ma ci permette di cogliere delle sfumature (tipo quella sugli abitanti di Leeds) che non avremmo mai potuto scoprire altrimenti. Complimenti amico mio! 🙂

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    • Hai ragione, dovrei sempre calarmi nel retroterra di ogni gruppo che recensisco, proprio perché ognuno di loro ha una storia da raccontare con tutte le ramificazioni possibili.
      Ciao ragazzo: benvenuto!

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