mark lanegan straight songs of sorrow

Il vecchio Mark è ritornato e ritorna continuamente sulle scene, in una sorta di vortice dove converge tutta la sua vita, soprattutto in questi ultimi anni dove evidentemente il processo di ricostruzione, deve per forza continuare, inarrestabile, fino a sviscerare tutto il male che aveva dentro, fra distruzione e redenzione, eccessi e ripensamenti,  disillusione e poesia. La musica fa il resto: compagna della catarsi e della ricerca artistica sempre calata nei meandri di un inferno difficile da dimenticare, per via delle fiamme e delle ustioni presenti nelle cicatrici rimaste. “…Non farmi bruciare in questo modo / salvami dal fuoco / conosco l’arte della solitudine…

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Lanegan publica ancora un album oscuro, perennemente vissuto nel buio nei suoi trascorsi, fisicamente superati ma mai dimenticati mentalmente, come se il presagio di esistere, o di aver coabitato insieme alla signora vestita di nero, come una compagna sentimentalmente da amare, era una forma di sfida o di follia, spesso ricorrente nella storia del rock . “...Ci conosciamo fin troppo bene / Camminando fianco a fianco attraverso i campi dell’inferno / … / rimaniamo io e te /  ma un giorno saremo liberi…”  Inizia così un continuo dialogo con la morte, riuscendo nello spirito confessionale, non tanto a perdonarsi, ma a riappropriarsi della sua anima perduta, o perlomeno, nell’essere consapevole di tenersela stretta, ora, che finalmente è ritornata nello spazio disperatamente vuoto da cui se ne era andata. “…Ho pagato per questo dolore che ho messo nel mio sangue / nessuno potrebbe mai dirmi che è abbastanza / Non potresti mai dirmi che è abbastanza...”

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Tutto l’album è una sequenza di tracce bellissime, che alternano tutti questi suoi stati d’animo, eppure, non si avverte l’incombenza di una fine appena sfiorata, ma solamente il fatto di esserci andato vicino ed essere qui a raccontarla. Così facendo, quella forma di bellezza che ci attrae per aver riconquistato la vita, diventa il retrogusto di tutte le tracce, perché, nonostante l’atmosfera apparentemente plumbea, si avverte una sorta di serenità interiore nella narrazione, attraverso un sound che valorizza questa tesi. Folk, blues, elettronica e desert-rock, si alternano nel classico stile che ha da sempre caratterizzato il cantato di questo interprete americano, sempre vicino ai confini del crepuscolo e della conseguente notte, ma ancora vivo quando alla prime luci dell’alba saluta ancora una volta il riapparire del sole. “…Ho trascorso la mia vita, cercando di morire in ogni modo / È il mio destino essere l’ultimo a restare in piedi? / Non lo sai che è un crimine?  /…/ Tutte le montagne buie che ho scavalcato / E devo rinviare ancora la mia fine / Sì, devo rinviare ancora la mia fine…

Link traccia d’ascolto
Link traccia d’ascolto
Link traccia d’ascolto

Ho avuto una difficoltà enorme a scegliere delle tracce d’ascolto per la meravigliosa sequenza di tutte le canzoni, di conseguenza il mio consiglio è proprio quello di acquistare o scaricare tutto il disco, perché rimarrete ammaliati di tanta ricchezza. Poi, come sempre, è una questione di approccio personale verso un artista o un altro. Ma sono convinto che il fascino strisciante di questo cow-boy solitario, continua e continuerà a trascinare nel suo mondo, una serie infinita di persone. “…Libero la mia anima dal vuoto / Conosco il gusto del dolore / stasera sono delirante / Vivo per suonare domani / Vivi per suonare domani / Sono venuto in questa città / nessun conforto o tranquillità / proprio mentre la pioggia scendeva / Giuro che non voglio perdere questa volta / Vivo per suonare domani / Vivi per suonare domani…”  Si perché, come ho premesso, si avverte via via in tutto il percorso la dolente apparizione della sconfitta, ma nello stesso tempo viene raccontata con la consapevolezza di poterlo fare e proprio per questo di averla superata, lasciando agli strumenti di una band formidabile il compito di emergere.

