Se la lettura è una passione che unisce vitalità, cultura e divertimento, tutto il mondo che pulsa al suo interno, sarà senz’altro un universo straordinario dove perdersi e ritrovarsi, e più libri faranno parte della nostra quotidianità, più universi potranno evolversi dentro e fuori di noi.
Con vicino un buon bicchiere vediamo delle ultime uscite interessanti.

Questo che a tutti gli effetti è il primo romanzo di una talentuosa giovane scrittrice palermitana, rimane veramente un esordio fulminante nel descrivere una storia lunga quasi 80 anni. Questa è una narrazione tutta al femminile che ci racconta le vicende di tre generazioni di donne in una Sicila arcaica, da gli anni venti fino alle soglie del 2000, in cui sono proprio loro le autentiche protagoniste. Scritto con una prosa originalissima, ibridata con il dialetto del luogo e alternandosi con le evoluzioni della parola nel corso di questi ultimi cent’anni, ci racconta come la forza che si esalta nel mondo del sesso chiamato “debole”, in realtà vince su tutti i fronti propro in relazione alle figure maschili che in questo caso risultano inconcludenti o solitamente meschine. La trama segue le innovazioni legate a un’Italia contadina, la quale via via cresce e diventa adulta, come queste donne che si evolvono a livello intellettivo seguendo le vicende del nostro paese, dal diritto di voto alla legge sul divorzio, dall’abolizione del delitto d’onore fino alla concessione dell’aborto. E loro ci raccontano le vite semplici e complesse della loro crescita in una terra patriarcale proprio per valorizzarle, nonostante le sottomissioni e le disavventure, spesso pesanti. Eppure, l’ironia con cui la Tamigio si svela fra queste pagine, fa emergere tutti i personaggi che si ergono al di sopra del racconto, trasformandolo, come se ad uno ad uno diventassero vivi oltre la pagina; e loro: le donne, a tirare le fila fino a diventare tenaci e mai dome, sofferenti e nello stesso tempo, divertenti: “…“Lo sapete, vero, che il cognome delle donne è una cosa che non esiste. Portiamo sempre quello di un altro maschio.” – “Comincia tu a tenerti il tuo, e poi si vedrà…”

Uvaspina è il soprannome del nostro protagonista nato con una voglia sotto l’occhio sinistro, simile a un acino maturo e incastonato nella pelle chiarissima. Suo padre notaio si vergogna di lui, mentre la madre frustrata che ha perso la sua bellezza da tempo, è vittima di una sindrome che la rende ipocondriaca ogni volta che il marito esce di casa. Uvaspina ha una sorella più piccola di lui che lo schiavizza e lo rende partecipe di tutte le sue bizze, come una trottola nelle sue mani, spesso umiliandolo. Intorno a loro vive una Napoli multicolore e ribollente di vita dalle molteplici sfaccettature, sempre divisa tra la terra e il mare. Ed è proprio nel mare che Uvaspina conoscerà un pescatore diverso da tutti, il quale, coltivando la passione delle letture e partecipe ai misteri dell’acqua, farà crescere quell’amicizia necessaria per capire come si evolve una vita, almeno fino a quando gli eventi prenderanno una piega diversa dalle aspettative. Scritto con una prosa originalissima e a tratti divertente, la scrittrice ci proietta fra le pagine di una storia bellissima dove l’amore e la tragedia si alternano intorno al fascino della città partenopea, in cui ognuno incarna il destino che gli è stato assegnato e da cui nessuno può sfuggire, come se gli eccessi e le vicende di un luogo unico al mondo, fossero il teatro ideale dove far svolgere quella finzione necessaria per inventarsi un po’ di allegria.

Questa romanzo dal retrogusto fiabesco è un accorato omaggio al famoso scrittore scrittore italiano delle “città invisibili”. Queste pagine ci raccontano la storia di un bambino, il quale, giocando con il suo pallone, una volta che gli andrà a finire oltre i binari della ferrovia, sa che non potrà recuperarlo, perché la madre gli ha proibito di attraversarli. Ecco che s’incamminera’ lungo il loro corso nella speranza di trovarne una fine, come se l’impossibilità di vedere i vari passaggi della vita, fosse proprio quel percorso di ognuno di noi alle prese con una via d’uscita, senza speranza. Tra l’altro un Italo Calvino immaginario prende corpo fra queste pagine, completando il racconto, compagno di giochi del protagonista e guida necessaria durante gli incontri lungo quei binari senza fine. Ognuno con il loro destino, così come i paesaggi che incarnano e trasformano le personalità degli attori, via via che passa il tempo, via via che dalla gioventù ci si evolve in altre età, sempre percorrendo quei binari infiniti. Poi, se il ritorno sarà inanellato sempre da qualcuno che ci aspetta, l’istinto di ognuno di noi sarà sempre catturato da quel desiderio di cercare ovunque qualcosa, e forse il suo mancato ritrovamento è l’incentivo per non fermarsi mai.

