Ci sono opere che si elevano sopra una narrazione classica o lineare, per andare al di là delle mode relative al momento, chiamiamole anche culturali, in cui un’editoria impegnata nell’inseguire la corrente mainstream vuole troppo spesso accontentare le voglie dei lettori comuni; e in questo caso possiamo citare i gialli, noir, thriller, spy-story e altro ancora. Poi, d’altro canto, esiste una nicchia di professionisti intelligenti come per esempio la Vallecchi , la quale, pubblica romanzi dallo m-maffi-2spessore superiore, scegliendo come in questo caso delle storie altre, intrise di una modernità che ci fa pensare e appassionare, un po’ perché la sentiamo vicina a noi o al contrario perché viaggia intorno a mondi apparentemente distanti, ma che assimiliamo nella curiosità di aggregare le vicende di questi ultimi anni della nostra vita. Chiaramente il merito è dello scrittore Mario Maffi, il quale ci regala una vicenda bellissima che spazia inseguendo le epoche, facendole coincidere intorno a noi come se ci trovassimo fra i nostri amici più cari, in un presente dove i dialoghi e i contatti umani valgono di più di qualsiasi altra dimensione.
Mario Maffi lo conoscevamo come saggista d’eccezione, specializzato in cultura e letteratura angloamericana che ha insegnato per oltre quarant’anni alla Statale di Milano, e che ha ampliato nei suoi numerosi libri dallo straordinario spessore qualitativo. La cultura underground, New York, Londra e tutta una serie di scrittori ai margini d’America, sono stati i suoi luoghi e i suoi personaggi con cui ha costruito una saggistica dove storia e attualità si miscelavano sapientemente, per andare oltre le immagini che ci propongono quotidianamente le televisioni di tutto il mondo. Fra tutti potremmo citare “Mississippi – il grande fiume: un viaggio alle fonti dell’America“, in cui, un viaggio appunto, dalle sorgenti di questo fiume simbolo che divide in due gli Stati Uniti, fino alla sua foce, diventa una narrazione estesa di storia, sociologia, politica, antropologia, scienza, letteratura, musica, poesia; all’interno di una geografia culturale di grande respiro e di tematiche importanti intorno a questa grande nazione: grande nel senso della sua estensione. Infatti, come un accostamento simbolico, il tutto si riconduce al romanzo in questione, il primo romanzo di Maffi, perché, “Quel che resta del fiume“, vive proprio del suo passato per raccontare il presente, come una forma d’interpretazione della realtà sotto ogni forma. Tra l’altro, il titolo che fa il verso a quello più famoso di Kazuo Ishiguro “Quel che resta del giorno” (da cui è stato tratto un bel film con Anthony Hopkins) è a nostro avviso azzeccassimo, perché, se da una parte la metafora si riferisce a quel che resta del territorio dopo il passaggio dell’uragano Katrina (la maggior parte della vicenda si svolge vicino a New Orleans sulle sponde del Mississippi), in senso traslato si potrebbe leggere come “quel che resta dell’America”; non è casuale che si attraversano oltre sessant’anni di vicende americane: dalle marce contro la guerra del Vietnam di fine anni ’60, passando per le Torri Gemelle, il fallimento dei Lehman Brothers e appunto l’uragano Katrina, includendo anche situazioni minori ma non per questo da sottovalutare, come la situazione razziale e altro ancora.

mario maffi-cover-libri-3Ci troviamo di fronte come abbiamo già anticipato alla storia di un’amicizia e di amicizie successive che delineano la trama con una suggestione particolare. La vicenda inizia intorno alle cotroculture della New York dei sixties, attraverso il rapporto fra Rhys (la voce narrante del libro) che successivamente diverrà un valente scrittore e Sal: l’amico del cuore, il quale intraprenderà la carriera di pittore, anche se irrequieta. Attraverso altre città come Chicago, Kansas City, Los Angeles, i due alla fine si separeranno portando il protagonista come anticipato vicino a New Orleans, sulle sponde del grande fiume. In queste terre coltiverà una serie di rapporti, fra cui quello con una compagna di colore: Annette (una delle figure più belle del romanzo), dove emergeranno dialoghi e situazioni in cui non mancheranno i drammi e i colpi di scena ma, tutto viene ricondotto intorno alla serie di contatti e conoscenze, strutturati proprio come base portante del libro. Ogni figura impersona la visione immaginifica dell’autore, distribuita attraverso gli attori della scena, in cui tutti hanno la loro particolarità, partecipando attivamente allo svolgimento delle pagine come una sorta di collettivo.

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A un certo punto il gruppo viene raggiunto da Belle, la figlia ventenne dell’amico Sal (avuta mentre sua madre moriva dandola alla luce, e con cui avrà sempre con il padre un ruolo conflittuale), perché il padre stesso sparisce improvvisamente, portando la sua ricerca fino alla Londra del pre-Brexit, alimentando così, non tanto una suspense dell’attesa, ma la conclusione della vicenda che circoscriverà tutti i luoghi in un unico solo, sempre sulle acque di un fiume, che sia l’Est-River di New York, il Tamigi della capitale inglese o il Mississippi americano fra bellezza e tragedia. Ma se lo scorrere di ogni cosa non potrà mai fermarsi, cosa rimarrà delle speranze e dei sogni giovanili con cui si voleva cambiare il mondo? In fondo, se la metafora del viaggio rappresenta l’incedere continuo e inarrestabile che alimenta la condivisione dei luoghi, attraverso ogni diversità culturale, saranno le differenze stesse che potranno arricchire o sconvolgere il nostro pensiero. L’amore, l’amicizia, il rapporto fra genitori e figli e ancora di più fra gli individui, spesso divisi fra identità sociale o razziale, creano un tessuto frastagliato che soltanto la nostra intelligenza potrà mettere insieme, e soltanto insieme si raggiungeranno altri sogni.

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Ricchissimo di riferimenti letterari che vanno da Mark Twain a Faulkner, Mario Maffi si cala a piene mani nello storytelling americano, riuscendo a coniugare all’interno di un’unica vicenda tante storie, un cui gli avvenimenti di questi ultimi anni fanno da sfondo e da contrappunto alla complessità e nello stesso tempo alla semplicità dei personaggi, spesso coinvolti in un territorio complesso e dissonante, fra conferme e contraddizioni. Ognuno di noi potrà identificarsi nei vari attori della messinscena perché ci appartengono e perché nessuno di loro alla fine risulterà negativo, ognuno con la sua particolarità e con il suo carico di risposte da integrare agli spazi urbani che ci coinvolgono, completamente. Poi, se sostanzialmente il protagonista Rhys, appare come un personaggio che si mette sempre in disparte, quasi a giudice di quello che succede davanti a lui, prima dell’ultima svolta, è perché lo scrittore diventa un osservatore fino alle scelte finali, e come tali fedeli alla nostra personalità, come se il territorio, ben descritto dall’esperienza saggistica dello scrittore, risultasse un valore aggiunto e non un limite. Il fiume come metafora; le città come teatro necessario; i luoghi come spazio complessivo; le personalità come alternanza fra storia e geopolitica.

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Bellissime sono le pagine conclusive, che non tolgono niente alla sorpresa, perché, come ci dice l’autore, quel che resta del libro, è proprio quando una rapporto basato sulla diversità culturale, diventa comunione esistenziale. La vita è anche questa: incontrarsi e non perdere mai la fiducia della propria vitalità. Credere nell’amicizia è come credere nell’amore, e l’acqua del fiume non si fermerà, mai.

il Barman del Club

6 Comments on “Mario Maffi – Quel che resta del fiume

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