rock-impegnato-ottimi album primi mesi 2023

La musica può avere mille sfumature, lo sappiamo tutti, e si sviluppa intorno a svariati generi, soprattutto in questi ultimi anni dove non c’è più una rivoluzione in atto, ma un ripetersi continuo di tutte le sperimentazioni passate, salvo qualche raro caso. Proprio per questo motivo entreremo in una carrellata di album diversi, fra classicismo e novità, giusto il tempo per assaporare delle ultime uscite che personalmente ritengo valide, anche se, ascoltare tutte le proposte che a vagonate vengono pubblicate mese per mese, è impossibile. Io metto nel piatto dei dischi adatti a questo locale, poi, se anche voi avete dei suggerimenti, li accetterò con piacere. Buon ascolto!

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Partiamo…

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van morrison moving on skiffle

VAN MORRISON
Moving On Skiffle

Il primo artista non ha bisogno di presentazioni, vista la sua enorme carriera e la sua classe. Nonostante personalmente lo ritengo molto antipatico, bisogna (ogni tanto) sottomettersi alla sua bravura interpretativa e, cosa volete farci, quando un album è bello: è bello, punto. Chiaramente il nostro burbero protagonista rimane fedele al suo stile, fatto di blues, folk, variazioni jazzate, colpi di rock sanguigno e, sostanzialmente, questo suo ultimo lavoro rimane un gradino sopra dalle sue ultime uscite, a volte troppo scontate. Questa volta invece fa centro con una lunga serie di cover, le quali risalgono prima della nascita del rock’n’roll, ma in questo caso rivisitate facendole diventare attuali: Hank Williams, Leadbelly, Red Nelson, Jim Reeves, Woody Gutrey e molti altri, giganteggiano con un aura nuova e un nuovo respiro. Praticamente una gioia collettiva continua legata al significato del titolo: “festa per l’affitto“, originariamente nata nelle comunità afro-americane di Chicago, le quali organizzavano intrattenimenti musicali per sostenere famiglie bisognose. E in questo caso una festa per noi, non per pagarci le spese, ma per il nostro diletto quotidiano. Voto 7,5

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Wolves of Saturn – The Desert Echo and the Peyote Delusion

WOLVES OF SATURN
The Desert Echo and the Peyote Delusion

A prima vista, la copertina non lascia scampo: soliti scenari, solito immaginario, solite interpretazioni, solito tutto, eppure, ascoltando le varie tracce una ad una si respira qualcosa di diverso, quasi nel favoleggiare al contrario, come dice il titolo, luoghi comuni legati proprio a certe visioni di fine anni ’60. In fondo, se il sound di base rievoca qualcosa di quegli anni, alla fine sostanzialmente non veniamo attratti dall’eco del deserto, e neppure di quel peyote che aveva illuso una serie infinita di generazioni, ma dalla risposta evocativa del rock’n’roll, furente quanto basta, per trasformarsi in una psichedelia ricca di sfumature stoner e di accenti ritmici eccellenti. Questi ragazzi, originari della Germania, si lasciano andare trasformando la tradizione un po’ retrò, nell’evoluzione di chi vuole circondarsi di un groove vecchia maniera, con  la voglia di correre ancora una volta lungo quelle vecchie strade polverose, utilizzando però un’automobile moderna, e non scassata come vuole la tradizione. Voto 7,5

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Dave Okumu & The 7 Generations – I Came From Love

DAVE OKUMU & THE 7 GENERATION 
I Came From Love

Questo interprete austriaco di nascita, ma britannico d’adozione, conosciuto ai più come il front-man del gruppo The Invisible, realizza un progetto solista di notevole spessore, attraverso, come dice il testo di chi l’accompagna, le sette generazioni che dalla schiavitù sono arrivate ai giorni nostri, giusto il tempo per decantare una società ingiusta attraverso secoli di storia e cosa significa esistere all’interno di queste dinamiche. Tra l’altro l’ensemble è costituito da ospiti prestigiosi come Grace Jones, Wesley Joseph, Robert Stillman, Raven Bush e molti altri, con le voci campionate di personaggi come Aimé Césaire e Stuart Hall.  Non è casuale che queste tracce sono ricchissime di note black, etnica, spoken-word, funky, dub, jazz sperimentale e pura avanguardia dallo spessore pazzesco, la quale s’incunea in tematiche riviste moltissime volte dagli interpreti di colore, ma sviluppate in questo caso con una creatività molto caleidoscopica e convincente, da avvolgerti nella loro narrazione, fra tragedie e redenzioni. È come seguire un romanzo dal fascino ipnotico, il quale ti lascia intontito dentro una danza tribale che rievoca ogni tipo di orrore, ma come tale viene sublimato dentro una metamorfosi densa di significati moderni e attuali, ricchi di poesia: “…sono venuto dall’amore / devo tornare in paradiso…Voto 9