Questo è uno dei thriller più belli che ho letto ultimamente, il quale, a metà fra la realtà e la fantascienza, ci racconta una storia che sarà protagonista del futuro prossimo venturo. Il tutto si svolge in un presente dove siamo tutti controllati e dove l’intelligenza artificiale determina ormai la vita di ognuno. Sarà proprio un ricercatore a capo di un importantissimo progetto che vuole dare ai computer quantistica la facoltà di pensare, il quale, dovrà affrontare partendo da un furto d’identità a danno di una delle sue figlie, tutta una serie di vicissitudini che gli sconvogeranno la vita, braccato da una multinazionale potentissima che vuole alterare il destino dell’umanità. Si sviluppa una trama mozzafiato ricchissima di colpi di scena, che il nostro protagonista dovrà ricollegare proprio per evitare la deriva verso un mondo dominato dalle macchine, come se l’individuo fosse soltanto un numero da eliminare in base alle sue personalità. Ritroviamo in questo caso tutti gli elementi di tanti film futuribili che abbiamo visto, ma che fra queste pagine si evolvono per farci entrare in una realtà ormai fra noi, la quale ci condizionera’ inevitabilmente, e che, se non riusciremo a controllare, sarà completamente padrona delle nostre vite.

Finalmente vengono pubblicati i racconti di uno dei più visionari scrittori a cavallo di questi due ultimi secoli. Sceneggiatore di importantissime graphic-novel come “V for vendetta”, “Watchmen” e “Providence”, e di romanzi di culto come “Jerusalem”; si ripropone al pubblico con una serie di racconti fantastici, legati proprio al suo mondo surreale dove intervengono l’assurdo, l’horror, la fantascienza o la fantasy, giusto il tempo per fare un collegamento metaforico con la nostra realtà, spesso più complicata della finzione. Tutti questi personaggi esistono spesso dentro dimensioni che si alterano o luoghi che diventano inverosimili solo apparentemente, perché i parallelismi con una quotidianità che ci circonda, sono talmente vicini da sovrapporsi inevitabilmente, come una storia che ascoltiamo solo accendendo il televisore. Ma se oltre a quel poco di bello che ci rimane, anche la letteratura viene investita dalle ipotesi del male, cosa ci rimane per essere felici? Come sempre il fascino della lettura, che supera la soglia dell’inevitabile, per farci divertire e se vogliamo, consolare.

Quando il vecchio rivoluzionario e cospiratore venne imprigionato per evitare qualsiasi contatto con la Comune che nel 1871 stava incendiando Parigi, dalle prigioni dov’era detenuto riuscì a scrivere questo saggio dall’impronta astro-metafisico, con una profezia che univa scienza e poesia, fisica e filosofia. Si teorizzava che ogni astro dello spazio esisteva ed esiste infinite volte, e tutti gli esseri presenti su quelle superfici godono il privilegio di questa perennita’, concludendo che ogni uomo possiede un numero eterno di doppi identici a lui che vivono una vita uguale alla sua. Praticamente non ha fatto altro che anticipare la teoria del multiverso, anche se alla fine, il suo testo non faceva altro che sottolineare le sue idee anarcoidi legate al materialismo che aleggiava tra i fermenti dell’800, tanto per rivendicare il fatto che l’umanità era condannata a un’infinita ripetizione di eventi. L’eterno ritorno di Nietzsche e la fisica delle fluttuazioni, insieme alle paranoie di Philip Dick o al fascino che investì Borges, fino alle convinzioni di Alan Moore, si racchiudono fra queste pagine che, se da una parte si fondevano con le idee comuniste del tempo, dall’altra si aprono a un’ipotesi nichilista che si arricchisce di un fascino oscuro, legato a una delle tante origini dell’universo perso nella sua illusione e alla condanna di una ripetitività apocalittica, come le comete perennemente costrette a seguire in eterno lo stesso identico percorso.

Bene, non so se per vostro Natale vi ho dato dei consigli preziosi; ci rimane comunque quel desiderio di conoscenza che ogni libro ci trasmette ogni volta che si apriranno le sue pagine, sempre traboccanti di cultura.

Salute ragazzi!

il Barman del Club