Martin Kholstedt - Feld

Al di là della bellissima copertina, questo compositore tedesco si ripropone ancora con il suo settimo album ufficiale, senza dimenticare i progetti paralleli o le numerose colonne sonore che l’hanno reso famoso, soprattutto negli ambienti artistici. Quello che potremmo chiamare come un alfiere della musica elettronica, in realtà, prosegue la tradizione dei “corrieri cosmici” che in terra teutonica continuano a nascere senza dimenticare le loro origini, proseguendo un viaggio oltre i confini che cerchiamo di misurare ogni volta. In realtà, è proprio la musica il medium necessario per esprimersi nelle coordinate perfette sempre in espansione, come la sua creatività eterogenea, la quale, si trasforma in un’esperienza sempre in divenire, sia sulle tracce e sia nei suoi spettacoli dal vivo, trasfigurati come delle vere e proprie performance del movimento.

Martin Kholstedt

Quello che stupisce di questo suo ultimo lavoro è la caratterizzazione e l’equilibrio dei suoni, sempre in perfetta sintonia fra sintetizzatori e piano solo, come se una sua versione della musica classica, si fosse evoluta fino a fondersi perfettamente con un sound futuribile, dove potremmo immaginarci di tutto. Ed è proprio da queste note oltre il tempo, che ci immergiamo in una cosmogonia particolare la quale sembra esplodere e implodere nello stesso momento, come se fossimo partecipi di fronte ai paesaggi di una post-apocalisse, fra bellezza e distruzione, quiete e meditazione, desiderio di rinascita e rassegnazione, turbamento ed estasi. Siamo immersi in un liquido talmente denso da galleggiare nel suo fluido immaginifico dove si altera la realtà, variegando il sogno fino a confondere quello che realmente è vivo o è solo immaginazione.

Martin Kholstedt - Feld-5

Analizzando la cover dell’album, sembra proprio che l’autore abbia attraversato un mondo trasversale, lacerato dall’abbandono e dall’annichilimento, fotografando un momento di solitudine estrema, come se non esistesse più l’uomo, con le sue tracce dietro di sè. Ma se l’incedere dei suoni provoca ogni tipo di reazione, è possibile che l’espressività artistica sia proprio la soluzione della rinascita. Non è casuale che Martin Kholstedt è l’artefice di un progetto di riforestazione in un angolo della Germania, vicino a Breitenworbis nella Turingia dov’è nato, giusto il tempo per ridare equilibrio e bilanciare i nostri consumi scellerati. Sta di fatto che il suo impegno ecologista si mischia con la sua attività creativa, travalicando i generi proprio per introdurci nella meditazione necessaria fino alla comprensione di quello che ci sta succedendo intorno, anche perché il connubio fra musica e creazione e alla base di ogni tipo di espressività, e il suo apogeo nasce sempre dentro di noi, prima dell’infinito.

Link traccia d’ascolto
Link traccia d’ascolto
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I titoli delle varie tracce: Luv; Din; Elz; Mod; Pix; Sjo; Nor; Dia; Ohm; Vim; Lin; Myn, non hanno un significato apparente e non ho trovato riscontri in rete. Probabilmente sono gli incipit emozionali del compositore, il quale si lascia andare nelle direzioni obbligate dal concetto di appartenenza, insieme ai suoi panorami. In poche parole, tutto quello che ascoltiamo prende corpo in una specie di rarefazione, dove, nelle dinamiche dei vari tratti ispirativi non c’è spazio per una forma di disperazione, anzi, il tutto si evolve attraverso uno stato di quiete che risulta positiva e ci lascia in una parentesi emotiva quasi di effervescenza, tanto siamo vicini al concetto d’illuminazione; se d’illuminazione intendiamo la ritrovata bellezza dopo qualsiasi evento negativo. Le note sono perfettamente bilanciate e l’equilibrio fra elettronica e strumentazione è talmente avvincente da farci scivolare dentro un mantra dalle mille sfumature, come un sogno dentro un altro sogno, come una speranza dentro un’altra speranza.

Martin Kholstedt - Feld-6Foto prese dal web

Se in lingua tedesca “Feld” significa “campo”, ecco che ogni passaggio suggerisce una forma intuitiva giusto il tempo per aprirsi nello spazio d’aria che abbiamo intorno. In fondo, come diceva Stockausen, la musica intuitiva è il risultato della sintonia spirituale del musicista, facendola emergere più pura possibile, proprio all’interno di un momento d’intuizione, raggiungendo la somma di tutte le ispirazioni possibili. Martin Kholstedt ce ne da una dimostrazione tangibile e noi con lui ci lasciamo andare nell’ascolto, immedesimandoci con la sua creatività, fino alla perfezione, fino alla rarefazione, lasciando evaporare ogni pensiero negativo.
Salute ragazzi!

il Barman del Club

23 Comments on “Martin Kholstedt – Feld

  1. Ma che disco mi hai regalato Barman?! Ma che disco “(!!!)” Cit.
    Grazie perchè a differenza di molte recensioni le tue mi invogliano davvero all’ascolto, a differenza di alcune bla(blablabla)sonate riviste(non faccio nomi)che mi fanno scappare la voglia anche di ascoltare cose che ho già ascoltato con piacere. Quindi grazie, dici poco, Grazie.

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      • Condividire è un gesto da “Grazie” sincero, fosse anche una mattina un biscotto rotto, non è scontato e non è mai, per come sono fatto, relegabile o trascurabile 😉 Sarà che sono allergico a tutto il resto, all’impersonale e tutto quello che questo comprende, ma non conosco, nella mia pochezza, un dono più grande di vivere che non sia di passione e arrivi in qualche modo, come magicamente, da un qualche “altrove”.

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        • E’ un po’ come vedere oltre il confine del quotidiano, cercando di superare quella normalità che ci relega spesso in recinti omologati. Anche perché quando si è davanti a un’opera d’arte, che sia piccola o grande, questa ci penetra dentro fino ad immedesimaci con la nostra personalità. Poi, tutto il resto viene da solo…

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