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Tutta la poesia dei testi è veramente chiusa nelle spirali dove una città di dannati si muove scomparendo fra una strofa e l’altra, ma la dolcezza della musica fa si che l’attenuazione del dolore e di questo continuo cammino a fianco degli eccessi, sia quella luce intravista in fondo al tunnel e poi abbracciata con la sua umiltà.  “…Attraverso boschi di asfalto e di cemento / sempre con la volontà di sorridere / alle catastrofi e alla tragedia / sempre per un altro giorno / solo per trovare un altro modo di vivere / vicino al mio demonio / Solo tu e il diavolo sapete dove sono stato / … / Alcuni dicono che dovremmo essere già andati via insieme / Io e te aggrappati ai tempi e i modi in cui avremmo potuto morire / ma avevamo altre terre da trovare / … / La polizia dice che dovremmo essere già andati via / ma io e te ci stiamo ancora aspettando / I dottori dicono che dovremmo essere già andati via / ma io e te stiamo ancora camminando…”  Ma se l’inferno esiste per superarlo, allora, anche il paradiso sarà solamente una tappa del passaggio per un altro mondo.

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“...Io e te ci stiamo ancora aspettando / Mi dirai se questo è il paradiso? / Oh si , me lo dirai? / perché è l’unico che vedo / La luce del giorno sta arrivando, la luce del giorno mi sta chiamando / ho trovato la porta dell’Eden e mi sono perso in una città di cemento / Sì, tutti devono essere liberi / La luce del giorno sta arrivando / La luce del giorno mi sta chiamando / e tutti devono essere liberi / Sì, tutti devono essere liberi…
Che altro aggiungere, bisogna solo ascoltare, ascoltare e viaggiare insieme alle storie di questo cantautore che ci fa soffrire e rivivere ogni volta che lo sentiamo raccontare, ogni volta che lo sentiamo cantare, attraverso un altro album fantastico.
Comunque tranquilli, io, come sempre,  offro da bere !

Salute ragazzi…

il Barman del Club

26 Comments on “MARK LANEGAN – Straight Songs of Sorrow

  1. Ho in disco di Mark Lanegan con Isobel Campbell, Ballad of the broken seas. L’ho amato. Ottimo spunto per riprendere ad ascoltare un artista molto vicino alle mie corde, anche se ultimamente purtroppo dedico sempre meno tempo alla musica 😔

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  2. Ecco, Mark Lanegan… io non sono mai riuscito a farmelo piacere fino in fondo. Intendiamoci, non che lo consideri uno scarso.. ha scritto ottimi dischi (Whiskey … Blues funeral, Fields songs – forse il mio preferito) così come, inevitabilmente e come tutti, altre cose precindibili e/o abbastanza noiose. Da un punto di visto vocale per me rimane una bella spanna sotto due come Vedder ed il compianto Chris Cornell – per rimanere da quelle parti – ma è innegabile che la sua discogrfia solista è ben più ricca e probabilmente qualitativa rispetto a quelle dei due colleghi sopra citati. Insomma, lo apprezzo pur non ritenendolo un punto di riferimento imprescindibile.
    Detta tutta s’ta spatafiata… il nuovo mi sembra davvero molto interessante, ad un primo paio di ascolti. Potenzialmente uno dei suoi lavori migliori in assoluto, imho. Sicuramente da tornarci sopra ed approfondire insomma.
    E a proposito di tornarci sopra, ben tornato Barman! Ti rileggo con estremo piacere.. al solito, ottimo lavoro

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  3. Bel commento grazie, perché in fondo è proprio così: anch’io ho storto il naso quando ha iniziato a contaminare le sue ballate con l’elettronica, a mio avviso snaturandosi, perché la sua voce cavernosa la ritenevo più giusta verso i suoi territori preferiti. Comunque ci sta che un artista provi a cambiare e probabilmente ha ragione lui.
    Come ho già detto sarebbe interessante che facesse dei dischi come gli ultimi di Cash, perché come voce, lo ritengo proprio il suo erede, con i vari distinguo chiaramente. Vedremo…

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