l'ultimo terrestre-locandina film

Spesso le recensioni di espressività artistiche è giusto riproporle anche anni dopo la loro uscita, perché un prodotto sia musicale che letterario, o cinematografico come in questo caso, deve avere la possibilità di essere assimilato in tutte le sue giuste dimensioni, sia positive che negative. Dopotutto la decantazione di qualsiasi creazione, acquista o decade dopo le sue primissime emozioni e rimane nella memoria collettiva soltanto quando emerge la sua valenza espressionista, perché il tempo è galantuomo (come dice qualcuno), e con il tempo abbiamo le possibilità di esprimerci anche noi, in base a quello che ci trasmette senza nessun problema, magari per paragonarla a momenti particolari dell’attualità. In fondo l’arte è anche preveggenza o meglio (o peggio, dipende dai punti di vista) epigona di un’apocalisse interiore che a tutti i costi  deve dirci qualcosa, e questo qualcosa è parte stessa della nostra vita.
L’ultimo terrestre è il primo film di Gianni Pacinotti, noto ai più (o ai pochi) come GiPi, un fumettista eccezionale che ha voluto con molto coraggio passare dal foglio disegnato alla pellicola esposta, per realizzare un lungometraggio molto convincente e interessante, e se vogliamo sorprendente, soprattutto per l’originalità con cui è stato girato, e che a mio avviso si adatta molto bene alla situazione attuale in cui sta vivendo il nostro paese.

Presentato nel 2011 al Festival Internazionale di Venezia narra di un paese disilluso e amareggiato in cui il futuro è un buco nero  dove non si vede la via d’uscita e dove, sorprendentemente, viene annunciato l’arrivo degli alieni. Però questo arrivo epocale non dà nessuna emozione particolare , anzi, nelle trasmissioni radiotelevisive che precedono il loro sbarco qualcuno dice: “prima sono arrivati i meridionali a rubarci il lavoro, poi i marocchini, i neri e infine i cinesi, ci mancavano pure gli alieni.. rimandateli a casa loro perché non li volgiamo”. E via di questo passo, tra chi li accetta e chi li respinge, tanta è la delusione che circonda questo presente. Il protagonista è un disadattato un po’ strano che vive da solo, lavora in una sala bingo, spia la propria vicina di casa ed è amico di un trans che probabilmente ha conosciuto nelle sue frequentazioni notturne, ma soprattutto va a trovare spesso il padre agricoltore che suo malgrado diventa parte integrante della trama, non tanto perché sarà il primo a incontrare gli extraterrestri, ma perché dietro la sua figura semplice e normale si nasconde un terribile segreto.


Tutti gli attori della storia recitano una parte volutamente caricaturale (alieni compresi),  forse eccessivamente forzata ma, tutta la sceneggiatura si appoggia dentro a questa ambiguità sempre a cavallo fra ironia e dramma, divertimento e suspense, stranezza e normalità. Infatti questa decisione è voluta, come dice lo stesso regista nell’intervista che ho postato più avanti, perché una situazione così paradossale doveva essere narrata con il sorriso sulle labbra: è stato un rischio… ma in fondo è stato un rischio superato molto bene. Tutto regge alla perfezione  e nonostante qualche lentezza di troppo in cui ormai è caduto il cinema italiano in questi ultimi anni (ogni tanto un po’ di dinamismo non avrebbe fatto male), si arriva in fondo soddisfatti. D’altronde  nella vita di tutti i giorni chi sono i buoni o i cattivi, o meglio, si può scindere il bene dal male?  O ognuno di noi nasconde parte della propria personalità dentro il cono d’ombra che non vuole far vedere? Chi sembra anormale diventa più sincero di chi si nasconde dietro la maschera della normalità, e tutto si capovolge all’interno di una società troppo occupata ad occultare il marcio che si cela appena dietro l’angolo, anche nelle situazioni apparentemente quotidiane. Sopra tutto e tutti aleggia questo sbarco degli extraterrestri a metà tra farsa e cruda realtà ma, soprattutto, chi sono? Degli abili conquistatori o dei vendicatori divini? Dei semplici viaggiatori dello spazio o la proiezione delle nostre paure? E cosa faranno appena arrivati?   Non vi svelo il finale ricco di sorprese che in fondo è racchiuso nella nostra storia millenaria piena di soprusi verso gli altri, anzi, c’è sempre un altro da nascondere dentro noi stessi, come se gli alieni fossero sempre stati in mezzo a noi.
A questo punto qualcuno si chiederà perché ho voluto parlare di questo film. Innanzitutto perché mi è piaciuto, ma soprattutto perché nella confusione che in questi giorni sta vivendo l’Italia, forse,nemmeno l’arrivo degli alieni ci potrebbe salvare. Di conseguenza la categoria dove è scritto questo post non dovrebbe chiamarsi (in questo caso) “fantascienza oscura” ma, realtà, a tutti gli effetti!

il Barman  del Club

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6 Comments on “L’ ULTIMO TERRESTRE – gli alieni sono già tra noi?

    • Lo vorrei tanto scrivere ma non ci riesco… probabilmente è sempre l’arte o la cultura di tante persone che conosco, il pensiero positivo di questo presente, perché di sicuro non si arrenderanno mai !

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  1. Non lo conoscevo in verità.. ora faccio un giro per il tuo blog..
    Mi piacerebbe commentassi alcuni miei articoli, se ti va!
    Piacere di conoscerti….
    Luna

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  2. Visto !
    Bellissimo !
    Perché in qualche modo rispecchia quello che sono io.
    E’ vero. Ci si immedesima nel personaggio centrale e la metafora degli alieni per avere una speranza di capire il bene dal male è veramente eccezionale.
    Un gran bel film, realizzato magari in modo modesto, ma quello che vale più di tutto in ogni arte, è il messaggio che passa…
    E qui tanto di cappello.
    Ciao.
    Stefano.

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