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Wendy Martinez – Rivages du monde flotant

WENDY MARTINEZ
Rivages du monde flottant

Ora passiamo dalla Francia per incontrare il progetto solista della front-woman del gruppo psichedelico “Gloria”. In questo caso però non ascolteremo cavalcate lisergiche, ma un sound tipicamente transalpino, legato a un cantautorato che a tratti sconfina nel pop, ma che generalmente si ammalia attraverso inflessioni chansonnier e visioni poetiche dense di significati. La lingua francese poi, risulta molto piacevole proprio per questo incedere emotivo, in cui, fra recitati e impennate liriche, si mettono sul piatto tematiche sociali e situazioni personali, legate alle passioni verso il cinema e la letteratura. Vengono subito in mente famose interpreti come Juliette Gréco, Brigitte Fontaine, Édith Piaf o la più recente Isabelle Geffroy in arte Zaz, perché lo spessore della versificazione va di pari passo con la musica, e crea un assioma efficace quanto basta per un suo piacevole ascolto. Voto 7,5

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Sqürl – Slver Haze

SQÜRL
Silver Haze

Questa band newyorkese legata indissolubilmente a un post-rock molto dark, nasce da un’idea del regista Jim Jarmusch e il suo compagno d’avventura: il batterista Carter Logan, i quali, dopo aver navigato nelle acque tumultuose di soundtrack molto legate ai loro lungometraggi, formano questa sigla, o band per intenderci, proprio per lasciarsi andare con le loro idee e le loro intuizioni. In questo caso ci troviamo all’interno di paesaggi bui percepiti attraverso luoghi chiusi, come se un mondo disumanizzato fosse intravisto attraverso i vetri sporchi di un’umanità ormai al collasso, attraversata da sonorità kraut e variazioni sul tema da un folk-apocalittico ridotto all’osso e droni perduti nel loro stesso incedere. Le tematiche però sono molto varie, nel senso che le tracce si diversificano fra pezzi strumentali e altri cantati, apparentemente coinvolti da echi bowiani dove l’elettronica si fonde per poi disperdersi nelle nebbie di luoghi inospitali, senza nessun Lazarus ad accendere speranze. Inoltre, con la partecipazione di ospiti importanti come il chitarrista Marc Ribot e l’attrice Charlotte Gainsbourg (che presta la sua voce) tutto l’album scivola via come se una dolcezza magnetica lo facesse suo, per abbandonarsi alla sua stessa illusione. Voto 8

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Chalk – Conditions

CHALK
Conditions

Questo gruppo post-punk (o techno-punk come amano definirsi) nord irlandese, di Belfast per la precisione, s’inserisce a pieno titolo nella nuova ondata di band britanniche con un EP denso di sonorità cupe e violente al tempo stesso, cariche di una drammaticità sorprendente e una necessità di esporre le loro domande al mondo circostante. Ma se il chiedersi continuamente qual’è il nostro scopo: da dove veniamo e dove andremo, comporta tantissimi riferimenti disseminati nella filosofia di questi ultimi 3000 anni, la risposta del presente è proprio legata all’irruenza devastante di questi ragazzi che non guardano in faccia nessuno, e disseminano le loro canzoni anche solo per il gusto di provocare una reazione fra orrore ed estasi. L’album non arriva a 30 minuti, ma vi consiglio di sedervi ad ascoltarlo completamente, proprio per immedesimarvi con tutta l’adrenalina possibile insieme alle pulsioni che non finiscono mai, ininterrottamente, e proprio per questo degne di farvi vivere una mezz’ora di altissima qualità. Voto 9,5

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The National – First Two Pages Of Frankenstein

THE NATIONAL
First Two Pages of Frankenstein

Questa band di indie-rock originaria di Cincinnati capitanata da Matt Berninger ormai la conosciamo da tempo, e probabilmente ci serve per tirare un attimo il fiato, come se la dolcezza e l’introspezione ci servisse proprio per una pausa in questo complesso presente. Tutto sommato potremmo sbilanciarci definendo quest’opera un concentrato minimalista fra folk e pop, sintetizzato dalla necessità di rinascere, perché, se il significato del titolo rappresenta proprio l’impossibilità di creare una genesi nuova: assolutamente vera, o almeno con la voglia di sognarla, probabilmente, dall’illusione stessa di dare una nuova vita, nasce davvero l’ispirazione, superando così il blocco dello scrittore che pare avessero i nostri protagonisti. Così facendo se il fallimento è la base di partenza per un’altra grande impresa, perché non provarci? Fondamentalmente, questo è il significato della vita perché non bisogna mai arrendersi, ma insistere fino alla fine con le proprie convinzioni. Voto 8

