Questo 13 ottobre è mancata una delle poetessa più rappresentative della cultura nordamericana, premio nobel del 2020 e con alle spalle altri premi prestigiosi. Ma al di là dei meritati riconoscimenti, quello che a noi importa è la particolarità della sua scrittura, densa di significati interiori e di ricerche psicanalitiche, le quali, scandagliano epica e mitologia, cultura classica e leggende anglosassoni, natura e introspezione come un’unica entità, fino al passaggio che tra vita e non-vita ci attende per una visione più universale.
Chiaramente se attraversiamo tutta la sua esistenza sempre in equilibrio fra traumi e rivelazioni, ci troviamo oltre ai già citati temi mitologici, quel rapporto con il suo giardino interiore sempre a contatto con la sua trasposizione paesaggistica: confronti e metamorfosi che riflettono il contatto diretto con la natura che circondava il suo mondo, delicatamente femminile, ma sempre fragilissimo. Raccolte come l’Iris Selvatico, per esempio, dimostrano che il ciclo degli eventi ci appartiene in maniera indissolubile, attraverso la nostra precarietà e nello stesso tempo nella nostra capacità di rigenerarci, come appunto la genesi di un fiore fra quotidianità ed eternità. Oppure quel costante rapporto con la morte che ritroviamo in Ararat o meglio ancora in Averno, il lago vicino a Napoli in cui gli antichi credevano esistesse la soglia per accedere agli inferi, come un portale che ci separa dall’al di là. La sua ispirazione però era ed è sempre legata a tutto il mondo semplice che la circondava, perché se nelle sue due ultime raccolte: Notte fedele e virtuosa e Ricette per l’inverno dal collettivo, ascoltiamo la domanda dove sono finite le storie leggendarie che ascoltavamo da bambini nella nostra età adulta, giusto il tempo per popolare sogno e realtà, alla fine, l’arrivo dell’inverno o della morte stessa si può consolare non tanto con il cibo o con le ricette per crearlo, ma con la meditazione di un semplice gesto, il quale rimarrà nella nostra memoria per sempre. In fondo, come ha detto un altro poeta, dopo l’inverno ci sarà sempre un’altra primavera.
I gigli bianchi
Mentre un uomo e una donna fanno
fra loro un giardino come
un lenzuolo di stelle, qui
indugiano nella sera d’estate
e la sera diviene
fredda dal loro terrore: potrebbe
finire tutto, è passibile
di devastazione. Tutto, tutto
può essere perduto, per l’aria profumata
le colonne sottili
che si alzano inutilmente, e più in là,
un mare agitato di papaveri –
Zitto amore. Non importa
quante estati vivo per ritornare:
in quest’unica estate siamo entrati nell’eternità:
Ho sentito le tue mani
seppellirmi per sprigionare il suo splendore.
Louise Glück
da L’iris selvatico (ilSaggiatore)
Neve
Fine dicembre: mio padre e io
stiamo andando a New York, al circo.
Mi tiene
sulle spalle nel vento gelido:
brandelli di carta bianca
svolazzano fra le rotaie:
A mio padre piaceva
starsene così, tenermi
in modo da non potermi vedere.
Ricordo
che guardavo dritto davanti a me
il mondo che mio padre vedeva;
stavo imparando
ad assorbire quel vuoto,
la neve fitta
non cadeva, faceva mulinelli intorno a noi.
Louise Glück
da Ararat (ilSaggiatore)
Le migrazioni notturne
Questo è il momento in cui vedi di nuovo
le bacche rosse del sorbo selvatico
e nel cielo scuro
le migrazioni notturne degli uccelli.
Mi addolora pensare
che i morti non le vedano
queste cose su cui facciamo affidamento,
esse svaniscono.
Allora cosa farà l’anima per rinfrancarsi?
Mi dico che forse non avrà più bisogno
di questi piaceri;
forse già non essere basta del tutto,
per quanto sia difficile da immaginare.
Louise Glück
da Averno (ilSaggiatore)
foto tratte dal web
Fondamentalmente, una trasposizione lirica asciutta coma la sua, ha avuto un impatto essenziale nella società accademica statunitense, così come all’uomo comune, proprio perché attraverso il suo ritmo dolce e sincero è arrivata a tutti, sempre in relazione alla tradizione di questo paese dove la poesia viene dal popolo e non dalla cultura alta, facendo alla fine il giro del mondo.
Salute ragazzi!
il Barman del Club
Straordinaria poesia, la sua, la tua, straordinaria “proesia”, perdonami questa mia malsana abitudine di fare stupidi giochi di parole, e poi qui dentro, in un punto apparentemente così, sbuca una questione, una questione che mi pongo amaramente spesso; “dove sono finite le storie leggendarie che ascoltavano da bambini?” Quelle popolari, quelle di strada, quelle dei cortili con gli uomini a martellare o segare qualcosa e le donne a raccontare, dove sono finite?
Conservarle, servirà ben più dell’ostinzione perchè non vadano miseramente sperse dalle generazioni.
Come sempre leggerti è ricevere un grande insegnamento e fortificare i pensieri.
Ciao Antonio, complimenti! 🙂
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Ti ringrazio del complimento e del tuo commento che sostanzialmente ha ragione, perché crescendo perdiamo proprio quella cultura orale che i nostri nonni ci avevano trasmesso nel raccontarci le loro favole, come iniziazione alla vita. Ursula Le Guin disse che sono esistite culture che non hanno inventato la ruota, ma non sono mai esistite culture che non narrassero storie. Spesso, crescendo, ci perdiamo nelle nostre elucubrazioni perdute negli incubi dei politici, e noi stessi siamo causa ed effetto, nonostante la consapevolezza di aver capito, eppure continuiamo a sbagliare, continuiamo a dimenticare. Ogni tanto dovremmo ritornare bambini per capirci come adulti…
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È vero quello che dice, e forse stupidamente mi soffermo lì, in quella sua frase e continuo a pensare che sono esistite culture che narravano storie senza creare ruote ed ora, pieni di ruote, siamo ormai a raccontare solo una non storia, una non cultura. Ed è vero quello che dici tu, dovremmo tornare bambini…
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Anche se ritorniamo bambini, facciamoci una bella bevuta: bionda, rossa o scura?
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Ahahah, questa è sempre un’idea splendida Antonio, “da 0 a 99 anni”. Bionda, decisamente, sono quel classico antipatico che in una birreria con 20 birre aromatizzate e lavorate in maniere complesse, alla domanda “cosa ti porto?” Risponde “Una bionda, una normale dannata birra bionda.” Grazie! Alla nostra, e un po’ a tutti quelli che ci vogliono bene!
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Grande… quella classica senza troppe elaborazioni è sempre la migliore. E “bionda” sia … !!!!!!!!!!!! 😀
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Non la conosco😫il suo genere ❔♥️🩷
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Non importa, c’è sempre tempo per imparare… Il bello della vita è proprio questo.
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Grandissima poetessa; con il suo tono asciutto, semplice è capace di creare magia e riflessione. Molto belle le poesie che hai scelto; come sempre il tuo “gusto” non è mai banale.
Mi unisco alla bionda, è perfetta in certi momenti.
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Grazie 😁 vedo che non sono solo gli uomini che preferiscono le bionde, e in questo locale c’è un’ampia scelta. Va bene così… salute a noi 😉
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Peccato ora siamo tutti un po’ più poveri
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come sempre quando muore un poeta…
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