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Goat – Seu Sangue

GOAT
Seu Sangue

Ho accolto con molto piacere il ritorno di questa band svedese, che a suo tempo mi aveva sconvolto la vita (musicale s’intende) con il suo concentrato di ritmi tribali e atmosfere etnico-funkyrock, e questo loro ultimo EP mi ha riportato alle loro origini. La miscela è sempre la stessa: afrobeat e groove dannatamente psych con una spruzzata industrial ai massimi livelli, giusto il tempo per coinvolgerci nella loro danza senza fine, intrisa di oppio e di fantasmagoria, fra travestimenti ed echi vicini alle foreste equatoriali. Tutto è concentrato proprio intorno a questi riferimenti senza un attimo di pausa, coinvolgendo l’ascoltatore non tanto nell’immaginare terre lontane, ma nel fare della musica il medium necessario per un momento di follia immaginifica. Cosa volete farci, ogni tanto l’immedesimazione è la stessa che hanno avuto questi ragazzi, i quali, dalle fredde lande dell’estremo nord, sono partiti con la fantasia verso il sud del mondo, e con esso hanno raggiunto la vitale simbiosi con il cuore dell’anima. Voto 7,5

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Dave Lombardo – Rites Of Percussion

DAVE LOMBARDO
Rites of Percussion

Questo percussionista cubano e statunitense di adozione, noto per essere stato il batterista degli Slayer per circa dieci anni e poi turnista, pubblica ora un album solista decisamente sperimentale, in cui praticamente si esalta la sua attitudine verso la ritmica e l’estasi dei tamburi. Praticamente questo esperimento è solamente incentrato sull’utilizzo di qualsiasi tipo di percussioni: dai timpani alle maracas, dai congas ai suoni dei nativi americani, dai gong cinesi ai bonghi, dai darbuka ai cajóns e via di questo passo, all’interno di una sinfonia e una miscellanea di proposte interessantissime che però hanno bisogno di un ascolto molto attento. È come trovarsi all’interno di una ricerca d’avanguardia fra poliritmia e sovraincisioni, le quali, aumentano l’esposizione della ricerca attraverso un loop irrefrenabile, senza un attimo di pausa. Tutto il lavoro si avvolge su sé stesso, descrivendo un territorio a volte virtuoso e volte martoriato, dove ogni vibrazione descrive moltissimi stati d’animo e come tali vivi per essere interpretati da qualsiasi punto di vista, fino a immedesimarsi persino con il nostro battito del cuore, il quale, lentamente, velocemente, si ricollega con il nostro abisso per illuminarlo.
Voto 8

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zugabe-lowland
ZUGABE
Lowland

Concludiamo questo secondo giro con l’EP di un gruppo italiano molto interessante, giusto il tempo per un ideale collegamento con il prossimo post, che riguarderà la musica di casa nostra. Molto vicini a sonorità tipo Mogwai, fra post-rock e shoegaze, questi ragazzi veronesi partono da un titolo molto evocativo: “pianura”, come se il sound di questo lavoro si perdesse nelle nebbie classiche di questi territori e da cui possono nascere visioni e realtà intraviste poco a poco, fra distese verdi e improvvise creature di cemento. Sostanzialmente, tutto l’impianto è circondato da una trance onirica, come se la continua evaporazione di ogni cosa rendesse via via visibile il tessuto dei significati, fino all’arrivo del sole, lasciando esplodere la successiva luce come un’epifania che possa racchiudere tutte le melanconie  e tutte le dolcezze possibili. Quello che stupisce è proprio questo: l’assenza di un negatività di fondo, proprio per esaltare lentamente quello che di più bello ci circonda, e come tale, assaporarlo fino alla perdizione. Voto 8,5

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Bene, abbiamo terminato questo secondo giro di aperitivi musicali, alternando vari generi e assaporando poco a poco quello che di più bello ci offre l’esistenza, perché, la vita va goduta fino in fondo, senza diventare prigionieri delle nostre paranoie. Una buona musica, un bel libro, qualcosa da sorseggiare con calma, senza correre come ci hanno abituati e tutti diventeremo più felici, come abbiamo sempre sognato…
Salute ragazzi!

il Barman del Club

5 Comments on “Rock d’impegno – musica per intenditori: alcuni ottimi album di questi primi mesi del 2023

  1. E’ bellissimo poter capire tutte le sperimentazioni che vengono fatte in ambito musicale e, saperle apprezzare nel modo giusto. Scrivi sempre dei begli articoli densi di notizie che, tendono a far apprezzare al lettore le varie composizioni nel loro contesto musicale. Sei un grande esperto dell’ampio genere musicale. Complimenti e buona serata Antonio!

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  2. Pingback: Best album 2023 – i migliori dischi del 2023 per l’Intonation Cocktail Club – Intonations Cocktail Club 432

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